MONGOLIA
“Io sono la punizione di Dio.
Se non aveste commesso peccati,
Dio non mi avrebbe mandato a castigarvi.”
cit. Temüjin Gengis Khan
“Io sono la punizione di Dio.
Se non aveste commesso peccati,
Dio non mi avrebbe mandato a castigarvi.”
cit. Temüjin Gengis Khan
La Mongolia è grande come Portogallo, Spagna, Francia, Svizzera, Austria e italia messe insieme e non raggiunge i 3milioni di abitanti.
Di questi, circa il 40% vive nella capitale Ulaan Baatar.
Basta questo per capire che la Mongolia è quasi disabitata e si può apprezzare la sua essenza trascorrendo alcuni giorni nell’infinito della steppa, dormendo nel tepore di una ger, circondati dal silenzio e dalla natura incontaminata.
L’aeroporto internazionale Chinggis Khaan (pronuncia mongola di Gengis Khan) di Ulaan Baatar è collegato principalmente con Mosca, Pechino, Seul, Tokyo e Hong Kong.
Un viaggiatore conosce la Mongolia principalmente grazie alla Transiberiana.
Questa, quando dalla Siberia corre verso Pechino, attraversa la Mongolia, chiamandosi appunto Transmongolica.
Sarebbe un grande errore considerare la Mongolia solo una nazione di collegamento tra Russia e Cina. Merita senza dubbio una sosta di alcuni giorni per rigenerarsi nei suoi spazi naturali infiniti e disabitati.
Il treno lascia la stazione russa di Naushki (Наушки) dopo aver sostituito la locomotiva e lasciato alcuni vagoni in Russia.
Si arriva a Sukhbaatar, la città di frontiera che segna l’inizio della Mongolia.
Il nome è dedicato all’eroe (“baatar”) Damdin Sukh, partigiano nazionalista Mongolo che formò l’armata rivoluzionaria e con l’aiuto dei comunisti sovietici sconfisse i Cinesi, dando vita alla Repubblica Popolare della Mongolia nel 1921.
Il treno corre nelle verdi praterie sinchè le prime ger compaiono dai finestrini e si arriva alla stazione della capitale.
Nella stazione cinese di Erlian il treno entra in un cantiere enorme.
Lo scartamento dei binari russi e mongoli, eredità dell’Unione Sovietica, è diverso da tutti gli altri, quindi delle piccole gru elevatrici sollevano completamente il treno da terra, permettendo ai meccanici di regolare le misure.
Sono necessarie oltre 2 ore prima che il treno parta verso la piccola stazione di Zamin Uud, frontiera della Mongolia.
Dopo il controllo passaporti, la corsa riprende sino al Deserto del Gobi.
Qui i vagoni si riempiono rapidamente di sabbia, polvere e terra, rendendo difficile persino respirare.
Dopo alcuni chilometri nella steppa, iniziano a presentarsi tantissime ger, che avvisano dell’imminente arrivo nella capitale Ulaan Baatar.
Nella capitale vive circa il 40% dei 3 milioni di abitanti della Mongolia.
Ulaan Baatar, capitale della Mongolia.
Piazza Sukhbaatar è il centro della città. Tra i grattacieli e il palazzo del parlamento, si trova la statua in onore dell’eroe (in mongolo “baatar”) Damdin Sukh, partigiano nazionalista Mongolo che sconfisse i Cinesi con la sua armata rivoluzionaria e l’aiuto dei comunisti sovietici , dando vita alla Repubblica Popolare della Mongolia nel 1921.
Al Museo di Storia Naturale è possibile vedere i dinosauri e i fossili ritrovati principalmente nel Deserto del Gobi.
Uscendo un pò dal centro, varie persone mi fermano stupite della presenza di un viaggiatore a Ulaan Baatar.
Non sono tanti gli stranieri che girano qui e tutti vogliono parlare con me.
Sembra di essere in un antico paese orientale del 1200 dove la maggiorparte della popolazione ha solo visto, forse, i “beni di consumo occidentali” nei centri commerciali del centro e per questo si accontenta del poco che ha ed è felice.
La vera Mongolia credo sia lontana da Ulaan Baatar.
Percorrendo per circa 3 ore le “strade” sterrate che passano, senza indicazioni, tra le verdissime e disabitate colline, si arriva nella riserva naturale di Guun Galuut.
Il paesaggio al centro delle colline è incredibile: il fiume attraversa la verdissima steppa e due belle strutture sono contornate da una ventina di ger.
Potrebbe in pratica considerarsi un albergo in stile mongolo.
Le giornate passano nella tranquillità totale, eventualmente interrotta dalle attività che si possono fare nella zona (passeggiate, kayak sul fiume, pesca, corse a cavallo…)
È difficile descrivere la sensazione nel vedere la steppa verde, le montagne all’orizzonte, cielo azzurro, nessun rumore e forse una ger in tutto quel territorio.
A qualche chilometro da Ulaan Baatar, nell’infinito della steppa, compare all’improvviso una vera e propria cattedrale nel deserto: l’imponente monumento all’eroe nazionale Gengis Khan.
Pochi sanno che in poco più di 25 anni, con un esercito di soli 100.000 uomini, creò il più grande impero della storia umana: un regno che si estendeva per 31 milioni di chilometri quadrati, dai Balcani al Pacifico e dall’India alla Siberia.
Pianificazione, organizzazione, vendetta e ferocia furono le sue armi invincibili.
Secondo una stima, Gengis Khan è stato responsabile della morte di 37,5 milioni di persone.
Allo stesso tempo, secondo uno studio genetico del 2003, lui e i suoi parenti maschi hanno avuto talmente tanti figli che 16 milioni di uomini che vivono attualmente nell’ex regno mongolo (circa lo 0,5 % della popolazione maschile mondiale) sono discendenti di Gengis Khan, il conquistatore del mondo.
Il Gobi è stato il mio primo incontro con il deserto. Un incontro forse duro e difficile, con sabbia, polvere e terra che entrano nelle fessure del treno rendendo l’aria quasi irrespirabile. Ma questo è ciò che mi aspettavo dal deserto.
È affascinante essere qui, vedendo quello che si è solo studiato nei libri di geografia.
Il Deserto del Gobi è caratterizzato da una forte escursione termica. Si passa dai -40°C di gennaio ai 45°C di luglio.
La flora è quasi totalmente assente, mentre tra gli animali che ci vivono sono da segnalare i cammelli, le gazzelle, il lupo e il gatto del deserto.
Il Deserto del Gobi è una fonte infinita di gioia per i paleontologi. Qui infatti l’erosione porta alla luce scheletri in perfetto stato di dinosauri e mammiferi vissuti sino a 80 milioni di anni fa. Si suppone che le violente tempeste abbiano sepolto gli animali in pochi istanti, preservando i loro resti per milioni di anni.