Longyearbyen: dove non si può nascere nè morire
LONGYEARBYEN: VIAGGIO AI CONFINI DEL MONDO
Il gate 20 è al piano inferiore dell’aeroporto di Tromso e camminando nei grigi corridoi sembra di essere già usciti dalla pulita e ordinata Norvegia.
Il passaggio alla dogana per il controllo passaporti segna l’uscita dall’area Schengen e porta nella sala d’attesa.
Sono un pò deluso capendo che l’aereo sarà pieno. Pensavo di essere uno dei pochi a spingermi così a nord e invece i turisti di tutte le età sono tanti. Pochi sono i viaggiatori con i sogni all’interno dello zaino in spalla.
L’imbarco è rapido e il volo procede quasi sempre in mezzo alle nuvole e con tanti sobbalzi.
Iniziando la discesa si vedono finalmente le cime delle aspre montagne svettare tra gli infiniti ghiacciai perenni.
Occupano il 60% del territorio delle Svalbard, contro il 27% di pietre e il 13% di bassa vegetazione.
Non ci sono alberi. E neanche insetti.
All’arrivo il cielo è limpido, il mare calmo, le auto sono parcheggiate quasi a bordo pista, gli husky corrono nell’erba trainando i turisti sulle slitte.
E’ agosto e il sole è alto 24 ore su 24, il famoso sole di mezzanotte. Tra poche settimane tornerà a scendere sotto l’orizzonte come non succede da 4 mesi.
Arriveranno la neve e l’aurora boreale ma anche il buio totale. Sarà il turno della lunga notte polare. Per 4 mesi.
E’ il ciclo della natura a queste latitudini.
Difficile immaginarlo per chi non lo prova.
Difficile viverci per chi non ci cresce.
Longyearbyen è la città più popolosa delle Svalbard con poco più di 2.000 abitanti.
Gli orsi polari che occupano le isole dovrebbero essere oltre 3.000.
Gli autobus fuori dall’aeroporto fungono quasi da taxi collettivo. Si dice all’autista la propria destinazione e si lascia l’aeroporto quando la maggiorparte dei sedili è occupata. Se hai già prenotato un’escursione sulla Hurtigruten potresti avere la tratta inclusa, altrimenti il biglietto costa circa 75 korone, pagabili a bordo con carta.
La strada costeggia il mare, si supera la concessionaria Toyota e poi si gira a destra nella via principale di Longyearbyen.
Le case sono basse, terra e pietre non lasciano molto spazio alla tundra. Gli alberi qui non crescono.
Dal finestrino cerco dei punti di riferimento: a sinistra un museo, qualche negozio di souvenir, prima sosta al Radisson Blu Polar Hotel, si supera il market e si arriva al Basecamp Hotel, Svalbard Hotel, Gjestehuset 102 e poi, con il pullman ormai vuoto, tocca a me scendere.
Avevo scelto il Coal Miners’ Cabins prima che me lo proponesse la Hurtigruten.
Mi sembrava il più autentico.
Il legame tra Longyearbyen e le miniere inizia dal nome stesso della città, fondata nel 1906 dall’imprenditore minerario John Munroe Longyear. I minatori di carbone vivevano in queste cabine e alcune tradizioni sono rimaste.
Ad iniziare dal lasciare le scarpe all’ingresso, come facevano i minatori con i loro scarponi sporchi.
La cabina della reception è accogliente con un piccolo negozio di souvenir, i divani per passare il tempo scegliendo che escursione fare (proposte solo quelle Hurtigruten) e, in fondo, i tavolini dove fare la colazione la mattina (in stile nordico e con poca scelta).
Il personale è molto gentile e preparato su ogni richiesta.
Le camere sono spaziose e pulite, senza tv ma con discreto wifi (da riavviare ogni 2 ore).
Ci sono almeno 4 bagni con doccia in ogni piano, non li ho mai trovati tutti occupati contemporaneamente.
Il centro di Longyearbyen è raggiungibile solo a piedi in circa 20/30 minuti.
Nel tragitto è probabile vedere renne e volpi artiche girare indisturbate lungo le vie o vicino alle case.
COSA FARE A LONGYEARBYEN
Due giorni sono sufficienti a vedere tutti gli angoli della città.
Non spaventarti sapendo che le vie non hanno nomi. Non è possibile perdersi tra container, edifici industriali e le basse case colorate.
E’ ben più importante stare sempre attenti a non uscire dal centro abitato per fare delle escursioni in solitaria.
Il pericolo degli orsi è reale e i cartelli non sono folkloristici. Le guide hanno sempre con sè un fucile e sanno come usarlo (uccidere l’orso è l’ultima delle scelte possibili e rischia una salata multa anche chi lo spaventa senza che ce ne sia reale bisogno). Le porte delle case solitamente sono aperte per permettere l’accesso rapido in qualsiasi momento.
Svalbard Museum
Il piccolo museo sorge all’inizio dell’abitato, nello stesso stabile dell’università. Qui si ha il primo grande approccio con la vita nell’Artico. I protagonisti sono gli animali che qui hanno – o dovrebbero avere – il loro habitat: orsi polari, balene, foche, trichechi, volpi e varie specie di uccelli.
Non mi piace vedere gli animali imbalsamati e quindi mi trattengo più sulle letture riguardanti i ghiacciai e la vita dei minatori quassù, dove il circolo polare artico sembra lontano come lo è per noi l’equatore.
North Pole Expedition Museum
Nella strada parallela al mare, quasi dietro lo Svalbard Museum, si trova il North Pole Expedition Museum.
Lasciando le scarpe all’ingresso, si entra in questo museo a due piani, dove appassionati e curiosi potranno trascorrere qualche ora tra video e documenti originali che spiegano la storia delle spedizioni verso il Polo Nord.
Dato che il privato organizzatore di questo museo è italiano, gran parte delle sue raccolte riguardano Umberto Nobile e la sua spedizione al Polo Nord con il dirigibile italia, dopo averlo già raggiunto qualche anno prima con il Norge.
E’ molto interessante leggere le fasi preparatorie sino alle internazionali ricerche per il recupero dei sopravvissuti allo schianto sul pack nella via del ritorno.
Unica nota negativa è il divieto di fare foto. Resto dell’idea che siano il più importante strumento per attirare visitatori, e non per svuotare musei con la motivazione di “aver già visto tutto in foto”.
Svalbard Kirke
La rossa struttura in legno sopra la collina è la chiesa che venne costruita dopo la seconda guerra mondiale, al posto di quella distrutta dai bombardamenti tedeschi.
Oltre che una chiesa, è sicuramente un punto di incontro per gli abitanti. Al suo interno infatti c’è una sala con sedie e tavolini dove sfruttare i libri a disposizione davanti ad una tazza di caffè.
Dall’esterno si ha una visuale dall’alto sulla città.
Antico cimitero dell’influenza spagnola
Qualche centinaio di metri prima della chiesa si vede un piccolo cimitero di croci bianche. Lì sotto ci sono le ceneri di alcune vittime dell’influenza spagnola, che tra il 1917 e il 1920 uccise quasi il 5% della popolazione mondiale di allora.
Dopo aver riesumato i corpi negli anni ’30, ci si accorse che il clima artico impedì la loro decomposizione e permise al virus di non morire. Per questo motivo i corpi furono cremati e da allora non esiste neanche un cimitero alle Svalbard. Le persone anziane sono obbligate a trascorrere gli ultimi anni della loro vita lontani da qua.
Longyearbyen è appunto detta “la città dove non si può morire”.
E dove non si può neanche nascere. L’ospedale infatti non è attrezzato e le donne in gravidanza devono andare a Tromso 3 settimane prima della nascita.
Svalbard Global Seed Vault
Dentro la collina dietro l’aeroporto di trova lo Svalbard Global Seed Vault, il deposito globale di semi agricoli.
Nelle sale in calcestruzzo armato, con spesse porte in acciaio resistenti ad esplosioni nucleari, viene conservato il patrimonio genetico per evitare perdite accidentali oppure a causa di guerre e disastri ambientali e per permettere che sia usato quando eventualmente ce ne fosse bisogno.
Attualmente non si può visitare sino al termine dei lavori per impedire infiltrazioni d’acqua, a causa dello scioglimento dei ghiacciai intorno alla struttura.
Escursioni imperdibili
Longyearbyen deve comunque essere considerata come punto di partenza per le escursioni.
Non credo infatti che abbia molto senso spingersi quassù e non partecipare ad una spedizione artica di qualche giorno con la Hurtigruten, almeno sino a superare l’80° parallelo nord.
In albergo e nell’info point non avrai che l’imbarazzo della scelta per le escursioni da fare.
Potrai salire su una slitta trainata dagli husky oppure spingerti fuori Longyearbyen con una motoslitta, fare un tour in bici o su fuoristrada.
Tra le tante agenzie, io mi sono trovato benissimo con Henningsen Transport & Guiding. Ho scelto loro per l’escursione giornaliera in barca a Pyramida. Il prezzo era simile ad altre offerte ma nessuno si avvicinava alla durata di circa 10 ore.
Tutto è andato a meraviglia: guida gentile e preparata, pranzo meritevole di stelle michelin, possibilità di stare nella cabina di bordo con vista privilegiata.
Grazie a loro ho visto orsi polari e beluga. Il loro merito è stato fermarsi al momento giusto e farli individuare.
A occhi non allenati sarebbe stato altrimenti impossibile.
Mi sento di consigliare la loro professionalità anche per le escursioni a Barentsburg e nei ghiacciai.
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