Beqa Lagoon: immersioni senza gabbia con gli squali
IMMERSIONI CON GLI SQUALI
Sono isolano e quindi ho un legame molto forte con il mare.
Avevo deciso di prendere il brevetto sub perchè non si può pensare di conoscere il mondo marino senza scendere in profondità.
Dopo le prime immersioni in Sardegna, ho iniziato a pensare agli squali.
Ho visto tanti video fatti in Sud Africa ma le gabbie non erano la mia massima aspirazione.
Sia perchè nella vita non mi piace stare in gabbia, sia perchè è una pratica molto crudele per gli squali.
Vengono infatti attirati con le esche e non è raro che lo squalo si faccia male o che resti incastrato nella gabbia sino magari a morire per le ferite riportate.
Nei miei viaggi ho imparato a rispettare gli animali e non era questa l’esperienza che cercavo.
Per vedere gli squali volevo andare nel loro habitat naturale, vederli liberi.
Ho quindi cercato il modo per realizzare questo sogno (ma sarebbe meglio chiamarla follia) e ho trovato 4 possibili mete: Sud Africa, Hawaii, Bahamas e Fiji.
Non so se ce ne siano anche altre ma le coincidenze cosmiche mi hanno portato alle Fiji, dove per molti si può fare la migliore immersione con gli squali al mondo.
Qui infatti si possono vedere sino ad otto specie diverse di squali: pinna nera, pinna bianca, grigi, argentati, nutrici fulvi, tigre, limone e leuca (o zambesi, spesso confuso con lo squalo toro perchè nei Paesi anglosassoni viene chiamato “bull shark”).
Ovviamente gli squali sono il fulcro dell’immersione ma l’oceano potrebbe essere affollato anche di pesci labro maori, arcobaleno, carango gigante indopacifico, murene, cernie, razze, tartarughe ed oltre 400 specie di pesci tropicali della barriera corallina.
Insomma, chi odia gli acquari e vuole vedere certi animali liberi nel loro habitat naturale, deve venire qua.
BEQA LAGOON
A circa due ore e mezza di auto dall’Aeroporto Internazionale di Nadi e ad un’ora dalla capitale Suva, si trova Pacific Harbour, base principale per tutte le escursioni nella Beqa Lagoon.
Qui nel 2004 è stato istituito il parco marino protetto Shark Reef Marine Reserve, esempio di ecoturismo sostenibile ed efficiente.
Un team internazionale di scienziati è costantemente impegnato nelle ricerche sulle specie animali che vivono in questa area dell’Oceano Pacifico, capitale mondiale del corallo molle.
Non si può pensare di proteggere gli squali se non si lavora anche alla conservazione dell’habitat.
Le società che gestiscono la riserva marina, in accordo con il governo, portano avanti un progetto di economia sostenibile con i pescatori locali (che hanno assistito ad un enorme incremento della pesca al di fuori della riserva) e con la comunità (molti lavorano come guide subacquee o come guardiani).
Parte del denaro guadagnato viene inoltre destinato ad istruzione, infrastrutture, attrezzature e riciclo dei rifiuti.
PREPARAZIONE
Una volta decisa la mia follia, penso subito a come realizzarla.
Ho guardato video su Youtube, letto i racconti dei sub nei siti specializzati e contattato ostelli e alberghi sino a trovare il centro che organizza le immersioni.
Avendo i posti limitati, è necessario prenotare in anticipo.
La cifra per 2 immersioni con noleggio dell’attrezzatura è di circa € 150,00.
Dopo aver prenotato, ho passato il tempo che mancava a ripassare la teoria, fare qualche immersione in Sardegna e guardare video per essere mentalmente pronto a ciò che avrei trovato nella Beqa Lagoon.
Poi è arrivato il giorno della partenza. Sono servite quasi 24 ore per raggiungere Nadi da Cagliari e uscendo dall’aeroporto ho subito trovato un pulmino con direzione Suva e passaggio a Pacific Harbour.
Quasi tutti gli ospiti delle strutture della zona sono infatti sub che parteciperanno a questo spettacolo.
Il fatidico giorno la tensione è palpabile e anche i sub più esperti non nascondono le emozioni.
Qualcuno ha attrezzature da migliaia di euro, io ho semplicemente costume, maschera, asciugamano e gopro.
Parlando con qualcuno noto lo stupore per il fatto che io sia lì con solo una ventina di immersioni alle spalle e senza aver mai fatto esperienze con squali più “facili”.
Ma io sono così, non mi piacciono le vie di mezzo e devo andare subito oltre il limite.
Un pulmino porta tutti al porto. Dopo le formalità burocratiche si indossano le mute e ci si divide in due barche.
Per raggiungere il luogo dell’immersione servono circa 20 minuti di navigazione nei quali si fa la riunione tecnica.
Con chiarezza e grande eccitazione, le guide spiegano cosa succederà lì sotto e come bisogna comportarsi, sia sott’acqua sia in caso di urgenze di pronto soccorso a bordo.
Poi all’improvviso la barca si ferma, ci si controlla velocemente e si entra in acqua.
LA PRIMA IMMERSIONE
Quasi tutto ciò che può andare male ad un sub, mi è capitato nella prima immersione.
Non ho tanta esperienza quindi tendo ad entrare in acqua tra gli ultimi, in modo da sprecare meno aria possibile.
Siamo circa 30 persone ma, cosa per me inattesa, non abbiamo formato le coppie per scendere in sicurezza.
Ci siamo trovati quindi tutti in fila vicino alla barca sino alle parole che hanno dato il via all’immersione: “scendiamo il più in fretta possibile a -30 metri“.
Non era questo il segnale che aspettavo.
Inizio a scendere con calma ma velocemente, trovandomi ben presto da solo intorno ai -20 metri.
Cerco un altro sub per continuare in sicurezza ma almeno 20 persone sono già arrivate al punto stabilito, gli altri sono sopra di me con difficoltà a proseguire la discesa.
Mentre mi chiedo se sia più sicuro terminare la discesa da solo o aspettare che mi raggiunga qualcuno, mi accorgo di avere uno squalo a una decina di metri da me.
Non chiedermi che squalo fosse, non chiedermi quanti metri fosse grande. È il primo squalo che ho visto e non avevo immaginato di vederlo in questo modo.
Scendo il più velocemente possibile pensando solo “muoviti, prima che ti veda e gli venga l’acquolina in bocca!“.
Ma una volta arrivato nel punto stabilito, “la Cattedrale”, sono ancora più in difficoltà.
Perchè i video che si vedono su Youtube (e in realtà anche quello che ho fatto io successivamente) mostrano situazioni perfette, respiro calmo, immagini stabili, subacquei sereni appoggiati sulla barriera corallina.
La realtà è maledettamente diversa.
Pensavo di trovare un appiglio stabile e invece sul fondale ci sono solo rocce appoggiate.
E a -30 metri la corrente è fortissima.
Sarà stata la situazione, sarà stata la poca esperienza ma nè io nè altri riusciamo a tenere l’assetto e a stare fermi.
Quando si muove uno, se ne porta via almeno 5.
Tutto questo ovviamente mentre decine di squali affollano l’oceano, banchettando a pochi centimetri da noi.
Quando la situazione si è fatta troppo pericolosa (o forse quando è finito il pasto degli squali, non lo so) le guide indicano la via per il luogo della seconda parte dell’immersione, da raggiungere nuotando contro corrente.
Saliamo intorno ai -15 metri per dar da mangiare ad altri squali.
Qui trovo una posizione migliore, centrale. Ma la calma dura poco.
Nel lato destro, la corrente è visibilmente più forte e se io ed altri siamo riparati, i sub in quella zona sono in difficoltà.
Non riescono a stare fermi e vengono spazzati da una parte all’altra, sino a coinvolgere praticamente tutto il gruppo.
A quel punto, come dentro una gigantesca lavatrice, è il caos: impossibile non dare e ricevere involontariamente gomitate, calci e colpi di bombole o perdere qualcosa (camera ma ancora peggio l’erogatore).
Impossibile non terminare l’immersione e far risalire tutti in superficie.
Ma ogni sub, anche il più esperto, sa che il pericolo principale è sempre uno: l’aria.
In un’immersione simile, pur se durata solo 25 minuti, non può che capitare quello che immagini: qualcuno ha finito l’aria nella bombola.
Ho visto almeno un’altra persona con questo problema.
Si, un’altra, perchè anche io ho finito l’aria, a circa -8 metri.
Vicino a me c’è comunque una delle guide e al classico gesto di segnalazione, ricevo subito l’erogatore di emergenza (riguardando i video a casa noterò che ovviamente in acqua c’erano varie bombole di sicurezza).
La risalita prosegue così senza ulteriori problemi.
Una volta in superficie, salgo al volo in barca, rendendomi conto di aver perso la gopro.
Ormai rassegnato, avviso una delle guide che riscende senza esitazione, recuperando la cam (e concludendo anche il video con delle immagini degli squali vicino a lui).
Sulla barca mi serve qualche minuto per riprendere serenità. Non sono terrorizzato ma ripenso a tutto ciò che è successo là sotto.
Anche altri non se la sono vista benissimo. Qualcuno in realtà non ha proprio visto niente.
Come detto, alcuni sub all’inizio dell’immersione si sono trovati subito in difficoltà e, spaventati o isolati, hanno rinunciato alla discesa e sono risaliti in barca.
LA SECONDA IMMERSIONE
Tra una chiacchiera, una tazza di the caldo e qualcosa da mangiare, si avvicina il momento di una decisione importante: fare la seconda immersione o stare sulla barca?
Ammetto di aver scelto a lungo la seconda opzione.
Sono successe troppe cose lì sotto, non voglio rivivere un’esperienza simile, mi è andata bene una volta e la seconda non so se avrebbe lo stesso esito, ho comunque visto gli squali liberi nel loro habitat e magari mi farei dare un video da un altro sub…
Ma poi penso che il peggio mi è già successo e non può ricapitarmi dopo pochi minuti, ho visto gli squali ma non li ho davvero ammirati, nonostante tutto sono ancora qui a ragionare, aver perso e recuperato la gopro significa che devo riusarla.
Insomma, decido di fare la seconda immersione ma di cambiare strategia.
Mi preparo con largo anticipo e scendo in acqua tra i primi.
Questo mi permette di fare la discesa rapida con le guide, arrivare velocemente a -30 metri e sistemarmi nel posto riparato da tutte le correnti.
Davanti ai miei occhi inizio a vedere i primi squali curiosi che ci osservano muovendosi molto lentamente.
Questa volta deve andare per forza tutto bene e penso solo a non agitarmi perchè tutto dipende da me.
Mentre il resto del gruppo termina la discesa e si sistema sul fondale, io sono già rilassato, con l’assetto perfetto, mi concentro sulla respirazione lenta e ho la gopro stabilizzata.
Migliaia di pesci colorano l’acqua e il numero di squali aumenta velocemente.
Si avvicinano curiosi sino a pochi centimetri e poi cambiano direzione quando inizi a pensare che ti sbattano addosso. Sono meravigliosi ed è un’emozione fortissima vederli liberi, un sogno che si realizza.
Poi è il momento della merenda: un bidone colmo di pesce si apre lentamente e gli squali mostrano tutta la loro potenza. Si muovono più freneticamente e l’acqua si introrbidisce.
Mi godo uno spettacolo incredibile. Sto vivendo uno dei tanti documentari visti in tv.
Circa 100 squali sono vicini a me, quasi mi accarezzano, possiamo guardarci negli occhi.
E nel frattempo migliaia di pesci sfrecciano in tutte le direzioni, forse per recuperare le briciole lasciate dai padroni degli oceani.
Siamo ospiti a casa loro. Ospiti privilegiati.
Ero preparato mentalmente a un’immersione di questo tipo e quindi la vivo con totale calma.
Il bidone viene spostato in orizzontale in modo che tutti i sub possano vivere la stessa esperienza. Vivo quello che non sono riuscito a vedere nella prima immersione.
Dopo circa 15 minuti le guide sbattono ripetutamente le bombole: è il segnale che l’immersione deve terminare e dobbiamo iniziare le procedure per la risalita in superficie.
Non so se qualcosa sia andato storto ad altri sub ma credo sia probabile.
Sono comunque felice di aver vissuto questa esperienza e il video che sono riuscito a girare mi emozionerà ogni volta.
CONCLUSIONI
Immergersi con gli squali è un’esperienza difficile da spiegare se non la si vive.
Ho scritto al presente, cercando di coinvolgerti in ogni istante e in ogni mia emozione.
Probabilmente la mia poca esperienza mi ha fatto correre dei rischi altissimi ma è anche vero che sub molto più esperti di me hanno vissuto l’immersione dalla barca perchè non sono riusciti a scendere velocemente ed altri hanno comunque avuto difficoltà nel gestire la corrente.
Forse la sicurezza non è stata impeccabile ma le immersioni nella Beqa Lagoon vengono fatte da decenni e mai nessuno è rimasto ucciso o gravemente ferito.
Si ha comunque a che fare con squali di grandi dimensioni, predatori potenzialmente letali che devono essere rispettati.
Credo che gli animali che frequentano quest’area del Pacifico siano ormai abituati ai sub che si immergono per vedere lo spettacolo e soprattutto a ricevere il pasto quotidiano, come se fosse un’abitudine certa, prevedibile e puntuale.
Si potrebbe anche discutere su quanto ciò sia etico ma io resto dell’idea che la cosa importante sia non danneggiare gli animali, e questo avviene, come dimostrato da tutte le ricerche scientifiche.
Queste attività garantiscono inoltre la tutela degli squali perchè consentono alle comunità locali di vivere grazie alle migliaia di sub (dilettanti, professionisti, scienziati, biologi, registi cinematografici ecc) che si recano quotidianamente nelle Isole Fiji per vivere questa incredibile esperienza.
Da provare almeno una volta nella vita.
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