A Isla Holbox ho avuto la prima grande delusione nei miei viaggi.
Ho sempre associato il Messico all’EZLN ed ai Maya ma quando ho iniziato ad organizzare questo viaggio mi sono informato su tutto ciò che poteva interessarmi.
Tra le varie possibilità, ho scoperto che le acque dell’isola Holbox sono frequentate, in certi periodi dell’anno, dagli squali balena.
Lungo sino a 20 metri e con un peso che arriva alle 34 tonnellate, è lo squalo più grande che esiste.
Non è pericoloso per l’uomo (a meno che non si venga colpiti nuotandoci troppo vicino) perchè si nutre principalmente di plancton.
Ho deciso quindi di trascorrere due notti sull’isola per poter vedere da vicino questo gigante dei mari, nel suo habitat naturale.
Ma il meteo non era d’accordo.
Isla Holbox mi ha accolto con un pesante diluvio e la pioggia è scesa quasi ininterrottamente per 4 giorni, impedendo l’uscita delle barche e qualsiasi possibilità di vedere da vicino gli squali balena.
Ho annullato il soggiorno a Cancun per trattenermi e aspettare che il tempo migliorasse ma è stato tutto inutile.
Pur con tanti rimpianti, ho dovuto lasciare l’isola per volare a Cuba.
Quando non si va in uno zoo, si rischia di non vedere gli animali che si cercavano.
Per la prima volta da quando ho iniziato a viaggiare, ho dovuto fare i conti con la natura.
Mi è ricapitato qualche anno dopo alle Fiji, quando il troppo vento ha tenuto lontane le mante giganti.
Però devo anche dire che sono stato fortunato a vedere i pinguini in Patagonia, gli orsi polari alle Isole Svalbard, gli elefanti in Laos, i panda in Cina, gli squali alle Fiji e le balene a Tonga.
Un addio è un nuovo inizio
Certi luoghi resteranno per sempre legati ad alcune decisioni fondamentali della nostra vita.
Valigia o zaino? Tutti prima o poi ci facciamo questa domanda.
La risposta spesso è determinata dal tipo di viaggi che si fanno e dalle esperienze che ne conseguono.
Ho iniziato a viaggiare con la valigia perchè, ad un primo sguardo, è facile scegliere la comodità delle ruote rispetto ad un peso da portare sulle spalle.
Ma questo è sempre valido?
Ti è mai capitato di dover portare la valigia con tutto il suo peso da un lato del corpo che ti sbilancia, su per una ripida ed infinita scalinata in legno, poi camminare sotto il diluvio per 2 km in un’isola dove non ci sono strade asfaltate ma solo sabbia, con le ruote che si bloccano e diventano un ulteriore rallentamento mentre sei completamente fradicio?
Ecco, tutto questo mi è successo a Isla Holbox!
Ed è proprio qui, per questo, che ho deciso di dire addio alla valigia ed iniziare la mia vita da backpacker, cioè viaggiatore zaino in spalla.
E non mi sono mai pentito.
COSA FARE A ISLA HOLBOX
Sono scappato in anticipo dall’eterno folle divertimento di Cancun per arrivare in circa 3 ore nella lenta e calma Holbox. Tutta l’isola è pedonale e si può quindi passeggiare tranquillamente alla ricerca del miglior souvenir o del ristorante messicano con tacos, aragosta o ceviche più buoni.
Escluse le esigenze di lavoro, gli unici mezzi di trasporto sono le bici e le golf car. Si, proprio le macchine elettriche che si vedono nei campi da golf.
Di sera, residenti e viaggiatori si ritrovano nei locali o nella piazza principale, che si anima con musica dal vivo.
Le spiagge sono lunghe distese di sabbia bianca e fine, con l’acqua bassa che degrada molto lentamente.
Holbox fa parte della Riserva della biosfera di Yum Balam ed è un rifugio naturale per varie specie in via di estinzione o comunque minacciate.
La maggior parte degli abitanti è interessata a mantenere intatto questo ecosistema e partecipa a progetti di turismo sostenibile.
Da maggio a settembre è solitamente possibile nuotare con gli squali balena ma, come detto, purtroppo il meteo non mi è stato amico e non ho potuto vivere questa esperienza.
Se ci sono gli squali balena, significa che c’è anche il loro cibo preferito: il plancton.
Le lucciole sono il primo animale che associamo all’emissione di luce.
Questo fenomeno avviene grazie ad alcune reazioni chimiche che avvengono nel loro corpo e coinvolge molti organismi viventi. Tra questi c’è anche il plancton.
Questi organismi sono incapaci di nuotare attivamente e vengono quindi trasportati dalle onde e dalle correnti.
E quando il plancton brilla nel buio, si vede uno spettacolare mare di stelle.
Secondo alcuni studi scientifici, la bioluminescenza è un’arma di difesa usata da questi microrganismi.
L’intensità del lampo luminoso nella notte infastidisce i vari predatori, spesso fotofobici, e inoltre li rende visibili ai cacciatori di un livello trofico superiore.
Di notte, soprattutto nella zona occidentale dell’isola, è quindi possibile vedere la bioluminescenza del plancton.
Oltre il totale riposo, altre attività possibili sono il kayak tra le mangrovie della laguna e l’osservazione di animali come fenicotteri e pellicani.
https://www.cosmorevas.tk/wp-content/uploads/2020/05/bioluminescenza-plancton-Isla-Holbox-min.jpg300400cosmorevashttps://www.cosmorevas.tk/wp-content/uploads/2018/10/logo-trasparente-con-livelli-300x138.jpgcosmorevas2020-05-23 17:57:292021-01-09 13:26:37Isla Holbox: backpackers tra squali balena e plancton
Sono Sardo, discendente dei guerrieri Shardana, popolo del mare che nessuno ha mai saputo combattere e nessuno è mai riuscito a sconfiggere.
Per questo motivo le civiltà antiche mi hanno sempre affascinato e il mio viaggio in Messico non poteva che prevedere alcuni giorni da dedicare ad esse.
Avevo visto tante foto di questi luoghi, ma esserci è stata una grande emozione, un punto di arrivo.
In precedenze avevo già visto la Muraglia Cinese ma sono opere troppo diverse, non paragonabili.
Posso però farne con siti simili: la città azteca di Teotihuacan, vicino a Città del Messico, è altrettanto bella.
I templi di Angkor, in Cambogia, sono invece ciò che più mi ha meravigliato in tutti i miei viaggi.
So di essere una delle pochissime persone al mondo a pensare una cosa del genere, ma rispetto alle attrazioni mondiali appena nominate, per me Machu Picchu è di gran lunga uno dei luoghi più deludenti e sopravvalutati.
Ma andiamo con ordine:
Gli archeologi ritengono che la comparsa della civiltà Maya risalga al 2.500 a.C. circa.
Nel corso dei secoli sono diventati fenomenali astronomi, studiando alla perfezione movimenti di stelle e pianeti.
Hanno usato queste scoperte in campo agricolo, seguendo i cicli delle piogge e delle culture.
E queste conoscenze sono ancora portate avanti in Chiapas dai popoli indigeni e dalle comunità Zapatiste.
IL CALENDARIO MAYA
I Maya sono stati tra i primi in Mesoamerica a scrivere con un alfabeto logosillabico e lasciano ancora meravigliati gli studiosi per i loro sofisticati e complessi calendari astronomici.
I calcoli erano talmente perfetti da essere tutt’ora più precisi di quelli che usiamo noi attualmente.
Infatti la Terra compie un giro completo intorno al Sole in 365,242189 giorni.
Per i Maya un anno durava 365,242036 giorni mentre nel nostro calendario gregoriano si considerano 365,2425 giorni.
I Maya usavano in realtà 3 calendari che si intersecavano tra di loro:
– il calendario religioso (tzolkin): combinava 13 numeri a 20 nomi, dando così vita ad un periodo di 260 giorni,
– il calendario civile (haab): composto come il nostro da 365 giorni ma diviso in 18 mesi da 20 giorni ciasuno, più 5 giorni “aggiuntivi”,
– il lungo ciclo: indica il numero di giorni dall’inizio dell’era Maya ed è il sistema più complesso, usando una rappresentazione matematica mista base-20 / base-18 di un numero.
Provo a spiegarlo.
È composto da kin (1 giorno), uinal (1 = 20 kin), tun (1 = 18 uinal = 360 giorni), katun (1 = 20 tun = 7.200 giorni, circa 20 anni), baktun (1 = 20 katun = 144.000 giorni, circa 394 anni)
Kin, tun e katun sono numerati da 0 a 19, uinali da 0 a 17.
Sulla numerazione del baktun, ci sono opinioni diverse.
C’è chi lo limita a 13 e da questo nacque la teoria che i Maya considerassero il 21 dicembre 2012 come data della fine del mondo.
Quella data infatti, secondo il calendario Maya, sarebbe stata il 12.19.19.17.19 cioè 12 baktun, 19 katun, 19 tun, 17 uinal, 19 kin.
Il giorno successivo è diventato quindi il 0.0.0.0.0 oppure il 13.0.0.0.0
Altri studiosi invece considerano il limite dei baktun a 19 e in questo caso il giorno 19.19.19.17.19 del lungo ciclo sarebbe nell’anno 4772.
Secondo questi calcoli il giorno 0 dei Maya, o meglio il giorno 0.0.0.0.0, sarebbe il 13 agosto 3114 a.C..
ASTRONOMIA
Tutto il mondo Maya ruotava intorno ad una mappa celeste.
Le città erano costruite in modo che gli edifici permettessero l’osservazione del sole, della luna, dei pianeti e delle costellazioni.
Capita quindi che un determinato corpo celeste sia visibile esattamente al centro di una finestra durante un’eclissi.
Oppure che il giorno dell’equinozio di primavera e autunno si crei un gioco di luci ed ombre che disegna l’immagine del Dio Serpente che si muove lungo le scale del tempio.
La ceiba era l’albero sacro che univa i 13 cieli, la Terra e i 9 livelli del regno dei morti.
Questa grande struttura funzionava in base alle leggi dell’astrologia e al culto degli antenati.
Altro aspetto fondamentale per i Maya erano i punti cardinali: est (il più importante perchè indica il sorgere del sole e veniva rappresentato con il colore rosso), ovest (al contrario indica il sole che sparisce ed è quindi rappresentato con il nero), nord (da lì arrivano le piogge, colore bianco) e sud (giallo come il sole del meridione).
GIOCHI E SACRIFICI
In tutti i siti mesoamericani è chiaramente identificabile un’area dedicata al “gioco della palla“.
Non si può chiamare calcio, ma forse gli assomigliava molto.
Spesso ricopriva un vero e proprio significato religioso: il risultato decideva alcune scelte da intraprendere.
È inoltre quasi certo che al termine della partita uno o più giocatori venissero offerti in sacrificio agli dei.
In tutte le città erano presenti uno o più campi da gioco.
ALLA SCOPERTA DELLE CITTÀ MAYA
Le città Maya mi hanno lasciato senza parole.
L’abbondante pietra calcarea a disposizione permise la costruzione di imponenti città.
I sovrani costruivano templi sempre più maestosi, gigantesche strutture piramidali sovrastate da un edificio con il tetto in paglia.
Alcuni edifici sono monumenti funebri, al cui interno si trovavano le tombe dei grandi sovrani Maya.
Non mi aspettavo città così estese e perfettamente organizzate.
Questo non solo per la bellezza delle costruzioni, ma per l’ambiente che le circonda e che ancora le nasconde e protegge.
PALENQUE
A qualche ora di macchina da San Cristóbal de Las Casas, il sito archeologico di Palenque, in Chiapas, è stato il primo che ho visto e forse è anche per questo che ci sono molto legato.
La città Maya è immersa nella giungla e molti degli edifici sono ancora nascosti sotto la vegetazione tropicale.
Questo non toglie niente allo splendore che possiamo vedere, ma da un tono ancora più misterioso e affascinante.
Servono almeno 2 ore per visitarla bene.
Palenque fu insieme a Tikal e Calakmul una delle città-stato più potenti dei Maya, collegata ad altre attraverso reti commerciali di scambio o alleanze tra gruppi di sovrani.
Il vecchio nome di Palenque era Lakamba, “luogo delle grandi acque“.
Nella zona ci sono infatti 56 sorgenti e 9 corsi d’acqua indipendenti, con cascate sulle pendici dell’altopiano urbano.
I Maya sapevano gestire perfettamente le risorse idriche: avevano acquedotti sotterranei per aree residenziali e attività agricole ed impedivano crolli ed erosioni grazie alla costruzioni di canali e ponti.
Erano ovviamente molto diffusi i sacrifici alle loro divinità.
Sono state trovate oltre un centinaio di urne in ceramica contenenti resina, conchiglie, cibo, ma anche sangue e resti umani e animali.
YAXCHILAN
Al confine con il Guatemala sorge invece il sito archeologico di Yaxchilan.
Qui si può arrivare solo navigando lo storico Rio Usumacinta, il fiume più lungo e con la maggior portata dell’America centrale.
Frutto di oltre 400 anni di attività, in un ambiente caratterizzato da una grande biodiversità e dalla presenza del fiume Usumacinta, Yaxchilan divenne una città potente con circa 120 edifici nella sua zona centrale, distribuiti tra la parte inferiore e parallela al fiume e le colline calcaree che si innalzano a sud.
Yaxchilan e altri siti Maya della cosiddetta Provincia di Usumacinta edificarono i loro templi con ampi soffitti sostenuti da pareti e decorati con pitture murali.
Sulla base dei materiali ceramici, dell’architettura e delle iscrizioni geroglifiche, è stato definito che la città fu abitata dal 250 d.C. al 900 d.C., periodo nel quale collassò tutta la civiltà Maya.
Gli edifici, che visto il luogo collinare sfruttavano scale, rampe e terrazze di distribuzione, erano quasi tutti di colore rosso, purtroppo oggi ormai invisibile.
Queste zone sono ovviamente habitat naturale di numerosi animali.
TULUM
La sua posizione strategica, ha reso Tulum il fulcro dei commerci via mare, fiume e terra.
Furono costruite anche delle mura per controllare le attività locali e per dividere le classi più alte dalle gente comune che viveva all’esterno.
Le facciate degli edifici avevano colori vivi e la città, affacciata sul Mar dei Caraibi, era sicuramente meravigliosa.
Questa zona del Messico, la Penisola dello Yucatàn, emerse solo 2 milioni di anni fa.
La sua superficie è calcarea e l’azione dell’acqua da origine a cenotes e caverne.
Davanti alla città di Tulum, nei fondali del Mar dei Caraibi, si estende la barriera corallina, attualmente la seconda al mondo per dimensione.
I Maya di Tulum usavano il mare come principale fonte di sostentamento, sia come alimentazione che per ricavare attrezzi da lavoro, utensili, oggetti ornamentali e sacrificali.
Anch’essi comunque, come i Maya di Palenque e Yaxchilan, sfruttavano l’agricoltura coltivando mais, fagioli, zucche, peperoncini, pomodori e frutta e cacciavano nella foresta.
Quando arrivarono gli Spagnoli iniziò una fusione culturale che portò al rapido tramonto della città Maya di Tulum.
Il sito è quello che mi è piaciuto meno perchè non ci si può avvicinare troppo agli edifici a causa del troppo elevato numero di turisti provenienti soprattutto dai resort di Cancun e della Riviera Maya.
Anche la piccola spiaggia sottostante era talmente affollata da rendere impossibile qualsiasi tipo di attività o riposo.
Dopo la visita al sito archeologico e un tuffo in acqua ho preferito spostarmi in spiagge più tranquille ed isolate.
https://www.cosmorevas.tk/wp-content/uploads/2020/05/calendario-Maya-e1589648532524.jpg300314cosmorevashttps://www.cosmorevas.tk/wp-content/uploads/2018/10/logo-trasparente-con-livelli-300x138.jpgcosmorevas2020-05-16 20:12:342021-01-09 13:28:10Civiltà Maya: viaggio a Palenque, Yaxchilan e Tulum
Nel mio viaggio in Messico, il Chiapas mi ha totalmente conquistato.
Non solo per l’atmosfera particolare di San Cristóbal de Las Casas o per gli insegnamenti dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.
La natura dello Stato più meridionale del Messico è incredibile.
Foreste, giungle, boschi, cascate, fiumi e grotte sono l’habitat naturale di pappagalli, tucani, scimmie, coccodrilli.
CANYON DEL RIO LA VENTA
Se si vuole evitare la folla turistica del più famoso Canyon del Sumidero, si può andare senza rimpianti al Canyon del Rio La Venta.
Questo canyon, più adatto se si preferiscono trekking ed esplorazioni, è lungo 80 km e le sue pareti sono alte sino a 400 metri.
Scendendo 750 gradini si arriva al fiume che lo ha generato, raggiungendo anche la bellissima Cascata del Aguacero, alta 70 metri.
All’interno del canyon ci sono molte grotte, usate dalle popolazioni pre-ispaniche sia come rifugio che per cerimonie.
Nella zona più remota del canyon, conosciuta come “Canyon Sacro” e raggiungibile con un trekking di più giorni, il fiume permette escursioni in kayak e rafting.
SIMA DE LAS COTORRAS
All’interno di questa impressionante cavità naturale di 140 metri di profondità e 160 metri di diametro, vivono migliaia di pappagalli.
Consiglio di dormire nelle vicine capanne in pietra, in modo da svegliarsi all’alba e vedere l’incredibile uscita di migliaia di pappagalli dal suo interno.
Dopo questo spettacolo si può passeggiare in sicurezza intorno alla fossa oppure calarsi in corda doppia nelle profondità della cavità.
In questo modo si raggiungerà una grotta sulle cui pareti interne sono presenti varie pitture rupestri pre-ispaniche.
Non avevo mai fatto una discesa con la corda ed essere lì sospeso è stato molto bello.
La discesa è stata tranquilla e divertente… ma ricordo ancora la fatica per risalire.
Al crepuscolo, i pappagalli tornano all’interno della fossa ed è così possibile vedere il loro rientro.
Sono animali fedelissimi e le coppie che si formano durano in eterno.
Per questo è emozionante notare come si muovono sempre in coppia.
I pappagalli solitari sono quelli che non hanno ancora trovato compagnia o che l’hanno persa e resteranno comunque fedeli sino alla fine.
LA GIUNGLA MAYA
Le città Maya mi hanno lasciato senza parole.
Per essere chiaro, per me sono molto più belle di Machu Picchu.
Questo non solo per la bellezza delle costruzioni, ma per l’ambiente che le circonda e che ancora le nasconde e protegge.
Gran parte degli edifici di Palenque sono infatti ancora sepolti sotto la vegetazione tropicale.
Ma questo non toglie niente allo splendore che possiamo vedere.
Lo stesso discorso vale per Yaxchilan, sito archeologico al confine con il Guatemala.
Qui addirittura si può arrivare solo navigando sullo storico Rio Usumacinta, il fiume più lungo e con la maggior portata dell’America centrale.
Queste zone sono ovviamente habitat naturale di numerosi animali.
https://www.cosmorevas.tk/wp-content/uploads/2018/10/scimmia1-messico-yaxchilan-e1589105571589.jpg300400cosmorevashttps://www.cosmorevas.tk/wp-content/uploads/2018/10/logo-trasparente-con-livelli-300x138.jpgcosmorevas2020-05-10 16:00:572021-01-09 13:28:58Chiapas: escursioni imperdibili nel sud del Messico
Gran parte del mio viaggio in Messico era focalizzato sui giorni da dedicare all’EZLN, l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.
Alle scuole superiori sono iniziati i primi approcci con la politica, con le manifestazioni.
È qui che ho iniziato a sognare la Selva Lacandona, a chiedermi come incontrare l’EZLN.
Mi affascinavano i loro passamontagna e le loro frasi: “siamo un esercito di sognatori e per questo siamo invincibili” ha accompagnato i miei studi e il resto della vita.
Ho attraversato l’oceano con la voglia di incontrarli. E ci sono riuscito, partendo dalla città simbolo del Chiapas: San Cristóbal de Las Casas.
Ho trascorso 3 giorni con loro: 2 giorni in due diversi Caracol e 1 giorno in mezzo alla foresta con una base d’appoggio.
Questo è un articolo molto lungo, a cui ho dedicato tantissimo tempo ma in cui soprattutto uso direttamente le parole dell’EZLN, estrapolate da ciò che mi è stato spiegato di persona e dai loro comunicati e libri.
Vorrei trasmetterti gli insegnamenti che arrivano dalle montagne del sudest messicano.
Spero che lo leggerai, con i tuoi modi, i tuoi tempi, la tua geografia.
PERCHÈ EZLN
In Chiapas gran parte degli abitanti sono discendenti dei Popoli Originari: Maya, Tzotzil, Tzeltal, Chol, Tojolabal, Zoque, Mam.
E come tali, da sempre discriminati e privati di qualsiasi diritto collettivo e individuale. Dopo 500 anni di soprusi, il 17 novembre 1983, un gruppo di persone, tra cui indigeni e meticci, diede vita all’EZLN.
Nato come classico esercito guerrigliero rivoluzionario, nel 1986 era ormai un gruppo armato, pesantemente indigeno, alunno che ascoltava con attenzione e balbettava le sue prime parole con un nuovo maestro: i popoli indios. L‘EZLN ha imparato ad ascoltare e a parlare.
È così che si è trasformato presto in un’organizzazione di migliaia di combattenti “fusa” con le comunità indigene. Hanno smesso di essere “stranieri” e sono diventati parte di quell’angolo dimenticato del Paese e del mondo: le montagne del sudest messicano.
Non c’era più l’EZLN da una parte e le comunità dall’altra, erano semplicemente tutti Zapatisti.
Erano ancora in fase di apprendimento (e non si finisce mai di imparare), quando l’allora presidente del Messico, Carlos Salinas de Gortari, ebbe la “brillante” idea di fare le riforme che cancellavano il diritto dei contadini alla terra.
Il NAFTA, l’accordo nordamericano per il libero scambio tra Canada, Stati Uniti e Messico, fu tremendo.
Per i Popoli Originari (senza nessuna distinzione tra le comunità e l’EZLN) la terra non è una merce, ma ha connotazioni culturali, religiose e storiche.
Per cui, ben presto, le fila dell’EZLN crebbero in maniera esponenziale ma purtroppo crebbe anche la miseria e con lei la morte, soprattutto di bambini al di sotto dei 5 anni.
Questo successe in tutte le comunità indigene del Messico ma la differenza era che loro erano già armati ed addestrati per una guerra.
La morte per oblio era (ed è) la peggiore delle morti e loro si trovarono davanti ad una scelta, ma non tra la vita o la morte, ma tra un tipo di morte ed un altro.
La decisione collettiva ed approvata da ognuno delle decine di migliaia di Zapatisti ha originato quella scintilla che fu l’alba del 1 gennaio 1994.
Quel giorno migliaia di indigeni coperti con il passamontagna e armati con fucili rudimentali e machete reclamavano ciò che gli era negato: un nuovo mondo fatto di lavoro, terra, tetto, alimentazione, salute, educazione, indipendenza, libertà, democrazia, giustizia e pace.
Gridando “¡Ya basta!” e “¡terra e libertà!”, l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale si presentò al mondo occupando le sedi municipali di San Cristóbal de Las Casas, Altamirano, Las Margaritas, Ocosingo, Oxchuc, Huixtán e Chanal.
Partirono quell’alba del 1994 con la certezza che li avrebbero fatto a pezzi ma che l’azione avrebbe attirato l’attenzione di persone buone su di un crimine non meno sanguinoso, perché taciuto e lontano dai mezzi di comunicazione: il genocidio di migliaia di famiglie di indigeni messicani.
La sorprendente e inaspettata rivolta Zapatista, trasmessa da tutte le televisioni, portò alla ribalta il Chiapas, Stato più meridionale del Messico e ancora oggi il più povero.
La lotta armata durò in realtà poco più di dieci giorni, durante i quali l’esercito regolare cercò di riprendere il controllo delle aree occupate e la popolazione scese per le strade chiedendo il cessate il fuoco. L’allora presidente del Messico, Carlos Salinas de Gortari, arrivato al suo ultimo anno di mandato, accettò la proposta di dialogo dell’EZLN, mediata della diocesi di San Cristóbal e dal vescovo Samuel Ruiz Garcia.
Sin dall’inizio, l’EZLN ha reso la comunicazione con il resto del Messico e del mondo una priorità assoluta: grazie all’uso della tecnologia (cellulari, Radio Insurgente e poi ovviamente internet) ha creato intorno a sè una solida difesa locale, internazionale e internazionalista fatta di organizzazioni, gruppi, collettivi e persone a livello individuale, unita secondo il proprio tempo, geografia e modo, senza che conti la distanza, senza che importino muri e frontiere né i recinti che ci pongono.
Il Subcomandante Insurgente Marcos e i suoi comunicati sono diventati un punto di riferimento.
Per molti era lui il “capo” dell’EZLN ma la realtà è totalmente differente.
Era l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale che parlava attraverso la sua voce.
E tutti se ne sono resi conto il 25 maggio 2014 quando il Subcomandante Marcos morì.
Fu quasi comico leggere i giornali di tutto il mondo, incapaci di andare oltre le parole “morto Marcos”.
Gli Zapatisti prendono il nome dei loro assenti e quello stesso giorno nacque il Subcomandante Insurgente Galeano.
Si muore per vivere e si vive per non morire. Galeano era il nome di un maestro indigeno Zapatista, aggredito, rapito, torturato e assassinato dai paramilitari il 2 maggio 2014.
Lo stesso Galeano prese il suo nome di lotta da Hermenegildo Galeana, rivoluzionario messicano dei primi anni del 1800.
In quei giorni la direzione collettiva dell’EZLN decise di far morire il personaggio soprannominato SupMarcos, allora portavoce degli Zapatisti, e affidare quell’incarico al Subcomandante Insurgente Moisés, da sempre, come tanti altri, nelle fila zapatiste.
Non hanno mai imparato a guardare la luna, l’EZLN, anzichè il dito che la indica, il defunto Marcos.
LA NASCITA DELL’AGUASCALIENTES
L’8 agosto 1994, nella sessione della Convenzione Nazionale Democratica celebrata a Guadalupe Tepeyac, il Comandante Tacho, a nome del Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno-Comando Generale dell’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale, inaugurò, di fronte a circa 6.000 persone provenienti da diverse parti del Messico e del mondo, il cosiddetto Aguascalientes.
Era infatti diventato necessario avere uno spazio per imparare ad ascoltare e a parlare con quella pluralità chiamata “società civile”.
Costruirono lo spazio e dato che sarebbe stato la sede della Convenzione Nazionale Democratica, lo chiamarono Aguascalientes, rievocando lo Stato che ospitò alla fine del 1914 la Convenzione delle forze rivoluzionarie messicane, dove si radunarono i diversi gruppi guidati da Emiliano Zapata, Pancho Villa, i fratelli Flores Magón e Venustiano Carranza.
Tuttavia, quello spazio era nato legato ad un’iniziativa politica specifica e molti pensarono che alla sua fine l’Aguascalientes non avrebbe avuto più senso.
L’Aguascalientes è stato l’Arca di Noè, la Torre di Babele, la nave pirata, il paradosso anacronistico, la tenera follia dei senza volto, l’assurdità di un movimento civile in dialogo con un movimento armato, la speranza, biblioteca, case, infermeria, servizi sanitari, docce, musica diffusa, sforzo comune per il cambiamento.
Il percorso per arrivare alla costruzione di quello che fu il primo Aguascalientes, fu accidentato e doloroso. E non per la sua costruzione fisica (completata in tempo record e senza “spot” televisivi), ma per la sua costruzione concettuale.
Dopo i primi giorni di combattimenti, dopo essersi preparati per 10 anni a fare la guerra, si sono visti invadere da un vero e proprio esercito di giornalisti e di uomini e donne delle più diverse provenienze sociali, culturali e nazionali.
I giornalisti hanno continuato a farsi vedere a intermittenza, ma quella che chiamano “la società civile”, per distinguerla dalla classe politica e per non incasellarla in classi sociali, è stata sempre costante.
Anni interi a prepararsi a sparare con un’arma e va a finire che quello che si deve sparare sono parole. Un guerriero non dimentica quello che impara e loro hanno imparato ad ascoltare ed a parlare.
MORTE DELL’AGUASCALIENTES E ACCORDI DI SAN ANDRÉS
Poi arrivò il tradimento del 9 febbraio 1995 quando il presidente del Messico appena insediato, Ernesto Zedillo Ponce de León, tradì i patti.
Nonostante fossero in corso dialoghi di pace, cercò di catturare i vertici dell’EZLN, distrusse l’Aguascalientes di Guadalupe Tepeyac costruendoci addirittura una base militare, rafforzando la presenza militare e paramilitare nelle zone di influenza degli Zapatisti e assecondando atti di violenza e massacri di civili.
Alla fine del 1995 l’EZLN rispose proponendo alla società civile la costruzione di nuovi Aguascalientes, come simbolo di resistenza e ribellione.
Intanto le trattative tra EZLN e una commissione parlamentare formata da deputati e da senatori di tutti gli schieramenti politici arrivarono al 16 febbraio 1996 con la firma nel municipio chiapaneco di San Andrés Larràinzar di quattro documenti noti come “Accordi di San Andrés“, secondo i quali il governo avrebbe dovuto modificare la Costituzione, riconoscendo i popoli e le culture indigene, garantendo loro autonomia.
Si riconosceva che:
– i popoli indigeni sono stati oggetto di assoggettamento, disuguaglianza e discriminazione, che hanno determinato una situazione strutturale di povertà, sfruttamento ed esclusione politica;
– è necessaria la partecipazione dei popoli indigeni affinché siano attori fondamentali delle decisioni che riguardano la loro vita;
– i popoli indigeni sono nuovi soggetti di diritto, nel rispetto delle loro origini storiche, delle loro richieste, della pluriculturalità della nazione messicana;
– gli indigeni messicani potranno decidere la loro forma di governo e i loro modi di organizzazione politica, sociale, economica e culturale;
– lo Stato Federale si impegna ad allargare la partecipazione e la rappresentanza politica degli indigeni a livello locale e nazionale, riconoscerne i diritti politici, economici, sociali e culturali, assicurare il loro pieno accesso alla giustizia davanti agli organi statali, riconoscere i loro sistemi normativi interni per la soluzione dei conflitti così come le loro peculiari forme di organizzazione.
Quindi una riforma della Costituzione Federale e dell’ordinamento giuridico avrebbe garantito alle comunità lo status di soggetti di diritto pubblico, il diritto dei municipi con popolazione a maggioranza indigena ad associarsi liberamente, la partecipazione indigena alle attività di governo, la libera determinazione e l’autonomia dei popoli indigeni.
Il territorio abitato dalle popolazioni indigene veniva considerato il loro habitat naturale e doveva essere pertanto salvaguardato come un tutt’uno con le stesse.
Veniva riconosciuto alle popolazioni indigene il diritto di sfruttamento diretto delle risorse naturali e l’uso collettivo delle terre incolte.
Ma niente di tutto questo è stato mai attuato.
RINASCITA DELL’AGUASCALIENTES: DA 1 A 5
Ma se qualcosa caratterizza gli Zapatisti, è la tenacia (“o la stupidità”, penserà più di uno).
Non era passato neanche un anno dalla morte dell’Aguascalientes di Guadalupe Tepeyac che nel 1996 nuovi Aguascalientes sorgevano in diversi punti del territorio ribelle.
Aguascalientes I (La Realidad), Aguascalientes II (Oventik), Aguascalientes III (La Garrucha), Aguascalientes IV (Morelia), Aguascalientes V (Roberto Barrios).
Questi Aguascalientes furono quello che dovevano essere: spazi per l’incontro ed il dialogo con la società civile nazionale ed internazionale, sedi di grandi iniziative ed il luogo dove quotidianamente “società civili” e Zapatisti si incontravano.
Ma qualcuno non ha capito il senso della lotta zapatista.
Ci sono state ong che hanno organizzato raccolte fondi (trattenendo però gran parte dei soldi per le “spese sostenute”) o cercato di imporre unilateralmente progetti e lavori che consideravano urgenti e fondamentali, senza chiedere e tener conto dei pensieri altrui, decidendo anche modi e tempi.
Ci sono stati i moderni conquistadores, travestiti da partiti della sinistra progressista, che li hanno minacciati: hanno chiesto di votarli perché loro avevano evitato il genocidio nei primi giorni del 1994 e per questo gli erano debitori, altrimenti li avrebbero abbandonati considerandoli colpevoli di mandare la destra al governo.
Ma gli Zapatisti non capivano.
Erano insorti per comandarsi da soli, non perché qualcun altro li comandasse.
Gli Zapatisti hanno continuato ad ascoltare e parlare, immaginare, crescere, vivere, morire, costruire scuole e cliniche, non cercano assistenzialismo ma vogliono governarsi senza il parassita che si chiama governante.
I moderni conquistadores sono tornati in città, hanno continuato a fare cortei, gridare slogan a cui aggiungono tweet, hashtag, like, trending topics e followers. Nei loro partiti politici ci sono gli stessi che ieri erano nella destra reazionaria, ai loro tavoli siedono insieme gli assassini ed i familiari degli assassinati, ridono e brindano insieme per i soldi ricevuti, si lamentano e piangono insieme per le poltrone perse.
Nella terra dei creditori di città continua a comandare il padrone, con un’altra faccia, un altro nome, un altro colore. In Terra Zapatista comanda il popolo ed il governo obbedisce.
MORTE DEGLI AGUASCALIENTES
Si arrivò così al luglio 2003, ed alla decisione di far morire gli Aguascalientes.
Le comunità zapatiste, stanche dell’elemosina di alcune “società civili” e del paternalismo di alcune ong, l’8 agosto 2003, anniversario del primo Aguascalientes, decretarono la “morte ben morta” degli Aguascalientes.
La festa (perché ci sono morti che bisogna festeggiare) si tenne ad Oventik, con tutte le persone che in quei dieci anni hanno appoggiato le comunità ribelli con progetti, accampamenti e carovane di pace, con l’ascolto attento, con la parola compagna, con quello che sia ma sempre non con la compassione e l’elemosina.
NASCITA DEI CARACOLES E DELLE GIUNTE DEL BUON GOVERNO
Il 9 agosto 2003 nascevano i Caracoles e le Juntas de Buen Gobierno, culmine di un importante progresso nel processo autonomo.
In ogni Caracol, dove si trovano anche cliniche sanitarie, scuole, case, biblioteche, uffici di sorveglianza e informazione ecc., si distingue perfettamente una nuova costruzione, la cosiddetta “Casa della Giunta del Buon Governo”.
La “Giunta del Buon Governo“, (che si chiama così non perchè sia a priori “buona”, ma per differenziarla dal “mal governo”) è formata da 1 o 2 delegati di ognuno dei Consigli Autonomi di quella zona.
Rappresenta lo sforzo organizzativo delle comunità, non solo per affrontare i problemi dell’autonomia, ma anche per costruire un ponte più diretto tra loro ed il mondo.
Devono contrastare lo squilibrio nello sviluppo dei municipi autonomi e delle comunità, mediare nei conflitti tra municipi autonomi zapatisti e municipi governativi, seguire le denunce contro violazioni dei diritti umani, vigilare che i progetti concordati con le comunità si realizzino nei tempi e nei modi concordati, far rispettare le leggi che, di comune accordo con le comunità, sono in vigore nei Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti.
Inoltre devono gestire i rapporti con la “società civile”: assistere e guidare le visite alle comunità, portare avanti progetti produttivi, installare accampamenti di pace, promuovere ed approvare la partecipazione di compagni e compagne Zapatisti in attività o eventi che avvengono fuori dalle comunità ribelli.
Insomma, per essere certi che nel territorio ribelle zapatista colui che comanda, comanda obbedendo alle decisioni delle comunità.
I Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti continuano a mantenere la competenza esclusiva su giustizia, salute, educazione, abitazione, terra, lavoro, alimentazione, commercio, informazione, cultura e transito locale.
Il Comitato Clandestino Rivoluzionario Indigeno vigila sul funzionamento delle Giunte del Buon Governo per evitare atti di corruzione, intolleranza, arbitrarietà, ingiustizie e deviazioni dal principio zapatista di “comandare obbedendo”.
Ogni Giunta del Buon Governo ha un suo nome, scelto dai rispettivi Consigli Autonomi:
La Giunta del Buon Governo Selva Fronteriza (che comprende la zona da Marqués de Comillas, la regione dei Montes Azules e tutti i municipi sulla frontiera con il Guatemala fino a Tapachula) si chiama “Hacia la esperanza” (“Verso la speranza”) e raggruppa i municipi autonomi: General Emiliano Zapata, San Pedro de Michoacán, Libertad de los Pueblos Mayas e Tierra y Libertad.
La Giunta del Buon Governo Tzots Choj (che comprende i territori in cui si trovano i municipi governativi di Ocosingo, Altamirano, Chanal, Oxchuc, Huixtán, Chilón, Teopisca e Amatenango del Valle) si chiama “Corazòn del arcoiris de la esperanza” (in lingua originaria “Yot’an te xojobil yu’un te smaliyel”, cioè “Cuore dell’arcobaleno della speranza”) e raggruppa i municipi autonomi: 17 de Noviembre, Primero de Enero, Ernesto Che Guevara, Olga Isabel, Lucio Cabañas, Miguel Hidalgo e Vicente Guerrero.
La Giunta del Buon Governo Selva Tzeltal (che comprende parte dei territori in cui si trova il municipio governativo di Ocosingo) si chiama “El camino del futuro” (in lingua originaria “Te s’belal lixambael”, cioè “Il cammino del futuro) e raggruppa i municipi autonomi: Francisco Gómez, San Manuel, Francisco Villa e Ricardo Flores Magón.
La Giunta del Buon Governo Zona Norte de Chiapas (che comprende parte dei territori in cui si trovano i municipi governativi del nord del Chiapas, da Palenque ad Amatán) si chiama “Nueva semilla que va a producir” (in lingua tzeltal “Yach’il ts’unibil te yax bat’p’oluc”, in lingua chol “Tsi Jiba Pakabal Micajel Polel”, cioè “Il seme che andrà a produrre”) e raggruppa i municipi autonomi: Vicente Guerrero, Del Trabajo, La Montaña, San José en Rebeldía, La Paz, Benito Juárez e Francisco Villa.
La Giunta del Buon Governo Altos de Chiapas (che comprende parte dei territori che si trovano nei municipi governativi di Los Altos del Chiapas e si estende fino a Chiapa de Corzo, Tuxtla Gutiérrez, Berriozábal Ocozocuautla e Cintalapa”) si chiama “Corazòn céntrico de los Zapatistas delante del mundo” (in lingua originaria “Ta olol yoon zapatista tas tuk’il sat yelob sjunul balumil”, cioè “Cuore centrico degli Zapatisti davanti al mondo”) e raggruppa i municipi autonomi: San Andrés Sakamchén de los Pobres, San Juan de la Libertad, San Pedro Polhó, Santa Catarina, Magdalena de la Paz, 16 de Febrero e San Juan Apóstol Cancuc.
Tra le prime disposizioni delle Giunte del Buon Governo, ci sono le seguenti: – Non si permetterà più che donazioni ed appoggi della società civile nazionale ed internazionale siano destinati a qualcuno in particolare o ad una determinata comunità o a un municipio autonomo.
La Giunta del Buon Governo deciderà, dopo aver valutato la situazione delle comunità, dove è più necessario indirizzare quell’aiuto.
La Giunta del Buon Governo impone a tutti i progetti la cosiddetta “imposta fraterna” che è del 10 per cento sull’importo totale del progetto.
Cioè, se una comunità, municipio o collettivo riceve un appoggio economico per un progetto, dovrà consegnare il 10 per cento alla Giunta del Buon Governo affinchè questa lo destini ad un’altra comunità che non riceve appoggio.
L’obiettivo è equilibrare almeno un poco lo sviluppo economico delle comunità in resistenza. Di sicuro, non si accetteranno scarti, elemosine né l’imposizione di progetti. – Si riconosceranno come zapatisti solo le persone, le comunità, le cooperative e le società di produzione e commercializzazione registrate presso la Giunta del Buon Governo.
Così si eviterà che si facciano passare per zapatisti persone che non lo sono o che addirittura sono anti-zapatisti. Le eccedenze o i bonifici per la commercializzazione di prodotti di cooperative e società zapatiste saranno consegnati alle Giunte del Buon Governo affinché si dia sostegno ai compagni e alle compagne che non possono commercializzare i loro prodotti o non ricevono nessun tipo di appoggio. – Può capitare che gente disonesta inganni la società civile nazionale o internazionale presentandosi nelle città come presunti “zapatisti” inviati in “missione segreta o speciale” a chiedere denaro per malati, progetti, viaggi o altre cose del genere.
Basterà mettersi in contatto con una delle Giunte del Buon Governo (della zona dalla quale dice di provenire “l’imbroglione”) ed in pochi minuti sarà chiarito se è o non è zapatista.
Quindi, ora le “società civili” sanno con chi devono mettersi d’accordo per progetti, accampamenti di pace, visite, donazioni ecc.
I difensori dei diritti umani sanno a chi devono inoltrare le denunce che ricevono e da chi devono aspettarsi una risposta.
L’Esercito, la polizia e i paramilitari del governo sanno chi attaccare (tenendo solo in conto che attaccherebbero e troverebbero tutto l’EZLN).
I mezzi di comunicazione onesti sanno dove devono andare per chiedere interviste o per poter fare un reportage nelle comunità.
Ed il Potere del Denaro sa chi altro deve temere.
ESCUELITA ZAPATISTA
Gli Zapatisti hanno imparato da soli a creare e gestire la loro autonomia.
Una dimostrazione di ciò, è stata la Escuelita Zapatista, a cui nel 2013 parteciparono oltre 1.700 “alunni” (più tutti quelli che hanno partecipato a distanza in videoconferenza e poi in seguito con i libri messi a disposizione).
In quei giorni, la famiglia dell’alunno o alunna è stata una famiglia indigena zapatista.
I maestri della scuola sono stati le basi di appoggio zapatiste, che hanno spiegato il loro pensiero e la loro azione nella libertà secondo lo zapatismo, i loro successi, i loro errori, i loro problemi, le loro soluzioni, i progressi, quanto ancora in sospeso e quanto ancora da fare, perché c’è sempre qualcosa che manca fare.
Allo studente o studentessa non è mancato nulla con la sua famiglia: ha mangiato, lavorato, riposato, cantato, ballato e mai stato solo.
Tutti i costi sono stati coperti dagli Zapatisti.
Le regole, poche e chiare, sono state spiegate prima della partecipazione: rispettare la vita nelle comunità zapatiste e le loro regole interne. È proibito produrre, commerciare, scambiare e consumare qualunque tipo di droga e alcool.
È proibito detenere ed usare qualunque tipo di arma, sia da fuoco o “bianca”.
Chi chiede di entrare nell’EZLN o qualunque cosa militare, sarà espulso perché a scuola non si recluta nè si promuove la lotta armata, bensì l’organizzazione e l’autonomia per la libertà.
È proibita la propaganda di qualunque tipo, politica e religiosa.
Nessun limite di età per frequentare la scuola, nessuna discriminazione di genere, preferenza sessuale, razza, credo, nazionalità.
Al mattino si condividevano il caffè, il mais ed i fagioli prodotti autonomamente per poi partecipare alle attività quotidiane nella comunità: pulire la piantagione di caffè, mietere mais, tagliare la legna, fare tortillas e fagioli.
E durante queste attività le comunità zapatiste e i compagni arrivati da tutto il mondo hanno ascoltato e parlato, insegnato e imparato. Tutti hanno partecipato.
Tutti siamo usciti migliori.
CAMPAGNA “SAMIR FLORES VIVE”
Repressione, persecuzione e morte degli indigeni da parte di governo, paramilitari, cacicchi, imprese straniere e criminali non si sono mai fermate.
Decine di compagni militanti sono stati assassinati e, tra essi, un fratello molto rispettato dai popoli zapatisti: Samir Flores Soberanes.
In onore delle sorelle e fratelli morti, perseguitati, scomparsi o in carcere, ad agosto 2019 culmina la campagna zapatista chiamata “Samir Flores Vive”.
Dopo anni di lavoro silenzioso, aggressioni, morti, menzogne, diffamazioni, pattugliamenti militari, campagne contrinsurrezionali travestite da programmi sociali, l’oblio e il disprezzo, sono cresciuti, si sono fatti ancora più forti e hanno rotto l’accerchiamento. Nascono nuovi Caracoles e ulteriori municipi autonomi ribelli zapatisti in nuove zone del sudest messicano.
Sebbene lentamente, com’è giusto che sia in base al loro nome, i 5 caracoles originali si sono riprodotti dopo 15 anni di lavoro politico e organizzativo e i Municipi Autonomi Ribelli Zapatisti (Marez) e le loro Giunte del Buon Governo hanno dovuto anch’essi figliare e far crescere i figli.
Ora saranno 12 Caracoles con le loro Giunte del Buon Governo.
Questa crescita esponenziale si deve fondamentalmente a due cose:
Una, e la più importante, è il lavoro politico organizzativo e l’esempio di donne, uomini, giovani, bambini e anziani basi d’appoggio zapatiste.
La maggior parte di questa gioventù, principalmente donne, assumono incarichi e li impregnano della loro creatività, del loro ingegno e della loro intelligenza.
L’altra è la politica governativa che distrugge la comunità e la natura. Le comunità tradizionalmente affiliate ai partiti sono state colpite dal disprezzo, dal razzismo e dalla voracità dell’attuale governo, e sono passate alla ribellione aperta o nascosta. Chi pensava, con la sua politica contrinsurrezionale fatta di elemosine, di dividere lo zapatismo e di comprare la lealtà dei non-zapatisti, ha invece dato gli argomenti che mancavano a convincere tali fratelli e sorelle sulla necessità di difendere la terra e la natura.
Continuano con la concezione “indigenista” secondo cui i popoli originari aspirano a vendere la propria dignità e smettere d’essere ciò che sono, e che l’indigeno è un articolo da museo, artigianato multicolore affinché il potente occulti il grigio del proprio cuore.
Da qui la sua preoccupazione che i suoi muri-treni (quello dell’Istmo e l’erroneamente chiamato “treno Maya“) incorporino al paesaggio le rovine di una civiltà, per il diletto del turista.
Durante questi anni l’EZLN ha imparato a guardare, ascoltare e parlare con l’altro senza falsità, senza condannare, senza etichette, ha sognato per il mondo intero e non per una piccola area o comunità, hanno pensato e ricercato strade, modi e tempi, hanno sfidato il disprezzo del potente che li considera ignoranti e tonti, usando intelligenza, conoscenza e immaginazione.
E da tutto questo nascono 11 nuovi Centri di Resistenza Autonoma e Ribellione Zapatista (CRAREZ), che si aggiungono ai 5 originari:
1. Nuovo Caracol “Colectivo el corazón de semillas rebeldes, memoria del Compañero Galeano”.
La sua Giunta di Buon Governo si chiama “Pasos de la historia, por la vida de la humanidad”.
La sua sede è La Unión, terra recuperata, a lato dell’ejido San Quintín, dove c’è la guarnigione dell’esercito del malgoverno, municipio ufficiale Ocosingo.
2. Nuovo Municipio Autonomo “Esperanza de la Humanidad”.
La sua sede è nell’ejido Santa María, municipio ufficiale di Chicomuselo.
3. Nuovo Municipio Autonomo “Ernesto Che Guevara”.
La sua sede è a El Belén, municipio ufficiale di Motozintla.
4. Nuovo Caracol “Espiral digno tejiendo los colores de la humanidad en memoria de l@s caídos”.
La sua Giunta di Buon Governo si chiama “Semilla que florece con la conciencia de l@s que luchan por siempre”.
La sua sede è a Tulan Ka’u, terra recuperata, municipio ufficiale di Amatenango del Valle.
5. Nuovo Caracol “Floreciendo la semilla rebelde”.
La sua Giunta di Buon Governo si chiama “Nuevo amanecer en resistencia y rebeldía por la vida y la humanidad”.
La sua sede è nel Poblado Patria Nueva, terra recuperata, municipio ufficiale di Ocosingo.
6. Nuovo Municipio Autonomo “Sembrando conciencia para cosechar revoluciones por la vida”.
La sua sede è a Tulan Ka’u, terra recuperata, municipio ufficiale di Amatenango del Valle.
7. Nuovo Caracol “En Honor a la memoria del Compañero Manuel”.
La sua Giunta di Buon Governo si chiama “El pensamiento rebelde de los pueblos originarios”.
La sua sede è a Dolores Hidalgo, terra recuperata, municipio ufficiale di Ocosingo.
8. Nuovo Caracol “Resistencia y Rebeldía un Nuevo Horizonte”.
La sua Giunta di Buon Governo si chiama “La luz que resplandece al mundo”.
La sua sede è nel Poblado Nuevo Jerusalén, terra recuperata, municipio ufficiale di Ocosingo.
9. Nuovo Caracol “Raíz de las Resistencias y Rebeldías por la humanidad”.
La sua Giunta di Buon Governo si chiama “Corazón de nuestras vidas para el nuevo futuro”.
La sua sede è nell’ejido Jolj’a, municipio ufficiale di Tila.
10. Nuovo Municipio Autónomo “21 de Diciembre”.
La sua sede è alla Ranchería K’anal Hulub, municipio ufficiale di Chilón.
11. Nuovo Caracol “Jacinto Canek”.
La sua Giunta di Buon Governo si chiama “Flor de nuestra palabra y luz de nuestros pueblos que refleja para todos”.
La sua sede è nella Comunidad del CIDECI-Unitierra, municipio ufficiale di San Cristóbal de las Casas.
IL MIO VIAGGIO NEI TERRITORI ZAPATISTI
CARACOL DI OVENTIK
Il mio primo incontro con l’EZLN è avvenuto ad Oventik.
Sono salito su un colectivo a San Cristóbal e dopo circa 2 ore piene di emozione e tensione, sono arrivato all’ingresso del Caracol.
Da un lato della strada un cartello ricorda di essere in Territorio Zapatista, dall’altro lato c’è l’ingresso vero e proprio.
Una sbarra blocca l’accesso e si avvicina subito uno dei guardiani, con il passamontagna
Comunico il mio nome e chiedo se posso entrare.
Lui parla con un compagno e quest’ultimo si dirige in una casa in legno a qualche centinaio di metri.
Dopo qualche minuto torna indietro con altre 3 persone, tutte coperte ma a vista non armate.
Mi chiedono chi sono, da dove vengo, come mai sono venuto… e scrivono le risposte.
Sono un po’ nervoso, da solo chissà dove in mezzo alla foresta, non so davvero cosa aspettarmi.
Dopo questo breve scambio di parole mi chiedono il passaporto e mi dicono di aspettare.
Passano forse 10 minuti e uno di loro torna e mi chiede dove lavoro e di cosa mi occupo.
Allora la mia azienda non aveva ancora un sito web e pensavo che fossero risposte inutili, ma ovviamente rispondo ad ogni loro richiesta, sperando che non ci siano problemi.
Dopo aver scritto tutto, torna alla casa in legno.
Aspetto una risposta e i secondi sembrano ore. Sento salire un po’ di ansia e preoccupazione.
E qui mi viene dato il primo grande insegnamento dell’EZLN.
Chiedo al compa di guardia se ci sia qualche problema, quanto tempo ci vuole per entrare.
La sua risposta mi fulmina: “gli indios hanno aspettato 500 anni prima di veder riconosciuti i loro diritti. Tu puoi aspettare 5 minuti?”
“Certo, scusate” è l’unica cosa che sono riuscito a rispondere.
Poco dopo torna il compa, mi consegna il passaporto e mi dice di seguirlo. Le 3 persone facenti parte della Giunta di Buon Governo vorrebbero parlare con me.
Mi raccontano la storia, mi spiegano i perché e i come della lotta zapatista. Sto parlando e ascoltando l’EZLN e l’EZLN sta parlando e ascoltando me.
Poi uno dei compas mi accompagna in giro per il Caracol, mi fa fare qualche foto e sto ovviamente attento a non riprendere i bambini che girano a volto scoperto.
Sono tornato a San Cristóbal de las Casas con tanti insegnamenti e il cuore pieno di emozioni.
CARACOL DI MORELIA
Il secondo incontro l’ho avuto nel Caracol di Morelia, un giorno che si festeggiavano i 10 anni dei Caracoles e poco prima dell’inizio della Escuelita Zapatista.
I preparativi erano ormai al termine e iniziava ad arrivare qualche “alunno”.
Anche il numero degli Zapatisti presenti era molto alto ma la Giunta di Buon Governo era troppo impegnata per potermi dedicare del tempo.
Ho comunque vissuto momenti meravigliosi e altri insegnamenti, come dai bambini che giocavano a pallacanestro. Gli occhi non Zapatisti devono abituarsi a ciò che vedono.
Se noi siamo cresciuti con il “chi vince, sfida”, nei Territori Zapatisti la squadra che vince ci sembra quella che perde. Perchè non gioca più.
Chi ha perso continuerà invece a giocare. Perchè non ha ancora imparato.
Ma in ogni caso non c’è nessuna sfida, non c’è rivalità, non c’è cattiveria, non c’è protagonismo, non c’è competizione. C’è solo gioco, divertimento, voglia di imparare, di migliorare, di aiutarsi.
BASI D’APPOGGIO – ESCUELITA ZAPATISTA
L’altra esperienza è stata ancora diversa.
Avrei voluto partecipare alla Escuelita Zapatista ma purtroppo non avevo giorni sufficienti per restare.
Ho comunque vissuto una giornata in mezzo alla foresta in una base d’appoggio, cioè compas Zapatisti che non vivono nei Caracol ma in terreni forse più pericolosi, perché da controllare e difendere.
Mangiando e dormendo con loro tra fiume, cascate e fitta vegetazione ho capito ancora di più la loro essenza.
Abbiamo condiviso, caffè, mais, tortillas, fagioli, carne, brodo di pollo.
Ho conosciuto le piantagioni di caffè, cacao (in foto) e mangiato la canna da zucchero.
E la sera, seduti intorno ad un tavolo, abbiamo parlato a lungo.
E alla mia domanda “voi siete l’EZLN, sapete cosa rappresentate per milioni di persone nel mondo?” la risposta arriva dopo qualche minuto, dopo essersi confrontati e aver deciso le parole tutti insieme, come sempre: “noi sappiamo che tante persone pensano a noi, perché vengono qui a parlarci, ad ascoltarci, a stare con noi.
Si, siamo l’EZLN ma siamo soprattutto contadini, noi veniamo dalla terra e continuiamo la lotta di Emiliano Zapata per la terra e la libertà. Affinché ci vedessero, ci siamo coperti il volto. Affinché ci nominassero, abbiamo negato il nostro nome.
Scommettiamo il presente per avere futuro, e per vivere, moriamo.
Siamo Zapatisti, in maggioranza indigeni di stirpe Maya.
Non ci vendiamo, non ci arrendiamo e non zoppichiamo.
Siamo ribellione e resistenza.
Siamo una delle tante mazze che romperanno i muri, uno dei tanti venti che spazzeranno la terra, e uno dei tanti semi dai quali nasceranno altri mondi. Siamo l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale.”
https://www.cosmorevas.tk/wp-content/uploads/2020/05/EZLN-Para-todos-todo-nada-para-nosotros.jpg400437cosmorevashttps://www.cosmorevas.tk/wp-content/uploads/2018/10/logo-trasparente-con-livelli-300x138.jpgcosmorevas2020-05-01 13:00:322021-01-09 13:30:07EZLN: viaggio in Chiapas per conoscere l’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale
Il 1 gennaio 1994, le strade di San Cristóbal de Las Casas, città simbolo del Chiapas ed antica capitale dello Stato più meridionale del Messico, furono invase dall’EZLN e quell’aria rivoluzionaria si sente ancora ovunque.
L’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale si mostrò al mondo quel giorno e se si vuole un contatto diretto con loro non si può fare altro che venire a San Cristóbal de Las Casas.
Da decenni, anche per questo, la città è diventata una base per i viaggiatori di tutto il mondo, che condividono le loro culture con i discendenti dei Popoli Originari del Chiapas: Maya, Tzotzil, Tzeltal, Chol.
Qui, oltre lo spagnolo, si parlano ancora lingue millenarie.
La vita scorre lenta nelle acciotolate vie di San Cristóbal e lentamente bisogna conoscerla.
Nei miei viaggi mi piace scoprire le città usando una mappa cartacea, spesso quella presa in ostello.
Quando torno in camera evidenzio le vie in cui sono passato per cercare così di non passare negli stessi posti e vedere il più possibile.
Uso dei punti di riferimento, luoghi che considero strategici per vari motivi.
A San Cristóbal ne ho individuato due: la Cattedrale e il mercato.
Catedral e Plaza 31 de marzo
Questa zona è diventata la mia base a San Cristóbal.
Appena arrivato qui, mi sono reso conto di essere davvero in Chiapas.
La cattedrale è in stile coloniale, molto diversa dalle classiche chiese cattoliche a cui sono abituato.
Attualmente purtroppo non si può accedere al suo interno perchè proseguono i lavori di ripristino dei danni causati dal terremoto del 2016.
E purtroppo non è una novità: iniziata nel 1528, fu terminata solo nel 1815 a causa di vari disastri naturali.
Nel 1816 e nel 1847 subì altri danni con conseguenti restauri.
La Piazza della Cattedrale è spesso affollata di residenti, viaggiatori, bancarelle e indigeni della città e dei paesi vicini, vestiti con i loro abiti tradizionali.
I bambini giocano, ma più spesso vagano per la città cercando di vendere braccialetti o altri oggetti artigianali.
Ed è proprio in questo contesto che ho vissuto uno di quegli episodi che insegnano che viaggiare apre la mente, insegna i veri valori della vita ed aiuta a crescere ed essere migliori.
Un caldo pomeriggio chiapaneco, ero seduto a pranzare in uno di quei tavolini all’ombra, guardando la vita scorrere lentamente davanti a me.
Mi si avvicina uno dei tanti bambini che riempiono le strade di San Cristóbal, per vendermi un braccialetto fatto da lui.
Sorrido e gli dico che se vuole gli offro il pranzo. Non se lo fa ripetere, si siede e ordina un panino e una coca cola.
Dopo poco arriva un altro bambino e quando vede un suo coetaneo, in quel momento più fortunato di lui, lo guarda con sana invidia fanciullesca e sembra che assapori quel panino e si rinfreschi con la coca cola.
Invito anche a lui a sedersi ma rifiuta perchè la mamma è seduta su una panchina poco distante e non vuole tradirla.
Gli dico che se lei vuole, a me fa piacere che venga.
Il bambino corre da lei e tornano al tavolo insieme. La fame probabilmente le ha fatto mettere da parte ogni titubanza.
Ordino una bistecca per tutti, grandi come forse non hanno mai mangiato in vita loro.
Ci prova, ma non sa usare le posate.
Evito subito che si imbarazzi e mangiamo tutti e quattro con le mani, con umiltà, con rispetto.
I bambini parlano anche lo spagnolo, la signora solo lingua indigena.
Chiacchieriamo un po’, i bambini traducono. E dove non arrivano le parole, ci si capisce con sguardi e sorrisi.
Poi ognuno va per la sua strada. Con gli stomaci pieni e con il cuore di più.
San Cristóbal per me sono le strade acciotolate piene di gente, il profumo del caffè chiapaneco, le culture che convivono e che si fondono anche nel cibo, le case colorate come gli abiti tradizionali, il caldo sole del mattino e il freddo che può diventare pungente di notte perchè qui, comunque, siamo a 2.200 metri di altitudine.
Iglesia del Cerrito (o San Cristobalito)
Sulla collina del Cerro San Cristóbal, si trova la Iglesia del Cerrito.
Raggiungibile da una particolare scala a zigzag, permette di vedere la città dall’alto.
Dalla parte opposta si trova il Cerro de Guadalupe, con la chiesa omonima affollata soprattutto il 12 dicembre, giorno appunto di Nostra Signora di Guadalupe.
Templo de Santo Domingo
Costruito nel XVII secolo in stile barocco chiapaneco, il tempio ed ex convento di Santo Domingo sorprende e impressiona per la sua facciata rosa.
Nelle sue strette vicinanze c’è il mercato cittadino, punto di ritrovo dei colectivos.
Auto, minivan o furgoni più o meno attrezzati (come nella foto sotto), collegano San Cristóbal con città e paesi vicini, rendendosi senza dubbio il mezzo perfetto per gli spostamenti a piccolo-medio raggio.
A seconda della destinazione, partiranno quando il mezzo è pieno oppure caricheranno persone nel tragitto.
Il prezzo varia a seconda della distanza ma sarà sempre economico e conveniente.
Al mercato è possibile trovare di tutto a prezzi bassissimi, dal cibo a vestiti e oggetti di artigianato da portare a casa.
Si può contrattare un po’ ma bisogna sempre chiedersi se qualche pesos risparmiato possa cambiarci la vita.
Quei pochi pesos in più possono invece permettere a qualcuno di sfamare la propria famiglia.
Perchè il Chiapas è meraviglioso, ma è anche lo Stato più povero del Messico.
https://www.cosmorevas.tk/wp-content/uploads/2019/09/9-Messico-San-Cristobal-de-las-Casas-4-e1587244086491.jpg400533cosmorevashttps://www.cosmorevas.tk/wp-content/uploads/2018/10/logo-trasparente-con-livelli-300x138.jpgcosmorevas2020-04-19 13:30:362021-01-09 13:31:15San Cristóbal de Las Casas: la città simbolo del Chiapas