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FESTA DI SAN FIRMINO:
LA CORSA DEI TORI A PAMPLONA

Tutti abbiamo sentito parlare della corsa dei tori a Pamplona durante la festa di San Fermin.

Ma in cosa consistono esattamente la festa e la corsa?
Ci sono stato 3 volte e credo di saperne abbastanza per chiarirti tutto e rispondere alle tue curiosità.

Euskal Herria - Iruña/Pamplona - San Firmin

PREMESSA

L’encierro è una corsa gratuita di 850 metri con 6 tori selvaggi e 6 vacche che guidano la mandria, che si celebra a Pamplona tutti i giorni dal 7 al 14 luglio di ogni anno, per la festa di San Firmin.
Il lancio di un razzo da l’avvio alla corsa alle 8 del mattino e la sua durata media è compresa tra i 2 e i 3 minuti.
Quando supera i 3 minuti, solitamente significa che i tori non sono più radunati ma corrono da soli e quindi il pericolo aumenta esponenzialmente.

Alla corsa possono partecipare, gratis e senza registrarsi, tutti i maggiori di 18 anni, pur rispettando delle regole che vedremo più avanti.

STORIA

Nascita dell’encierro

Secondo le fonti storiche, nell’anno 1385, sotto il regno di Carlos II de Navarra, a Pamplona si celebravano già le primitive corride.
In quell’epoca, i tori venivano condotti a piedi attraverso i campi fino in città e l’ultimo tratto di quel viaggio lo realizzavano di buon mattino, correndo per le vie aizzati dai pastori.
Dobbiamo quindi dedurre che almeno 600 anni fa esisteva a Pamplona un encierro embrionale, nato come accompagnamento dei tori per le vie della città sino all’arena.

Quegli encierros non avevano molto a che vedere con gli attuali. Un cavaliere al galoppo si collocava davanti per annunciare ai residenti l’arrivo dei tori, ed alcuni giovani correvano con la mandria contravvenendo agli ordini del concistoro, che ha sempre considerato l’encierro come una disubbidienza all’autorità. La corsa infatti era ufficialmente proibita, pur se permessa.

Nel Medioevo le vie venivano delimitate da coperte e carri, sinchè nel 1776 il comune decise di collocare una recinzione di legno di pino per impedire i frequenti casi di tori che scappavano per le vie della città.

Sino al 1843 l’encierro terminava a Plaza del Castillo, allestita temporaneamente come un’arena, e sino al 1856 i tori non correvano per la calle Estafeta.
In quei 13 anni, l’encierro ebbe quattro percorsi differenti, anche a causa della costruzione della ferrovia.
Questa inoltre avrebbe consentito il trasporto dei tori in vagoni ferroviari, escludendo il passaggio nelle campagne e il successivo encierro per le vie.
Il sostegno popolare all’encierro di Pamplona sconfisse il desiderio delle autorità di proibirlo definitivamente, spingendo il comune, nel 1867, a stabilire un regolamento che fissava ora e percorso, rendendolo così legale.

L’ultimo gran cambio del percorso dell’encierro avvenne nel 1922, quando l’inaugurazione dell’attuale arena obbligò i tori a svoltare a sinistra al termine della calle Estafeta, invece di farlo a destra come fatto fino allora.

Encierros da record

Anche se può sembrare strano, nessun encierro è uguale o simile ad un altro, date le infinite variabili create dai tori, dai corridori e dal meteo.

Ci sono state però alcune corse che si sono distinte.

L’8 luglio 1939 un toro chiamato “Liebrero” ruppe la recinzione causando numerosi feriti e venne ucciso dalla Guardia Civil.

Nel 1940 un toro ruppe la recinzione della zona di Telefónica e scappò dopo aver incornato una spettatrice.
Nel 1941, venne quindi aumentata la robustezza della recinzione, rendendola doppia: alla prima barriera se ne aggiunse un’altra, distanziata di due metri.

Gli encierros del 10 luglio 1947 e del 13 luglio 1980 sono stati gli unici in cui uno stesso toro uccise 2 persone.
Furono “Semillero” e “Antioquio”.

L’encierro più lungo avvenne nel 1959 e durò circa mezzora.
Un toro nell’arena non voleva entrare nella stalla, sinchè un piccolo pastore tedesco riuscì nell’intento e fu acclamato da tutto il pubblico.

Il 12 luglio 1988 un toro percorse tutta la strada di Santo Domingo al contrario, tornando alla porta della stalla.

Il 9 luglio del 1994 ci fu il maggior numero di feriti, pur se non gravi: 107.

Il toro più veloce di Pamplona è stato “Huraño”, che l’11 luglio del 1997 ci mise solo 1 minuto e 45 secondi.

Nel 2003 un toro ha incornato in meno di 20 metri di strada un padre e suo figlio.

 

 

Euskal Herria - Iruña/Pamplona - San Firmin

 

PERCORSO

Il percorso dell’encierro di Pamplona, lungo 850 metri, scorre per le tortuose stradine del centro storico della città.
La complessità urbanistica di questa zona di Pamplona, frutto di secoli di diverse edificazioni, rende il tragitto della corsa talmente vario e spettacolare che sembra disegnato apposta per l’encierro.
Si corre infatti tra porte medievali, ripide salite, doppie curve ad angolo retto, strette ed ombrose viuzze, veloci discese ed entra nell’arena passando sotto una galleria delle gradinate.

Poco prima dell’inizio dell’encierro, i corridori vanno vicino alla partenza, dove c’è una piccola statua di San Fermin, e si affidano a lui con il canto, prima in spagnolo e poi in basco:
“a San Fermín pedimos, por ser nuestro patrón, nos guíe en el encierro dándonos su bendición.

Entzun arren San Fermín, zu zaitugu patroi, zuzendu gure oinarrak, entzierru hontan otoi.

Viva San Fermín. Gora San Fermín”.

Poi alle 8 in punto un primo razzo da l’avvio alla corsa.

Santo Domingo

I tori escono da un recinto situato in un antico bastione delle mura (un secondo razzo segnala che tutti i tori si trovano nel percorso) e, riposati, raggiungono la velocità più elevata di tutto il tragitto nella salita di Santo Domingo: 280 metri tra pareti di pietra al 10% di dislivello.

San Fermin Pamplona - Santo Domingo

Plaza del Ayuntamiento – Mercaderes

Il secondo tratto dell’encierro è piano e misura 100 metri di lunghezza per 9 di larghezza media.
La mandria dei tori è ancora molto veloce, costeggia il palazzo del comune e imbocca una leggera curva a sinistra all’inizio della calle Mercaderes.


Estafeta

Tratto complicato della corsa: 300 metri all’ombra e con una leggera salita del 2%.
C’è una curva di 90° a destra che, a causa della forza centrifuga, determina spesso l’urto dei tori contro la recinzione esterna, il caos e la conseguente separazione della mandria.
I corridori qui devono stare molto attenti ed evitare il lato sinistro.
È facile che i tori si separino alla curva Mercaderes ed è impossibile gestirli per tutta la calle Estafeta.
Qualche toro ti supererà e dovrai spostarti da un lato in modo pulito e senza danneggiare gli altri corridori.
Stai attento alle corna del toro che ti supera e a quello che potrebbe essere dietro di te.


Telefónica

L’ultimo tratto dell’encierro è il più luminoso e l’unico in leggera discesa.
Nei 90 metri del tratto Telefónica i tori sono stanchi e corrono più lentamente rispetto all’inizio del percorso, ma spesso sono soli e attraversano una zona priva di edificazioni, con recinzioni su entrambi i lati del percorso.
Il pericolo aumenta anche per la presenza di corridori inesperti, che non seguono le accellerazioni dei tori.
Si creano quindi situazioni molto pericolose e infatti le statistiche degli incidenti sono particolarmente elevate.


Callejón

I 9 metri di larghezza all’inizio della Telefónica si restringono ad imbuto fino ai 3 metri del Callejón (vicolo) di 30 metri che passa sotto le gradinate, sino all’interno dell’arena.
Il pericolo principale è la formazione di un blocco tra le persone che cercano di entrare e la mandia, che solitamente non ha difficoltà a travolgere tutti e farsi strada.

In caso di caduta, il corridore dovrebbe fuggire rotolando lateralmente, evitando di essere calpestato e soprattutto non alzandosi, per non farsi travolgere dalla folla o incornare dai tori in corsa.
È consigliabile non entrare nell’arena dietro la mandria perché spesso i tori si girano e i corridori rimangono bloccati tra il toro e il cancello.


Plaza de Toros

Quando tutti gli animali entrano nell’arena, il cancello viene chiuso per sicurezza e un terzo razzo avvisa che nessun toro è rimasto nella strada.

Una volta entrati nell’arena, facendo attenzione al cambio di pavimentazione dai ciottoli alla sabbia, è importante aprirsi subito a ventaglio, andando a sinistra o destra verso le barriere.
Così si aiuta il toro ad andare dritto verso il recinto, eventualmente guidato dai dobladores, vestiti di verde e con il drappo trascinato per terra.

L’ingresso dell’ultimo toro nel recinto, con quarto e ultimo razzo, segna il termine dell’encierro giornaliero.

 

PROTAGONISTI DELL’ENCIERRO

Tori

Nell’antichità classica, il toro è sempre stato considerato un animale che incarnava le caratteristiche degli dei: grandezza, forza, coraggio e nobiltà.
L’uomo, cercando di essere simile, sfida i tori da millenni, dalla Grecia sino a Creta, passando per l’Anatolia.
L’encierro di Pamplona non è altro che una locale manifestazione moderna di sfida alla morte, rappresentata dal toro.

I tori selvaggi si allevano in grandi aree di Andalusia, Estremadura e Salamanca, ma esistono alcuni allevamenti anche nella provincia di Madrid, Navarra, La Rioja e Aragona.
Ogni toro allevato necessita di un ettaro e mezzo di terreno, e ogni chilo di animale adulto comporta il consumo di 60 chili di erba o 15 di fieno.
I tori che corrono a Pamplona pesano tra i 600 e i 700 chili, sono scelti tra i migliori per dimensioni, gagliardia, corna e fierezza.
Nonostante la sua apparenza torpida, è un animale molto forte, agile e veloce.

Corridori

Nell’encierro esistono molti elementi e persone che aiutano nell’organizzazione dello stesso o che hanno come scopo quello di aumentarne la sicurezza, però i protagonisti della corsa sono solo due: i corridori e i tori.
Senza di loro l’encierro sarebbe impossibile, senza tutti gli altri sarebbe più insicuro ma potrebbe essere realizzato.

Per partecipare alla corsa non bisogna nè pagare nè registrarsi, basta essere nel percorso dell’encierro entro le 07.30.

Si calcola che nei giorni feriali corrano circa 2.500 persone, 4.000 nei fine settimana.
Ciò nonostante, non tutti possono essere considerati corridori, poiché più di 1.000 entrano nel recinto a centinaia di metri di distanza dai tori, altri 500 corrono vicino alla mandria però quando i tori sono a circa cinque metri di distanza si spostano ai lati e si fermano.
Il resto corre in prima fila, sentendo il fiato dei tori alle spalle, scambiandosi fra di loro in tratti di circa 40-50 metri e con delle corse che, davanti al muso del toro, non durano più di 8-12 secondi.

Il 70% dei partecipanti ha tra i 20 e i 35 anni, il 10% circa meno di 20 anni, e il 20% restante più di 35, con alcuni veterani cinquantenni o sessantenni.
Più o meno il 40% sono di Pamplona o della Navarra, il 30% Spagnoli e il resto stranieri.

La corsa reale dura all’incirca due minuti e mezzo, e nessuno, anche se si tratta di un vero sportivo, può percorrere tutti gli 850 metri vicino ai tori a causa della confusione generata da spinte in corsa, corridori più lenti da schivare, persone cadute per terra da saltare e, naturalmente, animali da sorvegliare continuamente.


Pastori

I pastori sono da sempre presenti nell’encierro poiché nel Medioevo, quando non c’erano ancora i corridori, erano loro a condurre il bestiame a piedi per le campagne e per le vie di Pamplona.

Attualmente ci sono tra otto e dieci pastori nell’encierro, individuabili dall’uniforme verde identificativa e da una verga in mano.
Ad ognuno di loro viene assegnato un tratto e si intercambiano ogni 100 metri circa. Il loro compito è impedire che la mandria si sparpagli e che i tori tornino indietro.

I pastori sono esperti nel gestire il bestiame non addomesticato ma quasi nessuno lavora nell’allevamento o nella tauromachia.


Dobladores

La figura dei dobladores nacque negli anni 30 per garantire maggior sicurezza al termine dell’encierro.

Attualmente ci sono quattro dobladores nell’arena pamplonese, spesso ex-toreri professionisti o con grande esperienza negli encierros pamplonesi.

I dobladores hanno l’incarico di trascinare un drappo rosso sulla sabbia per aiutare il toro disorientato a raggiungere il recinto, evitando di mettere a rischio i molti presenti nell’arena negli istanti finali della corsa.


Lavoratori

Tralasciando i corridori e gli spettatori, per l’encierro di Pamplona lavorano circa 650 persone, a dimostrare l’importanza organizzativa.

150 poliziotti municipali e provinciali si occupano di sgomberare il percorso dalle persone che non sono corridori ma che popolano le vie dopo la notte di baldoria, contengono i corridori alla partenza all’inizio della salita di Santo Domingo e fanno rispettare la normativa municipale in materia di encierros.

Coordinati da SOS Navarra, 200 membri della Croce Rossa e della DYA (Assistenza medica) si occupano dell’assistenza sanitaria dei feriti lievi e del trasferimento in ospedale di quelli più gravi.
Ci sono sia 15 postazioni lungo il percorso, sia 15 ambulanze medicalizzate.
Nell’arena ci sono due sale operatorie pronte, così come nei due ospedali pubblici di Pamplona.

San Fermin Pamplona - carpentieri

Un lavoro fondamentale lo svolgono anche i 40 falegnami e carpentieri che montano e smontano quotidianamente le recinzioni.
Installate ai due lati delle vie e negli spazi non edificati, sono composte da circa 13.000 pezzi tra viti, rondelle, cunei e, soprattutto, 900 pali verticali e 2.700 tavole orizzontali.
Sono segnate con lettere e numeri affinché ogni pezzo sia collocato anno dopo anno nello stesso posto.
In certi tratti del percorso le barriere sono fisse, vengono installate verso la fine di giugno e rimangono sino all’ultimo giorno della festa di San Fermín.
In altri tratti, dove passano i veicoli, vengono montati e smontati ogni giorno.

 

San Fermin Pamplona - recinzione

Tutte le tavole orizzontali e i pali verticali, che si ancorano al suolo in fori di 40 centimetri di profondità, sono rinforzate con coperture metalliche per reggere i possibili urti dei tori.

Inoltre, ci sono 12 porte, anch’esse rinforzate, che si chiudono al passaggio della mandria, per impedire ai tori di ritornare da dove sono venuti.

San Fermin Pamplona - falegnami recinzione

Gli operai addetti alla pulizia delle strade, lavorano sia negli 850 metri dell’encierro poco prima della corsa, che più volte in tutta la città, data l’enorme quantità di rifiuti che si producono.

San Fermin Pamplona - rifiuti

Per finire, almeno 200 sono i professionisti accreditati per stampa, radio, internet, televisione, riviste, fotografi, cronisti e tecnici televisivi, nazionali ed internazionali.

San Fermin Pamplona - fotografi


COME E DOVE VEDERE L’ENCIERRO

L’encierro di Pamplona è uno degli spettacoli pubblici di maggior fama internazionale, però uno di quelli più difficili da vedere di persona.
Questo perchè la corsa non avviene in un recinto chiuso, ma per le vie di una città caotica in festa.

Pertanto, per vivere l’emozione della corsa è necessario arrivare con qualche ora di anticipo e piazzarsi sul muraglione vicino alla partenza o dietro le poche recinzioni che fiancheggiano il percorso.
Solo così si ha qualche speranza di essere tra le circa 1.500 persone che vedranno i tori da vicino, pur se per un piccolo tratto di pochi metri di strada.
Non si può stare tra le due recinzioni, in quanto quello è lo spazio riservato alle persone che corrono, al personale sanitario e ai media accreditati.

Senza dubbio, un punto di vista privilegiato è un balcone: da lì infatti si può vedere un tratto di 100/200 metri di percorso e non è necessario arrivare con ore di anticipo.
Il problema è che, se non si è familiari o parenti dei proprietari delle case lungo il percorso, si può salire sul balcone solo pagando uno dei posti che viene messo in affitto ad un prezzo dai 100 euro in su per persona al giorno.

L’arena ha una capienza di 20.000 spettatori però è necessario acquistare il biglietto in anticipo.
Inoltre non si vede l’encierro ma solo la parte finale, con l’ingresso dei tori e i corridori che si aprono a ventaglio.

Ultima comoda possibilità se non ci si vuole muovere nella fredda notte pamplonese, è guardare la corsa dalla televisione o dagli schermi giganti installati per strada, come fanno milioni di spagnoli e spettatori internazionali nelle varie piattaforme disponibili.

San Fermin Pamplona - spettatori recinzione

PAMPLONA NEI GIORNI DI SAN FERMIN

 

San Fermin Pamplona - lancio dalla fontana

Prima di vivere questi giorni pamplonesi, si pensa che la festa di San Fermín sia solo la corsa dei tori.
Niente di più sbagliato.
Abbiamo infatti visto che la corsa in sè non dura neanche 3 minuti. Poi ci sono altre 23 ore e 57 minuti…


La processione del Santo

 

Euskal Herria - Iruña/Pamplona - San Firmin

Secondo la tradizione, il senatore romano Firmo e la sua famiglia si convertirono al cristianesimo per influenza del presbitero Honesto, che realizzò la sua opera evangelica nella Pamplona romana del secolo III.
Suo figlio Fermín fu battezzato da San Saturnino, ordinato sacerdote a Tolosa e ritornò a Pamplona vescovo.
Trascorse i suoi ultimi giorni ad Amiens, dove fece convertire più di 3000 persone prima di essere incarcerato e decapitato il 25 settembre 303.

Nel 1386 il re di Navarra Carlos II lasciò nella Chiesa di San Lorenzo una reliquia del santo recuperata ad Amiens e da allora si celebra la processione.
Inizialmente il santo usciva il 10 ottobre, data del suo arrivo ad Amiens, ma dal 1591 la data è stata spostata al 7 luglio per far coincidere la festa religiosa con le feste in suo onore che si celebravano tra il giorno di San Pietro e il 18 luglio.

Il busto portato in processione è una scultura di legno della fine del secolo XV, ricoperto d’argento nel 1687, e sul petto porta un reliquiario, anch’esso d’argento.

San Fermín è patrono della diocesi di Pamplona e, insieme a San Francisco Javier, patrono della Navarra, oltre che delle confraternite di vinai e panettieri.

Il culto di San Fermín è radicato tra i Pamplonesi e il Santo viene invocato durante il chupinazo, poco prima di ogni encierro, più volte durante il giorno e nei lamenti del “Pobre de mí”, al termine della festa.
È una tradizione che si trasmette da generazione in generazione.

La processione di San Fermín si celebra la mattina del 7 luglio ed è un atto imprescindibile per molti Pamplonesi, dunque anche per gli stranieri un appuntamento obbligato per conoscere la festa in tutta la sua solennità.
Dopo una processione dalla Cattedrale alla Chiesa di San Lorenzo, la statua del Santo attraverserà la città, avvolta dalla devozione dei Pamplonesi e di chi renderà unici i giorni successivi: clero, maschere, confraternite, bande musicali, ballerini e autorità. Ovviamente tutti vestiti di gala e con abiti tradizionali, sempre comunque con camicia, pantaloni o gonna bianchi, fascia e fazzoletto rossi.
I consiglieri comunali indossano un cappello a cilindro, guanti e medaglia con lo stemma della città.

Durante la mattina ci sono molti momenti emotivi tra preghiere, canti, balli e sfilate, accompagnate da La Pamplonesa, la banda musicale cittadina, ma anche spontanee.

La sfilata delle maschere

 

Euskal Herria - Iruña/Pamplona - San Firmin - Gigantes y Cabezudos

La sfilata delle 25 maschere di Giganti e Cabezudos (Teste giganti), accompagnata dalla musica dei Gaiteros (zampognari), è diventata negli anni uno dei simboli della festa di San Fermín.

Queste figure sono sempre state presenti nelle celebrazioni importanti di Pamplona dal secolo XVI.
Nel 1800 si perse questa tradizione, recuperata un secolo più tardi grazie ai sei giganti conservati nella Cattedrale di Pamplona.
Le sculture di cartapesta che attualmente raffigurano i giganti vennero create da Tadeo Amorena nel 1860, su incarico del comune di Pamplona.

Il ballerino carica sulle spalle la figura, che pesa circa 60 chili e arriva a musurare sino a 4,20 metri di altezza.

San Fermin Pamplona - maschere

La sfilata inizia tutte le mattine dalla stazione delle corriere verso le ore 9.30, tranne il 6 alle 16.30.
L’itinerario percorre le vie del centro storico ma varia ogni giorno.

In testa al corteo ci sono 5 Cabezudos, enormi teste con facce serie raffiguranti l’autorità.
Sono conosciuti come il Sindaco, il Consigliere comunale, la Nonna e coppia di Giapponesi.
Camminano con andatura solenne e danno la mano a tutti i bambini che lo chiedono.

Le 4 coppie di Giganti rappresentano invece un re ed una regina di ciascun Continente: America, Africa, Europa e Asia (quando sono nati, non si conosceva ancora l’Oceania).

San Fermin Pamplona - maschere

I Kilikis hanno facce scontrose, il cappello e un palo di plastica con cui colpiscono i bambini.
Si chiamano Barbas, Caravinagre, Coletas, Napoleón, Patata e Verrugas.

I Zaldikos simulano dei cavalieri a cavallo armati con le loro verghe girovagano i ragazzi che incontrano nel loro cammino.

Il 14 luglio ha luogo l’ultimo ballo nella stazione delle corriere, in un momento molto emotivo chiamato la Despedida de los Gigantes (il congedo dei giganti).


Encierro dei bambini

 

San Fermin Pamplona - encierro dei bambini

Alle 22.00 i bambini possono partecipare all’encierro riservato a loro, che dura circa mezzora.
Un toro di cartone e legno, caricato sulle spalle di un ragazzo, parte da Plaza de Santiago con torce e fuochi artificiali di diversi colori su corna e lombi, inseguendo i tantissimi bambini pronti a sfidarlo.
Avvolto in uno spettacolo di luci e rilasciando diversi petardi, corre per le vie del centro storico sino all’esaurimento del carico a metà della calle Estafeta.
Qui avviene il cambio con un altro ragazzo, che si carica sulle spalle gli oltre 30 chili di struttura taurina con fuochi artificiali e petardi, e riprende la sua corsa sino a Telefónica.

San Fermin Pamplona - encierro dei bambini


Luna Park

È noto come “Las Barracas” e viene installato in una grande zona verde della Ciudadela.
Aperto 24 ore al giorno, offre le classiche attrazioni per bambini e non solo: bersagli, giostre, autoscontri, ruote ecc.
Ovviamente con presenza di bar, frittelle, dolci e altri cibi da strada.

Fuochi d’artificio

Tutte le sere alle ore 23.00 e per circa mezzora, le migliori case pirotecniche europee offrono una spettacolare esibizione di fuochi d’artificio dai fossati delle mura della Ciudadela, sfidandosi in un concorso internazionale.

Il posto migliore da cui vederla è il parco vicino alla stazione degli autobus che circonda la zona della Vuelta del Castillo, ma può comunque essere vista da diversi punti della città, come le vie limitrofe a Avenida del Esercito, Plaza de los Fueros, Paseo de Sarasate e Plaza de la Paz.

Musica

Il giornale “El Eco de Navarra” propose che una banda musicale percorresse le vie della città un’ora prima dell’encierro per svegliare tutti, e il comune accettò l’idea.
All’alba del 7 luglio 1876, la banda della Casa de la Misericordia sfilò suonando le prime dianas sanfermineras.

Da allora le vie della città sono animate da più bande musicali e la festa di San Fermín sarebbe impensabile senza la musica che la anima.

In ogni momento delle feste, la musica invade le vie della città, divenendo essa stessa un’attrazione.
La programmazione ufficiale contiene un’infinita offerta di concerti e feste per tutti gli stili, nelle diverse zone della città.

Le canzoni tradizionali basche si fondono a ballate internazionali, musica classica, ritmi compassati delle bande musicali, disco music dai pub, zampognari, concerti all’aperto di gruppi pop, jazz, rock, balli tradizionali intervallati da salsa o merengue, modernità e folclore, serietà e follia sfrenata.

Imprescindibile è la musica delle varie peñas, che attraversano le vie del centro storico con tamburi, trombe, tromboni, fischietti, grancassa, piatti, sassofoni, cantando canzoni allegre ed orecchiabili che diventano velocemente popolari per tutti i presenti.
Alternandosi nel percorrere le vie della città, creano un’interminabile baldoria ogni istante della festa.

All’interno dell’arena suonano invece ognuno per conto proprio e il risultato è quindi confuso e dispersivo.

 

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El Pobre de mí: la fine della festa

Il 14 luglio, lì dove tutto era iniziato il 6 luglio, ci si riunisce davanti al palazzo del Comune e a mezzanotte il sindaco annuncia la fine della festa, dando appuntamento all’anno seguente.
Una marea di candele accese e fazzoletti rossi si muovono malinconicamente intonando la canzone che da il nome a quest’ultimo atto: “Pobre de mí, pobre de mi, que se han acabao las fiestas de San Fermín” (povero me, povero me, sono finite le feste di San Fermín).

Il “Pobre de mí” è l’altra faccia della medaglia del Chupinazo: il buio dopo la luce, la tristezza dopo l’allegria, ma anche la stanchezza accumulata dopo giorni di folle divertimento.
Da questo momento si dovrà tornare alla vita di tutti i giorni. Molti continueranno ancora per alcune ore nella bolgia prima di togliersi il fazzoletto rosso.

L’ORIGINE DELL’ABBIGLIAMENTO

Solitamente si dice che l’abito non fa il monaco, ma certe volte la festa fa l’abito.
Tradizionalmente nella festa di Pamplona ci si veste di bianco (maglietta, camicia, pantaloni o gonna), fascia in vita e fazzoletto al collo di colore rosso.
Ovviamente non è un obbligo e ognuno si veste come vuole, ma vestirsi diversamente renderebbe pesci fuor d’acqua, dato che quasi tutti indossano questa “uniforme”.
Il consiglio è quindi di vestirsi così e immergersi totalmente nella tradizione (ovviamente tanti negozi e bancarelle vendono la divisa a prezzi accettabili).

Non si sa esattamente perchè nè chi adottò questo abbigliamento però è ormai un simbolo integrante della festa. Tutti lo indossano creando maree umane bianco rosse.

Ci sono comunque varie teorie su quest’usanza popolare.

Alcuni indicano come inventori i soci della Peña La Veleta.
Fondata nel 1931 da gente di umili origini e della classe operaia, cercavano un’uniforme che li identificasse e distinguesse da altre associazioni.
Una veste bianca era facile da ottenere, poco costosa e, associata al rosso, molto appariscente.

In ogni caso, diventa un abbigliamento comune tra la gente che partecipa ai festeggiamenti all’incirca dal 1960.

Oltre il vestito bianco, ricoprono pari importanza altri due accessori:

Il fazzoletto rosso si annoda al collo dopo il lancio del chupinazo e si toglie dopo il “Pobre de mí”.
Anche sul suo significato non esiste una versione univoca: si va dal sangue di San Fermín martirizzato, alla bandiera della Navarra.
Molti fazzoletti hanno ricamata la figura di San Fermín, altri lo stemma del gruppo al quale appartengono o la bandiera di Navarra, Pamplona o Paesi Baschi.

Anche la fascia che avvolge la vita è rossa. Di solito termina con le frange ai lati e talvolta con ricami come il fazzoletto.

Per completare la divisa ufficiale, la tradizione indica sandali bianchi di canapa con nastri rossi ma la comodità ha ormai sdoganato le scarpe da tennis. Bisogna comunque avere scarpe chiuse e resistenti, sia per non scivolare che perchè si può trovare vetro rotto (e non solo) nelle strade.

Infine, quando l’aria diventa più fresca, si indossa una giacca o un capo di colore rosso.

INFORMAZIONI UTILI

Normativa

Nei giorni di festa, Pamplona ha nomea di essere una città senza legge ma non è affatto così, anzi.
Dall’arrivo in città i controlli, anche con i cani antidroga, sono molto stringenti e non viene tollerato nessun oltrepasso del limite.
Gli interventi sono fulminei, dal nulla.
Questo però permette a tutti, dai bambini piccoli agli anziani, di girare da soli senza problemi, a qualunque ora del giorno e della notte.

Anche l’encierro in sè è regolamentato da una serie di norme e usanze imposte dalla tradizione secolare. Inoltre, esiste un bando municipale del Comune di Pamplona ed una legge navarrese sugli spettacoli taurini che, se infranta, porta a pesanti multe.
Tra le varie cose, è vietato:
– partecipare alla corsa ai minori di 18 anni,
– lasciare aperte le porte di case e locali commerciali,
– correre sotto effetti di alcool o droga,
– usare macchine fotografiche e simili, calzature o indumenti inappropriati per la corsa, oggetti voluminosi che limitino i movimenti o che ostacolino gli altri partecipanti,
– afferrare, colpire, incitare i tori o attirare la loro attenzione.
Si deve aiutare affinché la mandria corra nel senso corretto dell’encierro e che la corsa duri il meno possibile.

Euskal Herria - Iruña/Pamplona - San Firmin - Encierro

Consigli

 

San Fermin Pamplona - corridori in attesa

Per partecipare nell’encierro con qualche “garanzia” di successo, è necessario seguire una serie di raccomandazioni dettate dall’esperienza dei corridori più veterani, coloro che hanno percorso decine di encierri:
– dormi prima della corsa, anche se solo poche ore, e non correre mai come conclusione di una notte di baldoria,
– non indossare mocassini, sandali, scarpe con tacco o ciabatte,
– usa ancora più precauzione con la strada bagnata: i tori scivolano, ma tu farai lo stesso,
– non correre senza guardare dietro: nell’encierro il rischio è dietro, non davanti.
– non sopravvalutare la tua forma fisica: i tori corrono più di te, controllali o ti travolgeranno,
– abbi la massima precauzione quando lasci la strada: la maggior parte delle cornate colpiscono persone ferme o cadute,
– nei momenti di difficoltà non cercare di salire sulla recinzione ma stenditi per terra e ruota verso i lati,
– entra nel percorso solo se sei convinto di partecipare e corri davvero: stando fermo da un lato rischieresti di essere ferito gravemente dai tori, dai corridori, o di creare pericolo per tutti,
– ricordati che puoi morire: il rischio è molto basso ma metti in conto che partecipando alla corsa potresti morire o rimanere ferito gravemente.

Pericoli

 

Euskal Herria - Iruña/Pamplona - San Firmin - Encierro

La corsa dei tori di Pamplona è conosciuta in tutto il mondo e ci sono due tipi di persone che la fanno: chi arriva preparato a quello che farà e chi decide di farla all’ultimo momento.

L’obiettivo è iniziare a correre lentamente, poi a tutta velocità prima dell’arrivo dei tori, stare davanti a loro più o meno vicini a seconda della voglia di rischiare la pelle, e allontanarsi in modo netto dalla loro traiettoria, cercando soprattutto di non incrociare o mettere in pericolo gli altri corridori.

Uno degli aspetti principali dell’encierro pamplonese è la sua pericolosità intrinseca: correre con i tori implica un enorme rischio potenziale.
Sono 14 i ragazzi deceduti, dodici a causa di cornate, gli altri da colpi o schiacciamento.
11 di essi sono stati feriti mortalmente quando erano fermi o caduti.
I morti sono avvenuti su tutti i tratti della corsa: 2 a Santo Domingo, 2 nella Plaza del Ayuntamiento, 1 in quella di Mercaderes, 1 nella Estafeta, 4 nella zona Telefónica ed altri 4 nell’arena.

Oltre i morti però bisogna considerare anche l’alto numero di feriti.
Si calcola che 1 partecipante ogni 70 termina la corsa con ferite lievi come contusioni, erosioni, distorsioni, ecc; 1 ogni 800 viene trasferito in ospedale per traumi gravi, 1 ogni 2.500 viene incornato e 1 ogni 100.000 muore.

Come arrivare

 

San Fermin Pamplona - mura stazione

L’aeroporto di Pamplona ha collegamenti regolari con Madrid e Barcellona.
Altri aeroporti vicini sono Bilbao, San Sebastian, Saragozza e Biarritz.

La stazione ferroviaria è abbastanza vicina al centro e ha linee regolari verso tutte le principali città.

La stazione dei pullman è situata presso il Parque de la Ciudadela e anche in questo caso i collegamenti sono numerosi e frequenti.

Coloro che decidono di usare la macchina, devono considerare soprattutto il costo dei parcheggi. Bisogna inoltre pagare in anticipo, altrimenti si aggiungerà la multa e il recupero della macchina portata via dalla polizia.

Dove dormire

Pamplona moltiplica i suoi abitanti in questi giorni di luglio e gli alloggi si riempiono velocemente.
Al di là della data di prenotazione, i costi di alberghi e b&b nei giorni di festa raggiungono cifre altissime: sarà difficile spendere meno di 200,00 euro a notte a testa.
Un letto in una camerata condivisa in ostello costa poco meno della metà.

San Fermin Pamplona - balconi

Cifre simili si trovano anche nei paesi entro un raggio di circa 30 chilometri, ai quali va aggiunto però il costo dello spostamento.

Se invece vuoi risparmiare, potrai praticamente dormire ovunque.
Non è vietato dormire in strada o nei giardini ma non puoi accamparti. Però attrezzati per la notte, le temperature possono raggiungere i 15°, con uno sbalzo termico notevole, e può piovere.

San Fermin Pamplona - dove dormire


Deposito bagagli

Se non si ha un alloggio, è opportuno per sicurezza e comodità lasciare il bagaglio in un deposito.
Ci sono due posti pubblici dove lasciare i bagagli (nel 2022 solo uno):
– Scuola Pubblica di San Francesco (chiusa nel 2022): aperta 24 ore su 24 dal 4 al 16 luglio, si trova in pieno centro e, oltre al deposito bagagli, è anche un centro di informazioni turistiche multilingua e dispone di camerini per cambiarsi.

Il costo è di 4,50 euro ogni 24 ore, chiederanno una copia del documento di identità e lasceranno un biglietto da riconsegnare per ritirare il bagaglio.

– Stazione degli autobus: al piano inferiore, nel piazzale dove partono gli autobus, c’è sia un deposito bagagli servito che alcuni armadietti automatici.
Il costo è sempre di 4,50 euro ma dalle 06.00 alle 22.00.
Negli altri orari la stazione degli autobus è chiusa e inaccessibile.

Cosa mangiare

 

Euskal Herria - Iruña/Pamplona - San Firmin

Trascorrere tempo a bere e mangiare piatti tradizionali baschi o diversi tipi di pintxos, condividendo il tavolo con estranei, è parte sostanziale della festa.
Nella Navarra, qualsiasi avvenimento sociale include un momento gastronomico come parte indispensabile della celebrazione.

Hai una quantità infinita di luoghi dove mangiare, divertiti a provare cose diverse.

Oggetti smarriti

L’ufficio degli oggetti smarriti è all’interno del commissariato di polizia municipale.
Se trovi qualcosa puoi portarlo lì o consegnarlo ai numerosi agenti o collaboratori della protezione civile sempre presenti in giro.

Docce

L’organizzazione della festa di San Fermin non poteva certo tralasciare la doccia.
Oltre i bagni pubblici, c’è anche il posto dove lavarsi: la Casa de Baños y lavandería Pública, in calle Hilarión Eslava 9.

Con 4 euro (nel 2022, i prezzi possono cambiare ogni anno) si ha a disposizione uno spogliatoio singolo con doccia, asciugamano, shampoo e bagnoschiuma.

È inoltre comune andare nella Piscinas de Aranzadi, la piscina pubblica vicina al Casco Viejo.

L’IMPORTANZA DELLE ESPERIENZE

Ognuno di noi è frutto delle proprie esperienze e questo è ancor più vero nel caso di un viaggiatore o di una viaggiatrice che gira il mondo per entrare in contatto con popolazioni, culture e tradizioni molto diverse da quelle in cui siamo nati.
Viaggiando con occhi, testa e cuore aperto, possiamo soltanto imparare e migliorare.
In questo caso però, parlo di esperienze riferendomi al fatto che visitando tanti luoghi in giro per il mondo, abbiamo anche vari parametri di confronto.

 

mappa nord viaggi cosmorevas 04-05-2024

Visitare un luogo prima di un altro influenza la percezione di bellezza e meraviglia.
Si dovrebbe forse andare in crescendo ma non sempre questo è possibile.
D’altronde non si può dire che una meta ci piaccia più di un’altra senza averla vista di persona…

Un altro parametro di confronto (magari non per tutti, ma per me e tanti altri si) è la cifra che si spende.
Alcune persone con cui ho parlato, sono state a Machu Picchu in viaggio di nozze.
Questo è un fattore determinante se si parla di spesa: un conto è avere il viaggio totalmente pagato, un altro conto è andare autonomamente cercando di spendere il meno possibile, o comunque ciò che si ritiene “il giusto”.

BELLO MA…

Questa anticipazione era necessaria per capire i motivi per cui mi viene sempre un po’ difficile parlare di Machu Picchu, il luogo che più di tutti mi ha lasciato un profondo senso di delusione.

Dovrei forse pensare in modo oggettivo, immaginando di essere andato a Machu Picchu senza spendere niente e senza aver visto in precedenza altre meraviglie del mondo (ufficiali o soggettivamente considerate tali), ma il web è pieno di racconti simili.
Io racconto solo ciò che ho visto e le emozioni che ho provato. Nè giuste nè sbagliate ma reali e sincere.

Le mie esperienze precedenti pesano tanto sulle considerazioni seguenti.
Il Peru non è il primo viaggio che ho fatto e aver visto prima le città Maya (Palenque e Yaxchilan), la città Azteca di Teotihuacan e i templi di Angkor, mi fa inevitabilmente meravigliare poco davanti a Machu Picchu.

Bello ma… sono stato a… qui invece…

 

statue e cartello Benvenuti a Machu Picchu - paese di Aguas Calientes - Peru

 

Altro fattore che mi fa considerare in maniera totalmente negativa la visita al sito di Machu Picchu (in questo caso quindi non mi riferisco al sito in sè ma al suo contorno) è la cifra assurda e folle che si è costretti a pagare.
Tante volte mi sono chiesto se avessi sbagliato qualcosa ma credo che avrei potuto risparmiare poco, e solamente in cambio di un enorme sforzo fisico (fattibile, ma dovevo anche considerare che questa era la parte finale del mio viaggio di un mese in Cile, Argentina, Bolivia e Peru, con uno sbalzo termico di 70°C e un dislivello di circa 6.000 metri).

Tra poco spiegherò tutti i dettagli ma anticipo che andare a Machu Picchu comporta in media una spesa di circa 450,00 euro.

Bello ma… lì ho speso… qui invece…

 

STORIA

Machu Picchu, in lingua nativa quechua Machu Pikchu, “vecchia montagna”, è la montagna alta 3.082 metri in cui gli Inca costruirono la città.
Nel corso degli anni, il nome venne associato anche al sito archeologico.
Patrimonio dell’umanità e una delle sette meraviglie del mondo moderno, è conosciuto universalmente per la sua scenografica posizione, incastonato tra le vette della valle del fiume Urubamba.

 

Peru - panorama di Machu Picchu dal sito archeologico

 

La città, o forse solo residenza estiva dell’imperatore e della nobiltà Inca, dovrebbe essere stata costruita intorno all’anno 1440 e abitata sino alla conquista spagnola del 1532 da una popolazione permanente di circa 300 persone, con un picco di 1.000 quando andava l’imperatore.
In seguito, non venne mai abbandonata o dimenticata, ma occasionalmente abitata da pochi indigeni che sfruttavano le terrazze agricole e i complessi canali idrici.

Il 24 luglio 1911 lo storico statunitense Hiram Bingham arrivò in cima alla montagna e restò impressionato da ciò che vide.

 

Peru - panorama dall'alto della Montagna Machu Picchu

 

Capendo subito l’importanza storica di quelle rovine, portò avanti scavi e pubblicazioni internazionali, con l’appoggio del governo peruviano, dell’Università di Yale e della National Geographic.

In pochi anni Machu Picchu diventò la principale meta turistica del Peru.

 

COME ARRIVARE

Cusco

La prima tappa fondamentale è arrivare nella città di Cusco.
Ci sono almeno due modi, in base alla provenienza e al tempo a disposizione.
L’aeroporto di Cusco è collegato alla capitale Lima con numerosi voli giornalieri e i prezzi sono molto bassi. Può essere la soluzione migliore se hai giorni limitati e arrivi a Lima con voli internazionali (dall’Europa oppure, solitamente, da Città del Messico, Santiago del Cile, Bogotà o Buenos Aires).

Altrimenti puoi arrivare a Cusco in autobus. Questo te lo consiglio se arrivi da sud (per esempio Nasca o Arequipa) oppure dalla Bolivia (meglio se dopo una sosta di un giorno a Puno per vedere i turistici villaggi galleggianti sul Lago Titicaca).
In questo caso, la soluzione migliore qualità/prezzo dovrebbe essere la compagnia Cruz del Sur.

 

Peru - autobus Cruz del Sur

 

L’ho usata per vari spostamenti e gli autobus sono pulitissimi ed impeccabili.
I posti del 1° piano (semi-cama), pur se i sedili si abbassano un po’ meno, consentono comunque di dormire serenamente.
Pensando alla comodità di reclinare il sedile di 170°, scelsi il biglietto per il piano superiore. Ma, come ogni cosa, ci vuole sempre il rispetto.
È bello sdraiarsi quasi come in un letto, ma significa che la persona dietro non potrà muoversi perchè il sedile anteriore sarà appoggiato sulle sue ginocchia.
Ho passato un intero viaggio di 13 ore a combattere con il “nemico” del sedile davanti a me: lui sbatteva il sedile sulle mie ginocchia per inclinarlo al massimo e io glielo impedivo con pugni e calci nello schienale e nel poggiatesta.
Immagina che viaggio…

 

Da Cusco ad Aguas Calientes

Una volta a Cusco bisogna trovare il modo di arrivare ad Aguas Calientes, il piccolo villaggio che sembra nato solo per sfruttare pesantemente chi si reca a Machu Picchu.

Semplificando, ci sono 4 soluzioni:

1. Zingarata: dalla piazza di Cusco partono i colectivos (furgoni condivisi, classico mezzo di trasporto in tutto il Sud America) per Hidroelectrica. Il costo del tragitto è di circa € 10,00.
Da Hidroelectica si prosegue a piedi per circa 30 km sino a raggiungere il villaggio di Aguas Calientes.

 

Peru - Valle Sacra Inca vista dal treno Perurail Cusco Ollantaytambo Aguas Calientes Machu Picchu

 

2. Treno Perurail: la soluzione più facile ma ovviamente anche la più costosa è il collegamento diretto, attraversando i paesaggi della Valle Sacra degli Inca.
I treni hanno ampie vetrate panoramiche, comodi posti a sedere e includono uno spuntino e una bevanda in omaggio.
Qualche mese prima della partenza mi sembrava impossibile che il biglietto del treno si avvicinasse agli € 180,00 (andata e ritorno) e decisi di lasciar perdere, certo che avrei trovato una soluzione migliore a Cusco.
Invece lì il prezzo era salito intorno ai € 300,00.

 

Peru - treno Perurail per Machu Picchu alla stazione di Ollantaytambo

 

3. Via di mezzo: Non volendo spendere 300 euro ma anche troppo stanco per pensare di fare 60 km con lo zaino, ho scelto la classica “via di mezzo”.
Ho preso cioè un colectivos da Cusco alla stazione ferroviaria intermedia di Ollantaytambo, e da lì il treno Perurail sino ad Aguas Calientes. Prenotando all’ultimo momento, ho speso circa € 110,00 a tratta.

4. Inca Trail: considerato uno dei trekking più belli del mondo, si articola solitamente in 4 o 5 giorni.
I biglietti sono limitati a 500 persone, di cui circa 300 sono le guide locali (obbligatorie).
L’antico sentiero di montagna di 43 km collega i siti archeologici Inca di Runcuracay, Sayacmarca, Phuyupatamarca, Winay Wayna e Machu Picchu.
I prezzi vanno da € 650,00 a € 1.500,00 in base alla durata e alle comodità che si richiedono.

 

Peru - mappa cosmorevas Inca Trail Machu Picchu

 

BIGLIETTO DI INGRESSO AL SITO

Il Governo del Peru varia spesso le condizioni e gli orari di accesso (più volte ha tentato di imporre fasce orarie più rigide e tempi di permanenza più limitati, sempre a discapito dei visitatori, ovviamente). Per quanto io cerchi di tenere sempre queste informazioni aggiornate, è meglio fare le verifiche al momento opportuno.

Il sito ufficiale per acquistare i biglietti in modo diretto è www.machupicchu.gob.pe.
Scegli con la massima attenzione la data e l’orario di ingresso perchè l’accesso è molto fiscale e puntuale.
Teoricamente la permanenza al sito non è infinita ma gli orari sono limitati in base al tipo di biglietto che si acquista. Nessuno ti cercherà per sbatterti fuori, ma se sei in difetto evita (ma fallo comunque) di attirare l’attenzione dei guardiani per comportamenti scorretti o vietati. Per esempio, pur se li ritengo assurdi e vergognosi, è vietato introdursi con zaini o borse più grandi di 40x35x20 cm, portare cibo o bevande che non siano state acquistate all’interno del sito e avere bastoni da trekking, ombrelli, treppiedi per macchine fotografiche o supporti per smartphone.

Ci sono 3 tipologie di biglietto:
– Machu Picchu: 2.300 posti giornalieri, ingresso limitato alla città Inca, costo circa € 60,00.
I posti sono limitati a 800 accessi dalle 06.00 alle 09.00, 600 dalle 09.00 alle 12.00, 360 dalle 12.00 alle 13.00 e 540 dalle 13.00 alle 14.00.
Teoricamente si può stare all’interno del sito 4 ore dal momento dell’ingresso ma quasi mai verranno fatti controlli a riguardo.

– Machu Picchu + Montagna: 400 posti giornalieri, inclusa la visita alla città Inca e il trekking sulla Montagna Machu Picchu, costo circa € 80,00 (sconti per minori, studenti universitari e cittadini di Peru, Bolivia, Colombia ed Ecuador).
Ci sono 3 orari disponibili: 100 posti per entrare a Machu Picchu dalle 06.00 e iniziare il trekking sulla Montagna dalle 07.00 alle 08.00, 100 posti per accedere allo stesso orario alla Montagna ma in città solo dopo il trekking, e ultimi 200 biglietti per l’ingresso a Machu Picchu dalle 08.00 e alla Montagna dalle 09.00 alle 10.00.
Si hanno a disposizione 8 ore totali nel sito mentre il ritorno dalla Montagna deve avvenire entro le 13.00.
Ho scelto di prenotare questo biglietto ragionando sempre con “la via di mezzo”: entrare solo al sito archeologico mi sembrava riduttivo, l’Inca Trail era invece eccessivo e questa montagna è più alta della Huayna Picchu e quindi più panoramica.

L’ascesa alla Montagna Machu Picchu è stata pesantissima, stancante e distruttiva.
Mi è stato detto che siano necessarie dalle 2 alle 4 ore per arrivare in cima e riscendere.
Io posso dire che dopo oltre 2 ore di salita nel sentiero ripido, tra sterrati irregolari e gradini stretti, in mezzo alla giungla e con la fauna rappresentata soprattutto da zanzare e moscerini, ho deciso di fermarmi e scendere.
Questo anche perchè, al di là dello sforzo fisico e mentale, scalare la montagna è stato molto noioso.
Man mano che si sale il paesaggio è sempre lo stesso, solo visto da una maggiore altezza. Se salendo in cima avessi visto una prospettiva totalmente diversa allora avrei proseguito, ma immaginando di vederlo allo stesso modo non ho trovato la buona motivazione per andare avanti.
È ovviamente un pensiero soggettivo ma, mentre ci si riposa sulle scale, è normale confrontarsi con gli altri “scalatori” e nessuno ha trovato la giusta scintilla per convincere gli altri, e principalmente se stessi, a salire sino in cima.
Tutti siamo partiti entusiasti ma, chi prima e chi dopo, abbiamo rinunciato, valutando la fatica eccessiva rispetto al risultato ottenibile.

 

Peru - scale per salire alla Montagna Machu Picchu

 

– Machu Picchu + Huayna Picchu: 400 posti giornalieri, inclusa la visita alla città Inca e il trekking sulla Montagna Machu Picchu, costo circa € 80,00.
Ci sono 3 orari disponibili: 100 posti per entrare a Machu Picchu dalle 06.00 e iniziare il trekking dalle 07.00 alle 08.00, 100 posti per accedere allo stesso orario a Huayna Picchu ma in città solo dopo il trekking, e ultimi 200 biglietti per l’ingresso a Machu Picchu dalle 08.00 e a Huayna Picchu dalle 10.00 alle 11.00.
Si hanno a disposizione 6 ore totali nel sito mentre l’escursione a Huayna Picchu dura circa 3 ore.

Huayna Picchu è la “giovane montagna” alta 2.693 metri, famosa per comparire dietro il sito archeologico nelle classiche foto panoramiche.
La salita si svolge su un sentiero stretto, ripido e a zigzag, con tratti in cui le scale sono direttamente scavate nella roccia.
Il percorso scosceso e con vari precipizi non è raccomandato a chi soffre di vertigini e inoltre l’accesso è consentito solo ai maggiori di 12 anni.
Si dovrebbe arrivare in cima in circa 1 ora, ma non avendola scalata non posso confermare l’informazione.

 

Peru - panorama della Montagna Huayna Picchu e della Cordigliera delle Ande dalla Montagna Machu Picchu

 

IL SITO ARCHEOLOGICO

Ma vediamo da più vicino il sito archeologico di Machu Picchu.
La tenuta reale inca di Machu Picchu è situata all’interno della Cordigliera delle Ande, tra le prominenti cime Machu Picchu e Huayna Picchu, su un’alta cresta montuosa con ripidi precipizi sino al fiume Urubamba e vicino alle sorgenti del Rio delle Amazzoni. Si trova inoltre in una regione altamente sismica, colpita costantemente da forti terremoti e soggetta ad abbondanti piogge durante l’anno.

Nonostante questo, la città è ancora in piedi, a dimostrazione dell’elevata conoscenza tecnica e scientifica della civiltà Inca, che non aveva un linguaggio scritto e non conosceva nè la ruota nè il ferro.

Il complesso è diviso in due grandi aree: la zona urbana e la zona agricola, separate da grandi piazze.
Il sito è comunque in gran parte da decifrare i nomi e le funzioni delle strutture sono ipotetici e ancora in fase di studio.

Peru - paesaggio della piazza di Machu Picchu e della Montagna Huayna Picchu con Cordigliera delle Ande

La zona urbana

Qui sorgevano le abitazioni e si svolgevano le attività civili e religiose.
Il Tempio del Sole è uno dei migliori esempi di architettura organica Inca e l’unico edificio a pianta circolare di Machu Picchu.
Nella parte inferiore presenta simboli e gradini, all’interno una scultura e nicchie utilizzate per scopi cerimoniali legati al culto dei defunti.
Nella parte superiore, una grande roccia scolpita fungeva da altare mentre le finestre servivano per l’osservazione dei fenomeni astronomici.
Per un Sardo è immediato associarlo, sia per forma che per utilizzo, ad un nuraghe.

Sotto il Tempio del Sole, quasi nascosta, c’è una grotta naturale di pietra nota come tomba reale perchè alcuni studiosi suppongono che fosse il mausoleo dell’imperatore Inca Pachacutec.

 

Peru - Machu Picchu - Tempio del Sole

 

La capanna del custode è uno dei pochi edifici ristrutturati.
Il suo alto tetto in paglia è l’ipotesi più accreditata di come potrebbero essere state le coperture originiarie delle case.

 

 

Peru - capanna del custode Machu Picchu

 

La zona agricola

Il segreto della sua longevità è il sistema di drenaggio.
La zona urbana ha 129 canali che evitano frane ed erosioni, incanalando tutta l’acqua verso la zona agricola della città e nella zona della sorgente, fornendo così una fonte d’acqua perenne.
Qui sono state costruite le fondamenta delle terrazze agricole con muri di contenimento in pietra, uno spesso strato di terreno superficiale e, in profondità, pietre più grandi, ghiaia e trucioli di pietra scalpellati.

 

Peru - terrazze agricole Machu Picchu

 

Questa perfetta opera ingegneristica ha garantito il drenaggio necessario ad evitare il ristagno dell’acqua piovana e l’erosione delle colline.
Non c’era nessun sistema di irrigazione delle terrazze perchè a tale scopo gli Inca ritenevano sufficiente la pioggia.

 

Peru - Machu Picchu - interno della città

 

RIEPILOGO SPESE

In questo calcolo preferisco tralasciare i costi, troppo variabili e soggettivi, per arrivare da qualsiasi luogo del mondo alla città di Cusco. Mi concentro quindi su come raggiungere Machu Picchu da Cusco.

Cusco: la città merita sicuramente alcuni giorni dedicati ma, al di là di questo, conviene dormire qui dopo aver visitato il sito archeologico. Ci si potrebbe trattenere ancora ad Aguas Calientes ma, come detto, lì i costi sono molto più alti mentre a Cusco si trova un letto a € 5,00.

Treno: il prezzo varia a seconda del periodo di viaggio, della data di prenotazione (io ho aspettato all’ultimo giorno e prenotato direttamente a Cusco perchè non pensavo che i prezzi visti online fossero davvero reali) e della stazione di partenza.
Orientativamente si può parlare di € 150,00 da Cusco ad Aguas Calientes e di € 100,00 dalla stazione intermedia di Ollantaytambo ad Aguas Calientes.
Quindi € 300,00 o € 200,00 andata e ritorno.

 

Peru - Stazione Ollantaytambo

 

Colectivos: l’alternativa al treno è usare i colectivos (furgoni con i quali condividere il viaggio con altre persone) per raggiungere in circa 7 ore la cittadina di Hidroelectrica e da lì proseguire a piedi lungo i binari ferroviari per quasi 15 chilometri, sino a raggiungere Aguas Calientes.
I colectivos si possono usare anche per il tragitto Cusco – Ollantaytambo.
In entrambi i casi le cifre si aggirano intorno ai 5-10 euro.

Aguas Calientes: una notte qui è praticamente obbligatoria e difficilmente si trova un alloggio sotto i 20 euro.
Qualsiasi cosa (souvenir, bevande o semplici empanadas) ha un prezzo almeno triplicato rispetto a quanto si pagherebbe a Cusco. Quindi organizzati prima per non lasciare cifre folli al mercato o in un ristorante.

 

Peru - città di Aguas Calientes base per andare a Machu Picchu

 

Autobus: accedere al sito alle 06.00 implica una sveglia ben prima dell’alba, per poter essere in fila alla fermata dell’autobus almeno alle 03.30 del mattino. Un eccessivo ritardo significa dover fare una fila chilometrica che al solo vederla potrebbe farti scoppiare in un disperato pianto nevrotico.
Gli autobus partono da Aguas Calientes dalle 05.30 alle 15.30 e tornano sino alle 17.45
Il costo del biglietto è circa € 20,00 andato e ritorno.
L’alternativa è ovviamente fare il tragitto di 10 km a piedi. Ho sentito che ci vogliono almeno 2 ore, considerando anche che la salita è lunga e gli autobus non hanno nessun riguardo nel correre alzando terra e polvere.

 

Peru - Machu Picchu - fila autobus Aguas Calientes

 

Biglietto d’accesso al sito: come ho spiegato prima (e in attesa di aggiornamenti) il prezzo va da circa € 60,00 a € 80,00.

Guida: quando sono andato, la guida era facoltativa. Ora sembrerebbe obbligatoria al costo di € 75,00.
Pare che però si riesca comunque ad accedere al sito senza pagare questo ulteriore balzello.

Ricapitolando, possiamo quindi considerare 4 fasce di prezzo:

1. Zingarata: € 100,00 ( + circa 80 km a piedi)
colectivos Cusco – Hidroelectrica + 30 km a piedi sino ad Aguas Calientes + salita a piedi sino a Machu Picchu + ingresso al sito + ritorno nello stesso modo.

2. Riposo a caro prezzo: € 450,00
notte a Cusco + colectivos Cusco – Ollantaytambo + treno Ollantaytambo – Aguas Calientes + notte ad Aguas Calientes + autobus sino a Machu Picchu + ingresso al sito + ritorno nello stesso modo + spese varie.

3. Inca Trail: da € 650,00 a € 1.500,00
in base alla durata e alle comodità che si richiedono.

4. Business class: ∞
come diceva qualcuno, “sino all’infinito e oltre”.

 

CONCLUSIONI FINALI

Vale la pena andare a Machu Picchu?
Si! Nonostante tutte le note negative di cui ho parlato, per me ne vale la pena.
Machu Picchu è comunque un luogo storico, una di quelle destinazioni che rappresenta un punto di arrivo.
Ciò che lo rende unico, è il luogo in sè, una città costruita sulla cima di una montagna, circondata dalla Cordigliera delle Ande peruviane.
La sua bellezza può essere elevata dall’atmosfera mistica e misteriosa che creano nuvole, nebbia e sole.
È probabilmente più una meta per turisti che per viaggiatori ma è un posto in cui ognuno di noi, una volta nella vita, dovrebbe andare.

 

Peru - panorama dalla Montagna Machu Picchu

 

 

 

Peru - luce su Machu Picchu

TROMSO: LA CAPITALE ARTICA

AURORA BOREALE, SOLE DI MEZZANOTTE E SPEDIZIONI ARTICHE

Tromsø, considerata la capitale artica, si trova a circa 350 km a nord del Circolo Polare Artico, a 69°40′ di latitudine Nord, nel cuore della natura selvaggia tra maestose montagne e fiordi bellissimi.

Nel nord della Norvegia si ha il buio completo nella stagione notturna polare.
Qui dal 23 novembre al 18 gennaio il sole non sorge mai ma si trova massimo 3 gradi sotto l’orizzonte, sufficienti per garantire la presenza della luce.

Trovandosi proprio sotto l’ovale dell’aurora boreale, è la zona con la più alta probabilità di vedere questo magico fenomeno da fine agosto a fine aprile, generalmente tra le 18.00 e le 24.00.
Se il cielo è limpido, si potrebbe vedere l’aurora boreale proprio sopra la città, ma per aumentare le possibilità dovresti fare un giro lontano dalle luci del centro.

 

Norvegia - Tromso - Sami

 

Grazie alla corrente del Golfo, Tromsø ha un clima costiero più mite rispetto ad altre destinazioni alla stessa latitudine.
La temperatura media invernale è di circa -4°C ma se cerchi l’aurora boreale, ricorda che la temperatura potrebbe andare dai -20°C ai +5°C, quindi vèstiti sempre a strati.

Al contrario, dal 19 maggio al 26 luglio il sole non tramonta mai. Con il fenomeno del sole di mezzanotte puoi godere della piena luce del giorno facendo qualsiasi attività 24 ore su 24.

Tromsø è anche un punto strategico per raggiungere Capo Nord, Isole Svalbard, Isole Lofoten oppure Svezia e Finlandia.
Grazie alla sua posizione oltre il Circolo Polare Artico, è considerata la porta d’accesso al Polo Nord ed è stato il luogo di partenza di molte spedizioni artiche.

 

Norvegia - Tromso - Polaria Museum

 

COSA VEDERE

Cattedrale Artica

Tra le più note costruzioni di Tromsø, l’architettura moderna della Cattedrale Artica, caratterizzata da 11 pannelli di cemento rivestiti in alluminio su ogni lato del tetto, ricorda un iceberg o una tenda Sami ed è stata spesso paragonata alla celebre Opera House di Sydney.
Per raggiungerla dal centro città ci vogliono circa 25 minuti a piedi oppure si possono prendere gli autobus 20, 24, 26 o 28.

L’ingresso principale è circondato da una grande vetrata con una croce pronunciata.

 

Norvegia - Tromso - Cattedrale Artica

 

Monte Storsteinen

A 15 minuti a piedi dalla Cattedrale Artica, nelle belle giornate si può prendere la funivia Fjellheisen, che porta in cima al monte Storsteinen. Da qui si ha una splendida vista sulla città (se le nuvole basse non ne impediscono la visuale).
Altrimenti puoi arrivare in cima salendo i 1.200 gradini di pietra della Scalinata degli Sherpa.

 

Norvegia . Tromso - Monte Storsteinen

 

Tromso Bridge

Una peculiarità di Tromsø è che si trova sull’Isola Tromsøya, collegata alla terraferma da un ponte ad arco.
Si può percorrere anche a piedi per raggiungere la Cattedrale e vedere Tromsø da una prospettiva diversa.

 

Norvegia - Tromso

 

Domkirke

La cattedrale protestante più a nord del mondo è posizionata nella tranquilla via principale di Tromsø ma ho potuto vederla solo dall’esterno.
Gli orari di apertura sono molto variabili e incerti ma è comunque una bella costruzione di architettura neogotica, unica cattedrale in Norvegia interamente in legno.

 

Norvegia - Tromso - Domkirke - Cattedrale protestante

 

Perspektivet Museum

Non so quanto duri ogni esposizione fotografica, ma il museo è gratuito quindi puoi “rischiare” la visita all’interno di questa tenuta neoclassica del 1838.
La soddisfazione o la delusione saranno comunque soggettive.
Io ho potuto vedere foto inedite e per me interessanti.
Al piano terra le foto facevano immaginare le città/villaggi e la vita nei Territori Palestinesi prima della guerra del 1948.

 

Norvegia - Tromso - Perspektivet Museum - Territori Palestinesi

 

Al piano superiore vengono invece mostrate le diverse fedi “dell’homo religiosus”.
Altre foto fanno invece vedere la storia di Tromsø, passando dalla costruzione del ponte a quella dell’aeroporto.

Tromso Museum

Museo multidisciplinare con prima parte dedicata agli animali che vivono nella zona di Tromsø e nell’Artico ed ai cambiamenti climatici che stanno affrontando.
Il piano superiore ci fa vedere prima i danni che sta creando l’uomo con i suoi rifiuti, poi spiega il fenomeno dell’aurora boreale.
Il museo si chiude con l’interessante storia e cultura del Popolo Sami.

 

Norvegia - Tromso - cultura Sami

 

Polaria

Non credo che bisogna considerare questo museo come un acquario solo perchè ci sono tre foche, stelle marine, spugne e altra fauna e flora artica.
Prima di entrare, rifletti sui pannelli posti all’esterno che spiegano la vita nell’Artico e la sua importanza. Questo museo è infatti la porta d’ingresso per capire le Svalbard e ciò che sta succedendo con i cambiamenti climatici.
Capire i danni che fa la plastica è essenziale per tutti noi.

 

Norvegia - Tromso - Polaria Museum

 

MS Polstjernan

Custodita all’interno di una costruzione in vetro, è la nave impiegata per uccidere (o, come si diceva al tempo, “portare a casa”) almeno 100.000 foche. Puoi passeggiare sui suoi ponti, pieni di oggetti dell’epoca, attrezzi per la caccia, numerose foto, video e oggetti relativi alle spedizioni polari.

Pensare a ciò che ha visto questa barca fa però quasi vedere il sangue delle foche sul ponte.
Non è stato molto piacevole per me.

Il biglietto di ingresso è incluso in quello dell’adiacente museo Polaria.

 

Norvegia - Tromso - Polstjerna

 

The Polar Museum

Sarebbe meglio che questo si chiamasse “Museo della caccia polare“.
Mi aspettavo un museo diverso invece è l’esaltazione dei cacciatori (soprattutto di foche e orsi) e la descrizione della caccia effettuata nei secoli nei territori polari.
Sono presenti tanti, troppi, animali imbalsamati. Guardandoli negli occhi mi chiedo il senso della loro presenza nel museo, anzichè nel loro habitat naturale.

 

Norvegia - Tromso - foca

Le guide multilingua consegnate gratuitamente all’ingresso spiega ogni oggetto presente nelle sale (trappole, armi, scritti, foto, disegni, ricostruzioni di scene e metodi di caccia).
Io non ho nulla contro la caccia quando è una necessità per sopravvivere, ma qui davvero si assiste quasi ad ostentazione ed esibizionismo della forza cieca dell’uomo sugli animali.

Animali

La stagione per l’avvistamento di balene e orche varia di anno in anno a seconda della presenza di aringhe nei fiordi.
Solitamente va da novembre alla fine di gennaio e ci sono varie compagnie al porto che effettuano escursioni apposite.
Alcune consentono anche di entrare in acqua con le balene, anche se questa esperienza, visto il clima, non è garantita.

Se sei interessato, ti consiglio di andare alle Isole Tonga, dove ho nuotato con le balene a Nuku’alofa.

 

Tonga - nuotare con le balene

 

Gli husky sono alcuni degli animali più popolari da incontrare a Tromsø, con cui fare slittino o passeggiare nei boschi.

Un altro animale che probabilmente vedrai è la renna. Spesso camminano liberamente lungo la strada oppure puoi conoscere la popolazione Sami, con cui alimentare le renne o farti trainare da loro a bordo di una slitta.

 

Norvegia - renne

 

COME MUOVERSI

Aereo

Ci sono 3 collegamenti tra il centro città e l’aeroporto:
– l’autobus espresso impiega circa 15 minuti, con diverse fermate vicino agli hotel e nei punti strategici della città.
– le linee degli autobus urbani 24, 40 e 42.
– i taxi

Nave

La Hurtigruten parte da Tromsø ogni giorno.

Il porto turistico si trova a circa 4 km dal centro della città.
Si può tranquillamente raggiungere a piedi oppure con gli autobus urbani 30 e 42.

 

Hurigruten - Nordkapp

 

Autobus distrettuali

Gli autobus di linea distrettuali permettono di fare alcune escursioni nei dintorni del comune di Tromsø e partono da Prostneset, la principale stazione degli autobus della città, che si trova accanto all’Ufficio Informazioni Turistiche.

Autobus 420 Tromsø – Hella – Brensholmen – Sommarøy:
Breve escursione da Tromsø intorno alla parte meridionale dell’isola di Kvaløya.

Autobus 425 Tromsø – Ersfjordbotn:
Vista fantastica sui fiordi e sulle montagne scoscese.

Autobus 450 Tromsø – Tønsvik – Oldervik:
Raggiungi sentieri escursionistici segnalati e vedi panorami fantastici sul mare e sulle Alpi di Lyngen.

 

Norvegia - Tromso

 

PROSEGUIRE IL VIAGGIO

Norvegia settentrionale

Si può viaggiare da Tromsø ad Alta in autobus e da qui, dopo almeno una notte di sosta, prendere un altro autobus per Kirkenes o Honningsvåg, da cui poi raggiungere Nordkapp-Capo Nord o Knivskjellodden.

La Hurtigruten, diretta a nord, parte ogni giorno da Tromsø con un viaggio di 17 ore per Honningsvåg.

Un’altra opzione è quella di volare da Tromsø a Honningsvåg via Hammerfest.

 

Norvegia - Nordkapp - da lontano

 

Isole Svalbard

L’unico modo per arrivare alle Svalbard è in aereo e ci sono voli giornalieri da Tromsø a Longyearbyen durante tutto l’anno.
In alta stagione, da marzo ad agosto, il numero di voli aumenta.

Ricorda che le Svalbard sono al di fuori dell’Area Schengen ed è quindi necessario il passaporto.

 

Isole Svalbard - Pyramida - orso polare

Verso il sud della Norvegia

Se vuoi emozionarti viaggiando verso sud devi sicuramente fare il tratto il nave.
Con la Hurtigruten si possono raggiungere le Isole Lofoten, Bodø, Trondheim e Bergen.

C’è un collegamento giornaliero in autobus da Tromsø a Fauske. Da qui si può proseguire verso sud in treno per Trondheim, Oslo, Bergen e altre destinazioni.

 

Norvegia - Trondheim - Kayak sul fiume Nidelva

 

Svezia

Ci sono vari voli diretti da Tromsø a Stoccolma.

L’autobus Länstrafiken Norrbotten va da Tromsø a Narvik, da dove poi proseguire per Björkliden, Abisko e Kiruna in Svezia.
Oppure da Narvik si può proseguire in treno a Boden, Luleå, Haparanda e Stoccolma.

 

Norvegia - Tromso

 

BODØ: UNA CITTÀ STRATEGICA

Bodø (si pronuncia Bùda) è una città piccola ma in una posizione strategica.
È infatti il primo porto a nord del Circolo Polare Artico, punto di partenza per raggiungere le Isole Lofoten, capolinea settentrionale della ferrovia norvegese e porta di accesso alle terre artiche.

 

Norvegia - Bodo - Hurtigruten

 

Il centro attuale è un mix di case di legno, case in mattoni, blocchi alti sino a 10 piani, hotel abbastanza lussuosi con grandi vetrate.
A Bodø c’è poco da vedere ma il paesaggio intorno è sicuramente affascinante: la città più grande del Nordland è circondata dalle aspre montagne Børvasstindan, dalla foresta di Bodømarka e da numerose piccole isole.

 

Norvegia - Bodo - montagne

 

A soli 75 minuti di aereo da Oslo, permette di assistere allo spettacolo dell’aurora boreale da settembre a marzo mentre dal 30 maggio al 12 luglio si vede il sole di mezzanotte.

La città fu fondata nel 1816 e intorno al 1860 divenne un importante centro per la redditizia pesca delle aringhe.
Durante la Seconda Guerra Mondiale venne praticamente rasa al suolo dai bombardamenti del 27 maggio 1940 ed in seguito ricostruita con uno stile architettonico sobrio ma funzionale, classico esempio del dopoguerra.

 

Norvegia - Bodo - Seconda Guerra Mondiale

 

Durante la Guerra Fredda, l’aeroporto militare di Bodø fu considerato strategico dalla NATO perchè da lì infatti sarebbero partiti gli eventuali attacchi contro l’Unione Sovietica.
Nel maggio 1960, in un periodo di tensione altissima, un aereo spia statunitense U-2 fu abbattuto in territorio sovietico mentre si stava dirigendo dal Pakistan verso l’aeroporto di Bodø.
La Norvegia allora non permetteva ufficialmente alle truppe straniere di stazionare o di usare installazioni militari in territorio norvegese e questo comportamento illegale, in violazione degli accordi, portò ad un inasprimento dei rapporti tra Norvegia ed Unione Sovietica.

 

Norvegia - Bodo - Guerra Fredda

 

COSA VEDERE

Domkirke

La particolarità di questa chiesa, fatta quasi totalmente in legno, è sicuramente la sua forma di nave rovesciata.
All’interno ci sono interessanti foto che raccontano la sua storia, dalla costruzione ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale che hanno praticamente raso al suolo l’intera città.
Ricostruita nel 1956, è una delle poche chiese norvegesi in cui si può entrare gratis.

 

Norvegia - Bodo - Domkirke

 

Nordlandmusset

A poca distanza dalla Domkirke, sorge il Museo Nordland.
Nella piccola Bodø è impossibile non venire qui a scoprire la storia di questa città, passata dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale alla posizione strategica nella Guerra Fredda.

Ci sono inoltre mostre sulle culture Sami e vichinga.

 

Norvegia - Bodo - centro

 

Bodo Tourist Information

Viste le poche cose da fare a Bodø, ho cercato qualche escursione al Centro Turistico ma purtroppo è stato un buco nell’acqua, data la sua inutilità e la svogliatezza del personale.
Non viene data nessuna informazione utile e quindi potrebbe essere tranquillamente una biblioteca in cui sfogliare cartine e opuscoli.

Vengono mostrate le escursioni presenti nel sito visitbodo.com e anche l’eventuale prenotazione deve essere fatta direttamente da questo sito, con pagamento anticipato con carta di credito/debito.

Saltstraumen

Ogni 6 ore circa, quasi 400 milioni di metri cubi d’acqua attraversano a una velocità massima di 20 nodi, il tratto di mare lungo 3 km e largo 150 metri che separa Saltenfjord e Skjerstadfjord.
Questo fenomeno crea la corrente marina più forte del mondo e si possono vedere mulinelli di 12 metri di diametro e 5 metri di profondità.

Ho prenotato l’escursione nel sito visitbodo.com ma i 495 NOK (poco più di € 50,00) mi sono sembrati eccessivi.
Il pullman prende i viaggiatori autonomi davanti alla biblioteca per poi dirigersi al porto per far salire i passeggeri della nave Hurtigruten (che hanno scelto di partecipare all’escursione, pagando circa il doppio).
Si fa quindi un rapido giro di Bodø, sino ad arrivare al ponte di Saltstraumen in circa 45 minuti.
Si hanno a disposizione circa 15 minuti per scendere verso la riva, fare le foto e vedere la corrente e i mulinelli che si formano.
Oppure si può scegliere un altro tipo di tour, sfidando la corrente a bordo di un gommone.
Il tempo è sufficiente ma comunque vergognosamente poco in relazione al prezzo dell’escursione.
L’arrivo al porto di Bodø è previsto per le 14.50 circa, in orario per la partenza della nave Hurtigruten verso le Isole Lofoten.

 

Norvegia - Bodo - Saltstraumen

 

COME ARRIVARE

Aereo

L’aeroporto di Bodø si trova a 1,5 chilometri a sud-ovest dal centro città.

SAS, Norwegian e Widerøe sono le principali compagnie aeree che collegano la città ad Oslo, Trondheim, Tromsø, Bergen, Narvik, Svolvær e altre.

Treno

La stazione di Bodø è il capolinea del Nordlandsbanen ed è stata aperta dal re Olav V il 7 giugno 1962.
Da Bodø, un treno diurno e notturno va a Trondheim.

 

Norvegia - Bodo - case Saltstraumen

 

Nave

Il postale Hurtigruten attracca qui due volte al giorno: alle 01.30 quando diretto a sud e alle 12.30 con direzione nord.
Io ho scelto di arrivare qui in aereo da Trondheim e poi proseguire il viaggio in nave sino ad Honningsvag (porto migliore per raggiungere Nordkapp – Capo Nord (e il vero Capo Nord, Knivskjellodden) con soste alle Isole Lofoten e Tromso.

 

Norvegia - Bodo - arrivo Hurtigruten

DOVE DORMIRE

Thon Hotel Nordlys

Prenotando con largo anticipo, ho trovato un ottimo prezzo per questo hotel praticamente dentro il porto turistico, a 20 minuti dagli imbarchi della nave Hurtigruten e raggiungibile a piedi anche dall’aeroporto.

Il personale della reception è gentile e professionale ma un commento d’onore lo merita la colazione straordinaria, meravigliosa e ricchissima grazie ai cuochi che cucinano a vista e ad almeno 4 cameriere sempre in sala a sistemare tutto e a disposizione degli ospiti.

È stata una delle migliori colazioni mai viste, con un assortimento vastissimo di dolce, salato, salmone, bevande e frutta.
Ed una spettacolare fontana di cioccolato che invita a tuffarsi dentro.

 

 

Continua il tuo viaggio verso sud (Trondheim oppure Oslo) o verso nord (Isole Lofoten, Tromso, Nordkapp – Capo Nord, Knivskjellodden o Isole Svalbard)

 

 

STORIA DELLA CITTÀ

Pur non avendo una storia travagliata come l’irlandese Derry/Londonderry, anche Trondheim ha più volte cambiato nome.

Il re vichingo Olav I di Norvegia fondò la città nel 997, chiamandola Kaupangen (“mercato”).
Nella sua conquista, decapitò alcuni dei rivali, tra cui il conte Håkon con il figlio Erlend e il servo Kark.
Olav I fece impalare le loro teste all’ingresso del fiordo, in modo che tutti coloro che entravano in città dovevano, in onore del re, fermarsi ad insultare e maledire i suoi nemici.
La città di Kaupangen cambiò quindi nome in Nidaros (“foce delle maledizioni”).

 

Norvegia - Trondheim - Kaupangen

 

Nel 1030 il re Olav Haraldsson venne martirizzato e in seguito nominato Santo.
La città divenne quindi meta di pellegrinaggio da tutta l’Europa settentrionale.

Alla fine del 1800 la Norvegia cadde sotto la dominazione della Danimarca, che chiamò la città Trondhjem.
Con l’indipendenza del 1905, il governo centrale decise di cambiare nuovamente il nome in Nidaros. E così avvenne nel gennaio del 1930, nonostante la popolazione dichiarò la sua contrarietà con un referendum nel 1928 (17.163 voti contro il cambio nome e 1.508 a favore).
Il mancato rispetto del volere popolare sfociò in grandi proteste e sommosse in strada, tanto che dopo qualche mese il parlamento norvegese scelse il nome “norvegesizzato” Trondheim.

Per un breve periodo durante la seconda guerra mondiale, i nazisti le diedero il nome “tedeschizzato” Drontheim.

Sempre in riferimento al nome, gli appassionati di sport associano Trondheim al Rosenborg, squadra norvegese più titolata e con numerose participazioni alle varie coppe europee, fondata il 19 maggio 1917 proprio nel quartiere omonimo della città.
I bianconeri giocano le partite casalinghe al Lerkendal Stadion.

 

Norvegia - Trondheim - Stadio Rosenborg

 

Il suo rapporto con il fuoco è sempre stato tragico: nel 1219 subì il primo incendio e pochi anni dopo, nel 1295, gran parte della città fu ridotta in cenere.

 

Norvegia - Trondheim - paesaggio dalla fortezza

 

Alla fine del Medioevo la crescita della popolazione rallentò e nel 1531 ci fu un’altra fase di declino.
L’arcivescovo Olaf Engelbrektsson cercò di fermare l’influenza danese in Norvegia e per tutta risposta le truppe danesi incendiarono il palazzo arcivescovile, la cattedrale e gran parte della città.

Stessa sorte ebbe nel 1681, con il cosiddetto incendio degli Hornemans, che ancora una volta la devastò quasi totalmente.

A quel punto il re Christian V affidò al lussemburghese Johan Caspar de Cicignon l’incarico di ricostruire Trondheim con un nuovo piano urbanistico che impedisse una simile distruzione in caso di futuri incendi.
La città venne quindi progettata con grandi piazze e strade ampie e dritte ma nonostante ciò, nel corso del XVIII° e XIX° secolo, si verificarono numerosi incendi gravi.

 

Norvegia - Trondheim - città ricostruita da Johan Caspar de Cicignon

 

Trondheim viene chiamata ancora la città delle case di legno, proprio per l’alto numero di esse.

Oggi Trondheim è la terza città della Norvegia, con circa 205.000 abitanti a cui si aggiungono oltre 30.000 studenti. Molti di essi frequentano l’Università Norvegese di Scienza e Tecnologia, la più grande del regno e che contribuisce a rendere l’ex capitale indiscusso centro tecnologico del Paese.

 

Norvegia - Trondheim - case di legno

 

COSA VEDERE
Nidarosdomen – Cattedrale di Nidaros

La tomba di Sant’Olav, il re vichingo che portò il cristianesimo in Norvegia, divenne subito meta di pellegrinaggio per i cristiani provenienti soprattutto da Scandinavia, Gran Bretagna, Russia, Polonia, Germania, Paesi Bassi, Groenlandia, Islanda e Faroe.
I lavori per costruire la Cattedrale sopra la tomba iniziarono nel 1070 e terminarono intorno al 1300.
Ancora oggi la città viene raggiunta da migliaia di pellegrini, tanto che Trondheim può considerarsi il punto di riferimento cattolico del nord Europa, come lo sono Roma a sud, Gerusalemme ad est e Santiago de Compostela a ovest.

 

 

Norvegia - Trondheim - Cattedrale di Nidaros

 

Dopo essere stata più volte danneggiata da diversi incendi e lasciata senza manutenzione nel Medioevo, la cattedrale era in pessime condizioni, in gran parte in rovina.
Nel 1869 iniziarono grandi restauri e oggi la cattedrale è praticamente nel suo splendore originale.
La leggenda dice che quando la Cattedrale di Nidaros sarà completamente finita, una frana devasterà la città e la cattedrale affonderà nel fiordo.
Restaurare una cattedrale di queste dimensioni è un’opera infinita ma probabilmente la cattedrale non sarà mai completata in modo da scongiurare qualsiasi pericolo.

Nidarosdomen è un capolavoro gotico riccamente decorato.

 

Norvegia - Trondheim - Cattedrale di Nidaros

 

Capisco benissimo l’importanza di un tour guidato per scoprire la storia della Cattedrale e tutti i suoi segreti però per principio mi rifiuto di pagare per entrare in una chiesa.
Per me è vergognoso pretendere 80 NOK (circa € 10,00) per l’ingresso, senza neanche poter fare foto.
Sono comunque entrato due minuti prima dell’inizio di una messa ma sono stato rapidamente sbattuto fuori.
Il buio dell’interno mi ha impedito di vedere granchè.

 

Norvegia - Trondheim - Cattedrale di Nidaros

 

Vitensenteret

Dal 1988 il Centro della Scienza incoraggia la curiosità e la creatività con attività entusiasmanti, esperimenti ed installazioni interattive.
Il Vitensenteret, aperto tutti i giorni, è uno dei 10 centri scientifici regionali in Norvegia e si trova nel centro storico di Trondheim.

I bambini si divertiranno in quelli che sembrano giochi ma anche i grandi potranno divertirsi ugualmente, pensando che se questo fosse presente in ogni scuola, l’apprendimento sarebbe migliore e più facile.

 

Norvegia - Trondheim - Vitensenteret - Science Centre - Cafè Wall Illusion

 

Qui infatti non ci sono risultati e spiegazioni teoriche degli studi scientifici, ma si è proprio incoraggiati a sperimentare personalmente e imparare giocando scienze come tecnologia, fisica, meccanica, anatomia, elettricità, chimica, geologia, matematica, meterologia, programmazione informatica e tanto altro.
Se da bambini ci si appassiona giocando, è più facile continuare il proprio percorso di studi sino all’Università di Scienze e Tecnologia di Trondheim.

 

Norvegia - Trondheim - Vitensenteret - Science Centre - Vater Hevert

 

Bello anche il planetario 3D dove viene trasmesso un video sull’aurora boreale ed uno su un coinvolgente viaggio nell’universo, tra galassie e costellazioni.
Molto interessanti sono anche i video sulle avventure subacquee nella barriera corallina e dei racconti fatti dal pinguino James dal Polo Sud e dall’orso Vladimir dal Polo Nord.

 

Norvegia - Trondheim - Vitensenteret - Science Centre - Tornado button

 

Kristiansten Fortress

L’incendio del 1681 e la successiva riorganizzazione urbanistica affidata a Johan Caspar de Cicignon, spinse alla costruzione della Fortezza Kristiansten sulla collina ad est della città.
Uno dei suoi compiti fu anche quello di proteggere Trondheim dagli attacchi stranieri, come effettivamente avvenne quando l’esercito svedese assediò la città nel 1718.
La Kristiansten Fortress resistette grazie all’esercito norvegese e alla popolazione, arrivata anche dalle campagne limitrofe per difendere Trondheim.

 

Norvegia - Trondheim - Fortezza Kristiansten

 

Durante l’occupazione tedesca della Norvegia nella Seconda Guerra Mondiale, 1.500 soldati tedeschi arrivarono in città all’alba del 9 aprile 1940 e in 4 ore la occuparono senza trovare nessuna resistenza.
I nazisti capirono subito il potenziale della fortezza e vi si stabilirono, usandola anche come tribunale e luogo in cui furono giustiziati circa 30 patrioti norvegesi ed un numero sconosciuto di persone di altre nazionalità.
Sempre la fortezza, alla fine della guerra, fu il luogo ufficiale di esecuzione di traditori e criminali di guerra condannati.

 

Norvegia - Trondheim - Fortezza Kristiansten

 

In occasione del 1000° anniversario di Trondheim nel 1997, Kristiansten fu sottoposta ad un vasto rinnovamento.
Nel 2001 il parlamento norvegese ha deciso di terminare l’uso militare e utilizzarla per i soggiorni reali e per motivi civili.
È infatti considerata un’area museale ed una destinazione popolare tra escursionisti e viaggiatori.

 

Norvegia - Trondheim - Fortezza Kristiansten

 

Servono circa 15 minuti per fare tutta la salita dal Ponte della città vecchia ma la fatica sarà ricompensata dal bellissimo panorama.
È inoltre molto vicino al Singsaker Sommerhotell, dove consiglio di dormire se visiti la città in estate.

 

Norvegia - Trondheim - ponte città vecchia

 

Tour in mare

Ovviamente è possibile vedere la città da un’altra angolazione.
Ci sono varie agenzie che organizzano tour giornalieri in barca nel fiordo, con guide multilingua.
Per un tour davvero unico, puoi salire su una nave quasi uguale ai drakkar vichinghi di oltre 1.000 anni fa, costruita utilizzando proprio quelle tecniche, tramandate da generazioni.

Oppure, se hai voglia di fare un po’ di attività fisica, puoi spingere il tuo kayak nelle calme acque del fiume Nidelva.

 

Norvegia - Trondheim - Kayak sul fiume Nidelva

 

Tram Grakallbanen

Gråkallbanen è la linea di tram più settentrionale del mondo, che sale dal centro della città sino alla foresta e all’area ricreativa di Bymarka. Il tragitto è panoramico e molto piacevole.
In occasioni speciali, o spesso quando ci sono le navi da crociera, viene messo in funzione il vecchio tram storico.

 

Norvegia - Trondheim - Tram Grakallbanen

 

Norvegia - Trondheim - fermate Tram Grakallbanen

COME ARRIVARE
Aereo

L’Aeroporto di Trondheim Værnes accoglie voli nazionali e internazionali.
SAS e Norwegian hanno voli diretti da/per Oslo che impiegano poco meno di un’ora.

Ci sono due collegamenti possibili tra città e aeroporto:
l’autobus Flybussen, con fermata subito fuori dagli arrivi, fa varie fermate in città (quindi informati prima su quale sia la più vicina al tuo ostello/hotel/b&b).
Il treno invece collega la stazione centrale di Trondheim alla stazione all’interno dell’aeroporto.

 

Norvegia - Trondheim - fiume Nidelva

 

Nave

Trondheim è ovviamente uno dei porti in cui fa scalo giornalmente il postale Hurtigruten, per poi proseguire sia verso sud che verso nord.
Spostarsi in nave è un’ottima scelta se si ha tempo a disposizione, altrimenti è possibile prendere l’aereo per Oslo o Bodo.

 

Hurtigruten - Nordkapp ship

 

DOVE MANGIARE

Trondheim è una città in cui fare ottime esperienze culinarie tra affascinanti caffetterie, deliziosi ristoranti e micro-birrifici.
La selvaggina piccola e grande, l’agnello, i crostacei, il salmone e altri frutti di mare e le bacche sono tutte specialità della regione di Trondheim.
I prezzi ovviamente sono bilanciati all’altissimo tenore di vita e possono risultare inavvicinabili per molti stranieri.

Bondens Marked

Girare qua è stato quasi un miraggio. In una Norvegia carissima, si può mangiare tranquillamente girando tra le varie bancarelle. Si trova dalla carne al pesce, dalle verdure ai dolci. I prezzi degli eventuali acquisti sono comunque ottimi.
Non posso che ringraziare Sant’Olav perchè non so quante volte ho camminato avanti e dietro per le varie degustazioni tra le bancarelle assaggiando, in realtà proprio mangiando, di tutto e di più.

 

Norvegia - Trondheim - Bondens Marked

 

Ravnkloa

All’estremità inferiore di Munkegata, si trova il mercato del pesce della città.
In realtà più che un mercato, si tratta di una grande pescheria. Nei vari tavolini all’esterno del locale si possono mangiare vari piatti della tradizione, fatti ovviamente con il pesce freschissimo e crostacei del fiordo.

Norvegia - Trondheim - Mercato del Pesce Ravnkloa

 

DOVE DORMIRE

Singsaker Sommerhotell

Uno dei più grandi palazzi in legno abitati della Scandinavia, durante l’anno scolastico è il campus universitario cittadino mentre nei mesi estivi si trasforma in hotel gestito dagli anni ’50 direttamente dagli studenti.
Il Singsaker Sommerhotell dispone di 103 camere da 1-4 letti e dormitori per 10-12 persone (unica nota negativa, le 2 camerate sono nel seminterrato e stare sotto terra non è molto piacevole). La reception è aperta 24 ore al giorno, colazione, wifi e parcheggio sono inclusi nel prezzo.

 

Norvegia - Trondheim - Singsaker Sommerhotell

 

Aeroporto Trondheim Værnes

Nei miei viaggi non rinuncio mai a niente. Ma per fare tutto ciò che desidero ho trovato il mio compromesso spendendo il meno possibile per dormire.
Oltre a preferire gli ostelli in camera condivisa anzichè gli hotel (a meno di offerte assurde o convenienze particolari), scelgo spesso gli spostamenti notturni per risparmiare tempo e passare la notte sull’autobus (o treno, o nave) oppure di prendere l’ultimo o il primo volo della giornata.
E questo per dormire in aeroporto. La mia è proprio una scelta: mi piace dormire in aeroporto.

Nell’aeroporto di Trondheim Værnes non credevo ai miei occhi.
Non tanto per i comodissimi divani con le prese elettriche vicine, non tanto perchè i bagagli venivano consegnati in un’area aperta a tutti… ma perchè i negozi all’interno dell’aeroporto sono rimasti “aperti/chiusi” tutta la notte.
Senza telecamere e senza controlli.
E la cosa che mi ha ancora più meravigliato è che, all’apertura mattutina, chiedendo come mai lasciassero tutto così “chiuso/aperto”, sembravano proprio non capire cosa volessi dire.
“Non c’è nessuno, vuol dire che il negozio è chiuso. Chi entra se il negozio è chiuso?”

 

Norvegia - Trondheim - Aeroporto

 

CONCLUSIONI

Trondheim è stata una bellissima scoperta, una città per gran parte pedonale dove camminare tranquillamente tra strade acciotolate e ponti storici, con tante case di legno e senza grattacieli, una tradizione culinaria influenzata sia dalla terra che dalle acque del fiordo, un’atmosfera vivace ed attraente grazie alla più grande università della Norvegia.

Ma ovviamente con i prezzi allineati al tenore di vita (e quindi agli stipendi) norvegesi.
Qui infatti ho avuto il primo contatto duro con questa realtà e i costi possono essere davvero proibitivi.

Per fortuna mi ha aiutato Sant’Olav…

 

Norvegia - Trondheim - fiordo

 

Norvegia - Trondheim - Munkholmen

 

 

Continua il viaggio verso Oslo o verso nord con la Hurtigruten.

 

 

 

 

OSLO: PRIMA TAPPA DI UN VIAGGIO IN NORVEGIA

Nei miei ultimi viaggi ho cercato di dare priorità a quelli impegnativi a livello fisico, pensando che andando avanti con gli anni sarà più difficile fare certe esperienze.
Ecco perchè avevo immaginato di andare in Scandinavia tra molti anni.
Invece alcune coincidenze mi hanno fatto anticipare il viaggio in Norvegia e ho rivalutato la mia programmazione.
Non visito mai uno Stato senza passare dalla sua capitale. E Oslo è stata la prima meta del mio lungo viaggio.

Avevo sempre associato la Norvegia a neve, freddo e aurora boreale. Ma ovviamente c’è molto di più.
I Norvegesi hanno grandi tradizioni marinare, dai Vichinghi alle esplorazioni dell’Artico. E non solo…

È possibile viaggiare in Norvegia a basso costo? La risposta è ni.
Ovviamente gli standard personali sono diversi ma si può prendere qualche accorgimento.
Ad Oslo per esempio ritengo fondamentale Oslo Pass.
Il costo è alto (circa € 40,00 per 24 ore, € 60,00 per 48 ore, € 75,00 per 72 ore) però include l’accesso a tutti i musei, attrazioni e mezzi di trasporto cittadini, oltre a sconti in alcuni ristoranti.
I biglietti di ingresso nei vari musei sono abbastanza cari e, visitando le maggiori attrazioni, si spenderebbe più del costo dell’abbonamento Oslo Pass.

 

Norvegia - Oslo - municipio

 

Oslo Visitor Centre

Raramente un Centro Informazioni mi ha davvero aiutato, ma questo non vale ad Oslo.
Appena arrivati, si dovrebbe proprio iniziare dall’Oslo Visitor Centre, all’interno della stazione ferroviaria.
Alcuni giovani ti accolgono con la massima gentilezza e rispondono ad ogni rapida domanda.
Per informazioni più dettagliate o per acquistare biglietti ed abbonamenti bisogna invece prendere il numero e fare la fila. A volte capita di dover aspettare a lungo quindi nell’attesa si possono leggere i vari opuscoli turistici, ricchi di dettagli e disponibili in molte lingue.

Nobels Fredssenter – Palazzo del Premio Nobel per la Pace

Alfred Nobel divenne ricco grazie ai 355 brevetti depositati in seguito ai suoi esperimenti sugli esplosivi (tra le altre cose inventò la dinamite).
Quando il fratello maggiore morì dilaniato da un’esplosione durante un esperimento, alcuni giornali francesi credettero che fosse morto Alfred, “il mercante di morte che fece fortuna trovando il modo di uccidere più persone possibili”.
Scosso da queste parole, decise di destinare la sua immensa fortuna e gli interessi successivamente maturati dai suoi fondi di investimento all’istituzione del Premio Nobel, da attribuire a coloro che, durante l’anno precedente, abbiano maggiormente contribuito al benessere dell’umanità.

La cifra, attualmente vicina ai 9 milioni di corone (circa 870.000 euro), viene divisa in cinque parti uguali: alla persona che abbia fatto la scoperta o l’invenzione più importante nel campo della fisica, della chimica, della fisiologia/medicina, a chi abbia prodotto il lavoro letterario di tendenza idealistica più notevole e infine alla persona che più si sia prodigata per la fraternità tra le nazioni, per l’abolizione o la riduzione di eserciti permanenti e per la formazione e l’incremento di congressi per la pace.

Ovviamente per l’assegnazione dei premi non si deve tener conto della nazionalità dei candidati.
I premi Nobel in fisica, chimica, medicina e letteratura sono comunemente ritenuti i più prestigiosi assegnabili in tali campi.
Il premio Nobel per la pace invece, soprattutto ultimamente, viene spesso accompagnato dalle polemiche per le valutazioni politiche che lo motivano.

 

Norvegia - Oslo - Nobel Peace Center

 

La Oslo Card mi ha convinto ad entrare ma purtroppo lo scetticismo iniziale si è rafforzato minuto dopo minuto.
Al piano terra ci sono esposizioni temporanee. Io ho trovato una mostra fotografica sui cambiamenti dei valori generazionali ma non capisco cosa possano c’entrare il consumismo, il sesso e la chirurgia estetica con il Nobel per la Pace.

Al piano superiore è invece la politica a senso unico a farla da padrone, chiara dimostrazione di quanto purtroppo il Nobel per la Pace sia diventato quasi il nobel per gli esportatori di pace e democrazia.

Questa delusione non mi fa acquistare niente nell’ampio negozio di souvenir nè al bar interno.

Kon-Tiki Museum

Il mio professore di matematica e fisica alle superiori ci diceva spesso che “siamo tutti ignoranti“. C’è chi si offende e chi capisce che questa è solo la verità perchè non possiamo sapere tutto.
L’ignoranza, cioè l’ignorare qualcosa, deve appunto spingere la nostra curiosità verso la conoscenza.
Non avevo mai sentito parlare del Kon-Tiki e quando sono entrato nel museo che lo ospita sono rimasto senza parole.

 

Norvegia - Oslo - Kon Tiki - museum

 

Alzi la mano chi ha mai sentito il nome del norvegese Thor Heyerdahl. Eppure dovremmo tutti conoscerlo.

Certo dei suoi studi, volle dimostrare che alcune popolazioni antiche erano capaci di realizzare viaggi transoceanici.
Era sicuro che le isole polinesiane fossero state colonizzate in epoca precolombiana dalle popolazioni del Sud America e non da occidente.
Questo perchè i venti e le correnti nel Pacifico generalmente corrono da est verso ovest e inoltre in Polinesia ci sono animali e piante comuni anche in Sud America.

Come poteva dimostrarlo? Nell’unico modo possibile: facendolo!

 

Norvegia - Oslo - Kon Tiki - museum

 

Thor Heyerdahl, idrofobo con minima capacità di nuotare e senza nessuna esperienza come marinaio, costruì il Kon-Tiki con materiali, metodi e tecnologie preistoriche.
La zattera di legno di balsa salpò dal porto di Callao, in Peru, il 28 aprile 1947 e raggiunse l’atollo di Raroia, attuale Polinesia Francese, il 7 agosto.
Thor Heyerdahl, Erik Hesselberg, Bengt Danielsson, Knut Haugland, Torstein Raaby e Herman Watzinger riuscirono nell’incredibile impresa di percorrere circa 4.500 miglia nautiche (circa 8.000 km) in 101 giorni su questa zattera, il mitico Kon-Tiki.

 

Norvegia - Oslo - Kon Tiki - foto museo

 

Nel 1955 Heyerdahl organizzò una spedizione scientifica sull’Isola di Pasqua.
Quando arrivò sull’isola erano visibili solo le teste dei famosi moai ma grazie ai suoi scavi fu possibile portare alla luce le statue nella loro interezza.

 

Norvegia - Oslo - Thor Heyerdahl e i moai sepolti dell'Isola di Pasqua

 

Norvegia - Oslo - Thor Heyerdahl scava i moai dell'Isola di Pasqua

Vennero inoltre fatti vari esperimenti di intaglio, trasporto e posizionamento dei moai.
Con l’aiuto di solo 5 persone, con tecniche e strumenti rudimentali, riuscì in tre giorni a scolpire interamente una statua di dodici tonnellate in tufo vulcanico.
Bastarono 18 uomini muniti di funi, una slitta di legno e un apposito basamento di pietre per issare e “far camminare” un moai di trenta tonnellate, dimostrando quanto fosse stato non solo possibile ma anche facile.

 

Norvegia - Oslo - Thor Heyerdahl e i moai dell'Isola di Pasqua

 

Sull’isola scoprì inoltre raffigurazioni di imbarcazioni di giunco con albero maestro e vela e si convinse che le antiche civiltà del Mediterraneo navigarono nell’Oceano Atlantico e raggiunsero il Centro e Sud America.
Anche in questo caso poteva dimostrarlo solo facendo lo stesso tipo di viaggio.

Nel 1969, davanti alla Piramide di Cheope in Egitto, Heyerdahl costruì l’imbarcazione in papiro, ispirandosi alle antiche navi egizie, e la chiamò Ra in onore del Dio Sole.

 

Norvegia - Oslo - costruzione Ra davanti alla Piramide di Cheope

Salpò da Safi, in Marocco, ma dopo quasi 5.000 km percorsi in 8 settimane, e a soli 160 km dall’arrivo, fu costretto a chiedere aiuto e terminare la spedizione.
A causa di qualche errore di progettazione ed un timone rotto, i giunchi lasciavano entrare molta acqua e Heyerdahl temette che il Ra sarebbe affondato con tutto l’equipaggio a bordo.

Dieci mesi più tardi l’avventuriero norvegese varò la piccola ma più resistente Ra II con l’aiuto di quattro indigeni Aymara provenienti dalla zona boliviana del Lago Titicaca e abituati ad usare imbarcazioni simili (tutt’oggi è possibile visitare le isole galleggianti sul Lago Titicaca, sia in Bolivia che in Peru).

 

Norvegia - Oslo - Kon Tiki - museum

 

Il 17 maggio 1970 salpò dal Marocco, percorse circa 4.000 miglia di oceano in 57 giorni e finalmente raggiunse Barbados.

L’equipaggio era composto da Thor Heyerdahl, Carlo Mauri (italia), Jurij A. Senkevich (Russia), Santiago Genoves (Messico), Norman Baker (Usa), Kei Ohara (Giappone) e Madani Ait Ouhanni (Marocco).

Vikingskipshuset – Museo delle Navi Vichinghe

Il Museo delle navi vichinghe ospita quattro navi vichinghe sepolte nell’area del fiordo di Oslo, trovate tra il 1852 e il 1904 a Oseberg, Gokstad, Tune e Borre.
Tre delle navi contenevano tombe sopravvissute fino ad oggi: la nave Oseberg dovrebbe risalire all’anno 820 d.C., la nave Gokstad a poco prima del 900 d.C. e la nave Tune circa 910 d.C..
Della nave di Borre (del 900 d.C.) oggi rimangono solo chiodi di ferro.

Le tre navi erano state in mare per diversi anni prima di essere tirate a terra e utilizzate come navi funerarie. I morti furono collocati nelle camere costruite a bordo.
Furono seppelliti con generose scorte di cibo e bevande, vari animali e un gran numero di oggetti.

La Oseberg fu usata come nave funeraria per donne, mentre Gokstad e Tune vennero riservate agli uomini.

 

Norvegia - Oslo - Nave Vikinga

 

La nave Gokstad era stata in uso per alcuni anni prima che vi fosse seppellito un comandante locale con i suoi numerosi doni: letti, barche, una tenda, una slitta, cani, cavalli e pavoni.
Questa nave è costruita in quercia e misura 24 metri di lunghezza e 5 metri di larghezza. È la più grande delle tre, con spazio per 32 rematori.
I fori dei remi potevano essere chiusi con coperture di legno quando la nave era in navigazione.
La Gokstad raggiungeva una velocità di oltre dodici nodi e avrebbe potuto navigare sino all’Islanda.

La maggior parte degli oggetti erano ben conservati perché le navi erano state sepolte in un terreno umido e coperte di argilla ed erba però, dato che non furono trovati gioielli e armi, si suppone che siano state saccheggiate.

Vedere le navi vichinghe è emozionante e imperdibile durante un viaggio a Oslo.

 

Fram Museum

Anche questo museo, vicino ai precedentemente descritti, merita sicuramente una visita accurata.

La nave Fram fu la prima costruita in Norvegia appositamente per la ricerca polare. Fu utilizzata in tre importanti spedizioni: da Fridtjof Nansen alla deriva sull’Oceano Artico dal 1893 al 1896, da Otto Sverdrup nell’arcipelago artico a ovest della Groenlandia (1898-1902) e da Roald Amundsen in Antartide per la sua spedizione al Polo Sud (1910-1912).
Questo significa che la nave occupa una posizione unica nella storia dell’esplorazione, essendo stata capace di raggiungere sia il Polo Nord che il Polo Sud.

 


La Fram è davvero imponente ed è facile immaginarsi al suo interno quando ai lati vengono proiettate le immagini virtuali della navigazione con il mare grosso e tra i ghiacciai.

Qui si ha un primo approccio agli studi sulla conquista del Polo Nord. Da tanti anni infatti si analizzavano le correnti e i venti artici tra Groenlandia e Siberia ma tutti i tentativi di raggiungere il Polo Nord attraverso il ghiaccio artico fallirono.
Per questo bisognava progettare quella che sarebbe diventata la nave di legno più resistente mai costruita.

 

Norvegia - Oslo - Museo Fram

 

La sua struttura, 40 metri di lunghezza e 11 di larghezza, fu studiata in modo da non affrontare direttamente la pressione del pack artico, ma per sfruttare il movimento dei ghiacci, salire sopra il pack e venire così trasportati alla deriva sino al Polo Nord (o comunque molto vicino).
Era inoltre necessario che fosse confortevole per l’equipaggio, che avrebbe dovuto trascorrere diversi anni a bordo.

La costruzione della nave avvenne grazie al supporto economico della Norvegia e di tanti cittadini privati orgogliosi di contribuire al successo.

 

 

CONCLUSIONI

Oslo mi ha stupito e mi ha insegnato tante cose di cui non avevo mai sentito parlare.
Perchè viaggiare per me è anche scoprire, imparare, tornare a casa migliore di quando sono partito.
Il primo approccio con la Norvegia è stato sicuramente positivo. La sua capitale mi ha trasmesso l’avventura dei suoi avi e un grandissimo senso di pace.
Non tanto, come detto, per quel che riguarda l’attuale valore del Premio Nobel, ma per un generale rispetto per la natura (la pulizia della città è totale e non avevo mai visto un così alto numero di mezzi elettrici ed ibridi) e per le persone (a volte bici e autovetture si fermano talmente distanti dalle strisce pedonali che non ti rendi neanche conto che stiano pensando a te).
So che questi argomenti possono sembrare banali per chi vive in Norvegia o in altri Paesi simili, ma credo che sia invece incredibile e inaspettato per la maggiorparte di turisti e viaggiatori che arrivano qua.

Oslo è stata solo la prima tappa del mio viaggio in Norvegia, clicca qui per scoprire il continuo

 

Norvegia - Oslo - Teatro Opera - Operahuset

 

 

SAN CRISTOBAL DE LAS CASAS: SIMBOLO DEL CHIAPAS

Il 1 gennaio 1994, le strade di San Cristóbal de Las Casas, città simbolo del Chiapas ed antica capitale dello Stato più meridionale del Messico, furono invase dall’EZLN e quell’aria rivoluzionaria si sente ancora ovunque.
L’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale si mostrò al mondo quel giorno e se si vuole un contatto diretto con loro non si può fare altro che venire a San Cristóbal de Las Casas.

Da decenni, anche per questo, la città è diventata una base per i viaggiatori di tutto il mondo, che condividono le loro culture con i discendenti dei Popoli Originari del Chiapas: Maya, Tzotzil, Tzeltal, Chol.
Qui, oltre lo spagnolo, si parlano ancora lingue millenarie.

La vita scorre lenta nelle acciotolate vie di San Cristóbal e lentamente bisogna conoscerla.

Nei miei viaggi mi piace scoprire le città usando una mappa cartacea, spesso quella presa in ostello.
Quando torno in camera evidenzio le vie in cui sono passato per cercare così di non passare negli stessi posti e vedere il più possibile.
Uso dei punti di riferimento, luoghi che considero strategici per vari motivi.
A San Cristóbal ne ho individuato due: la Cattedrale e il mercato.

 

Catedral e Plaza 31 de marzo

Questa zona è diventata la mia base a San Cristóbal.
Appena arrivato qui, mi sono reso conto di essere davvero in Chiapas.
La cattedrale è in stile coloniale, molto diversa dalle classiche chiese cattoliche a cui sono abituato.
Attualmente purtroppo non si può accedere al suo interno perchè proseguono i lavori di ripristino dei danni causati dal terremoto del 2016.
E purtroppo non è una novità: iniziata nel 1528, fu terminata solo nel 1815 a causa di vari disastri naturali.
Nel 1816 e nel 1847 subì altri danni con conseguenti restauri.

Messico-San-Cristobal-de-las-Casas

 

Messico - San Cristóbal de Las Casas - Catedral

 

La Piazza della Cattedrale è spesso affollata di residenti, viaggiatori, bancarelle e indigeni della città e dei paesi vicini, vestiti con i loro abiti tradizionali.

I bambini giocano, ma più spesso vagano per la città cercando di vendere braccialetti o altri oggetti artigianali.
Ed è proprio in questo contesto che ho vissuto uno di quegli episodi che insegnano che viaggiare apre la mente, insegna i veri valori della vita ed aiuta a crescere ed essere migliori.

 

Messico - San Cristóbal de Las Casas

Un caldo pomeriggio chiapaneco, ero seduto a pranzare in uno di quei tavolini all’ombra, guardando la vita scorrere lentamente davanti a me.
Mi si avvicina uno dei tanti bambini che riempiono le strade di San Cristóbal, per vendermi un braccialetto fatto da lui.
Sorrido e gli dico che se vuole gli offro il pranzo. Non se lo fa ripetere, si siede e ordina un panino e una coca cola.
Dopo poco arriva un altro bambino e quando vede un suo coetaneo, in quel momento più fortunato di lui, lo guarda con sana invidia fanciullesca e sembra che assapori quel panino e si rinfreschi con la coca cola.
Invito anche a lui a sedersi ma rifiuta perchè la mamma è seduta su una panchina poco distante e non vuole tradirla.
Gli dico che se lei vuole, a me fa piacere che venga.
Il bambino corre da lei e tornano al tavolo insieme. La fame probabilmente le ha fatto mettere da parte ogni titubanza.
Ordino una bistecca per tutti, grandi come forse non hanno mai mangiato in vita loro.
Ci prova, ma non sa usare le posate.
Evito subito che si imbarazzi e mangiamo tutti e quattro con le mani, con umiltà, con rispetto.
I bambini parlano anche lo spagnolo, la signora solo lingua indigena.
Chiacchieriamo un po’, i bambini traducono. E dove non arrivano le parole, ci si capisce con sguardi e sorrisi.
Poi ognuno va per la sua strada.
Con gli stomaci pieni e con il cuore di più.

 

Messico-San-Cristobal-de-las-Casas

 

San Cristóbal per me sono le strade acciotolate piene di gente, il profumo del caffè chiapaneco, le culture che convivono e che si fondono anche nel cibo, le case colorate come gli abiti tradizionali, il caldo sole del mattino e il freddo che può diventare pungente di notte perchè qui, comunque, siamo a 2.200 metri di altitudine.

 

Messico - San Cristobal de las Casas

 

Iglesia del Cerrito (o San Cristobalito)

Sulla collina del Cerro San Cristóbal, si trova la Iglesia del Cerrito.
Raggiungibile da una particolare scala a zigzag, permette di vedere la città dall’alto.

 

Messico - San Cristóbal de Las Casas - Iglesia del Cerrito

 

Messico-San-Cristobal-de-las-Casas

 

Dalla parte opposta si trova il Cerro de Guadalupe, con la chiesa omonima affollata soprattutto il 12 dicembre, giorno appunto di Nostra Signora di Guadalupe.

 

Templo de Santo Domingo

Costruito nel XVII secolo in stile barocco chiapaneco, il tempio ed ex convento di Santo Domingo sorprende e impressiona per la sua facciata rosa.

Messico-San-Cristobal-de-las-Casas-Templo-de-Santo-Domingo

 

Nelle sue strette vicinanze c’è il mercato cittadino, punto di ritrovo dei colectivos.
Auto, minivan o furgoni più o meno attrezzati (come nella foto sotto), collegano San Cristóbal con città e paesi vicini, rendendosi senza dubbio il mezzo perfetto per gli spostamenti a piccolo-medio raggio.
A seconda della destinazione, partiranno quando il mezzo è pieno oppure caricheranno persone nel tragitto.
Il prezzo varia a seconda della distanza ma sarà sempre economico e conveniente.

 

Messico - San Cristobal de las Casas

 

Al mercato è possibile trovare di tutto a prezzi bassissimi, dal cibo a vestiti e oggetti di artigianato da portare a casa.
Si può contrattare un po’ ma bisogna sempre chiedersi se qualche pesos risparmiato possa cambiarci la vita.
Quei pochi pesos in più possono invece permettere a qualcuno di sfamare la propria famiglia.

Perchè il Chiapas è meraviglioso, ma è anche lo Stato più povero del Messico.

 

Messico-San-Cristobal-de-las-Casas

NY ALESUND: VIAGGIO CON GLI SCIENZIATI

A Ny-Ålesund vivono circa 30 persone d’inverno e 130 d’estate.
Un pò come tutte le Svalbard, è un territorio internazionale, fondamentale base scientifica soprattutto per geologi e meteorologi.

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VIAGGIO A BARENTSBURG

L’URSS ALLE ISOLE SVALBARD

Raggiungibile in inverno in motoslitta, d’estate prima tappa delle spedizioni Hurtigruten oppure visitabile con un’escursione giornaliera da Longyearbyen, Barentsburg (in russo Баренцбург) è l’unico insediamento minerario risalente al periodo sovietico ancora funzionante alle Isole Svalbard e ha un importante valore geopolitico.

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ESCURSIONE A PYRAMIDEN DA LONGYEARBYEN

TROVARE L’URSS E GLI ORSI POLARI

Dopo la spedizione polare con la Hurtigruten, sino a superare l’80° parallelo nord, ho scelto l’escursione da Longyearbyen a Pyramida e al ghiacciao Nordenskiöldbree come ultima carta per provare a vedere gli animali assenti nei giorni precedenti.
E incredibilmente è stata la scelta perfetta.

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LONGYEARBYEN: VIAGGIO AI CONFINI DEL MONDO

Il gate 20 è al piano inferiore dell’aeroporto di Tromso e camminando nei grigi corridoi sembra di essere già usciti dalla pulita e ordinata Norvegia.
Il passaggio alla dogana per il controllo passaporti segna l’uscita dall’area Schengen e porta nella sala d’attesa.

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VIAGGIO A DERRY/LONDONDERRY:

DIMMI IL NOME DELLA TUA CITTÀ E SAPRÒ CHI SEI

Per capire quasta parte di Irlanda è necessario non fermarsi a Belfast.
Scoprire Derry è fondamentale per capire le divisioni storiche, ideologiche e culturali che separano gli abitanti.

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VIAGGIO LOW COST IN IRLANDA

RYANAIR: AEREI PER VIAGGIATORI NOMADI

Non sono più gli anni in cui si viaggiava con € 0,01 ma continuerò comunque a difendere l’irlandese Ryanair, che ha rivoluzionato il modo di spostarsi, consentendo a milioni di persone di salire su un aereo con pochi euro.
Resto sempre dell’idea che sia solo un collegamento tra una città e un’altra.

Non importa in che sedile mi devo sedere, non importa se ci sono più annunci di vendita sull’aereo che su ebay, non importa se devo sfidare la fisica per preparare lo zaino, non importa se devo riempire le tasche con quello che non entra nel bagaglio a mano, non importa se la felpa non ci sta e me la devo legare in vita…

Mi importa solo, per esempio, raggiungere Belfast e tornare a Cagliari spendendo solo 30 euro.

 

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COME ARRIVARE

Il George Best Belfast City Airport, dedicato nel 2006 ad uno dei suoi cittadini più famosi, sorge adiacente al porto, a soli 5 km dal centro città. I suoi voli collegano principalmente l’isola al Regno Unito, con qualche volo stagionale verso Barcellona, Amsterdam o Bruxelles.

Il Belfast International Airport ha invece collegamenti con tutta Europa, Cuba e Stati Uniti.
Per raggiungere la stazione centrale Europa Buscentre occorrono circa 40 minuti con l’Autobus Express 300.
I biglietti si possono fare nel banco informazioni all’interno dell’aeroporto (servizio ottimo, con mappe e informazioni su tutto ciò che offre l’isola irlandese, gratis e multilungua) oppure direttamente a bordo (ma potrebbe servire l’importo esatto, l’autista non sempre ha il resto).
Il costo è di 8 £ solo andata, 11 £ incluso il ritorno.
Nessun divieto per chi ci vuole trascorrere la notte. Però l’ambiente non è molto amichevole: sedie scomode, luci perennemente accese e personale impegnato tutta la notte a pulire parlando a voce alta.

MUOVERSI IN IRLANDA

Per guidare serve sempre esperienza e sicurezza. Qui ovviamente si guida in modo anglosassone e preferisco non rischiare un frontale contromano.

Usare i mezzi pubblici è facile ed economico.
Esiste una carta giornaliera con cui prendere qualsiasi mezzo e spostarsi in tutta l’Irlanda del Nord. Si chiama iLink Zone4 e costa 17 £.
Bisogna chiederla specificatamente, non sempre ai banchi della stazione la propongono, preferendo vendere i più cari biglietti singoli.

Ci sono dei collegamenti diretti tra gli aeroporti di Belfast e Derry con i miniautobus di airporter.co.uk.
In questo caso le tariffe sono di 20 £ per viaggio singolo di una persona (30 £ con ritorno), 15 e 25 £ se si viaggia in più di 2 persone, 10 e 15 £ per passeggeri sotto i 16 anni.

 

COSA VEDERE

Gran parte della storia di Belfast è legata alla guerra che divide da più di 800 anni cattolici nazionalisti irlandesi e protestanti unionisti inglesi.

Le strade della città hanno visto oltre 1.500 morti e l’odio non si chiude dentro una bara, ma da lì ne esce fuori con maggiore prepotenza.

I murales rappresentano la storia e la cultura dell’Irlanda e mostrano la divisione chiara e visibile tra i rispettivi quartieri. E lo stesso fanno i diversi colori di marciapiedi e pali (tricolori verdebiancoarancio in zona irlandese, rossobiancoblu in zona inglese) e un’atmosfera sempre tesa e guardinga.

Sono tanti i tour a piedi o in taxi che si possono fare, ma io preferisco sempre girare a piedi alla ricerca di qualcosa di diverso dalle classiche visioni.

 

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Zona irlandese, cattolica, nazionalista, repubblicana

I murales riempiono le strade intorno a Falls Road.

 

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Oltre le immagini di amici e parenti che hanno perso la vita e il sostegno all’IRA, si trovano legami indipendentisti (dediche a Paesi Baschi e Catalogna), di sinistra (Palestina, Cuba, Africa) e di chi è venuto da ogni parte del mondo a sostenere questa causa.

 

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Zona inglese, protestante, unionista, lealista

Vicino alla stazione centrale, un grande murales indica l’arrivo in Sandy Row. Qui nei 1866 venne fondato il Linfield FC, squadra in cui ancora oggi, pur se non ufficialmente, vengono tesserati solo giocatori protestanti.
Un pub con le vetrate spesso danneggiate è la casa dei tifosi dei Glasgow Rangers, scozzesi supportati in città per il loro legame con i protestanti.

 

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La popolazione unionista abita principalmente nella zona di Shankill Road. D’altronde il gruppo dei “Macellai di Shankill” divenne tristemente noto durante la guerra.

 

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Il 12 luglio, the glorious Twelfth per i protestanti, si festeggia ancora invocando la morte dei cattolici, come quel giorno del 1690 in cui il re protestante Guglielmo III d’Orange sconfisse il re cattolico Giacomo II nella battaglia del fiume Boyne, sancendo il predomino dei coloni protestanti inglesi e scozzesi sugli irlandesi nazionalisti cattolici.
Il corteo è sempre simbolo di scontri e feriti tra le due fazioni.

I murales qui hanno costanti riferimenti ai sovrani inglesi, ad amici e parenti uccisi e in favore dei gruppi paramilitari UDA e UVF, maggiori responsabili della morte dei cattolici.

 

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Il muro della pace

Se i colori di murales, marciapiedi e pali rappresentano le diverse comunità, niente è più chiaro ed evidente dell’alto muro di divisione, ancora indispensabile a tal punto che vengono chiusi i cancelli tutti i giorni dalle 20.00 alle 06.00, separando fisicamente le due comunità nemiche.

 

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Belfast è davvero divisa in due parti opposte e costantemente in guerra. Solo la quasi costante pioggia fa intravedere i colori di una pace lontana da essere raggiunta.

 

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Il Titanic

Oltre tutto ciò, Belfast fu il centro mondiale specializzato nella costruzione di navi. Dal cantiere navale Harland and Wolff uscì anche il Titanic. Visitare il museo è quindi imperdibile anche se forse sono uscito un pò deluso.

 

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Il museo è all’interno di una struttura che mi ricorda il Guggenheim di Bilbo/Bilbao.
Mi sarei aspettato di trovare una fedele ricostruzione degli ambienti invece tutto è incentrato sulla sua costruzione (bello il percorso nel trenino che fa capire le condizioni di lavoro) e sul suo unico viaggio, iniziato da Belfast e terminato in fondo al mare.

All’esterno del museo si trova la Nave Nomadic, sorella minore del Titanic e ultima nave della linea Stella Bianca.
Il biglietto cumulativo costa £ 18.50 e vale sicuramente la pena entrare nei corridoi vuoti per immaginarsi in quel fatale 15 aprile 1912.

 

Nelle vicinanze di trova la SSE Arena Belfast.
Le bandiere al vento e le sciarpe al collo dei tifosi mi hanno spinto a vedere per la prima volta una partita di hockey sul ghiaccio, la finale IIHF che ha visto la sconfitta ai rigori dei Belfast Giants.

PROSEGUIRE IL VIAGGIO

Sfruttando la carta giornaliera iLink Zone4, è senza dubbio doveroso dedicare qualche giorno alla città di Derry e a The Giant’s Causeway, luogo così fuori dal comune da prestarsi alle tante leggende che lo avvolgono.