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TROMSO: LA CAPITALE ARTICA

AURORA BOREALE, SOLE DI MEZZANOTTE E SPEDIZIONI ARTICHE

Tromsø, considerata la capitale artica, si trova a circa 350 km a nord del Circolo Polare Artico, a 69°40′ di latitudine Nord, nel cuore della natura selvaggia tra maestose montagne e fiordi bellissimi.

Nel nord della Norvegia si ha il buio completo nella stagione notturna polare.
Qui dal 23 novembre al 18 gennaio il sole non sorge mai ma si trova massimo 3 gradi sotto l’orizzonte, sufficienti per garantire la presenza della luce.

Trovandosi proprio sotto l’ovale dell’aurora boreale, è la zona con la più alta probabilità di vedere questo magico fenomeno da fine agosto a fine aprile, generalmente tra le 18.00 e le 24.00.
Se il cielo è limpido, si potrebbe vedere l’aurora boreale proprio sopra la città, ma per aumentare le possibilità dovresti fare un giro lontano dalle luci del centro.

 

Norvegia - Tromso - Sami

 

Grazie alla corrente del Golfo, Tromsø ha un clima costiero più mite rispetto ad altre destinazioni alla stessa latitudine.
La temperatura media invernale è di circa -4°C ma se cerchi l’aurora boreale, ricorda che la temperatura potrebbe andare dai -20°C ai +5°C, quindi vèstiti sempre a strati.

Al contrario, dal 19 maggio al 26 luglio il sole non tramonta mai. Con il fenomeno del sole di mezzanotte puoi godere della piena luce del giorno facendo qualsiasi attività 24 ore su 24.

Tromsø è anche un punto strategico per raggiungere Capo Nord, Isole Svalbard, Isole Lofoten oppure Svezia e Finlandia.
Grazie alla sua posizione oltre il Circolo Polare Artico, è considerata la porta d’accesso al Polo Nord ed è stato il luogo di partenza di molte spedizioni artiche.

 

Norvegia - Tromso - Polaria Museum

 

COSA VEDERE

Cattedrale Artica

Tra le più note costruzioni di Tromsø, l’architettura moderna della Cattedrale Artica, caratterizzata da 11 pannelli di cemento rivestiti in alluminio su ogni lato del tetto, ricorda un iceberg o una tenda Sami ed è stata spesso paragonata alla celebre Opera House di Sydney.
Per raggiungerla dal centro città ci vogliono circa 25 minuti a piedi oppure si possono prendere gli autobus 20, 24, 26 o 28.

L’ingresso principale è circondato da una grande vetrata con una croce pronunciata.

 

Norvegia - Tromso - Cattedrale Artica

 

Monte Storsteinen

A 15 minuti a piedi dalla Cattedrale Artica, nelle belle giornate si può prendere la funivia Fjellheisen, che porta in cima al monte Storsteinen. Da qui si ha una splendida vista sulla città (se le nuvole basse non ne impediscono la visuale).
Altrimenti puoi arrivare in cima salendo i 1.200 gradini di pietra della Scalinata degli Sherpa.

 

Norvegia . Tromso - Monte Storsteinen

 

Tromso Bridge

Una peculiarità di Tromsø è che si trova sull’Isola Tromsøya, collegata alla terraferma da un ponte ad arco.
Si può percorrere anche a piedi per raggiungere la Cattedrale e vedere Tromsø da una prospettiva diversa.

 

Norvegia - Tromso

 

Domkirke

La cattedrale protestante più a nord del mondo è posizionata nella tranquilla via principale di Tromsø ma ho potuto vederla solo dall’esterno.
Gli orari di apertura sono molto variabili e incerti ma è comunque una bella costruzione di architettura neogotica, unica cattedrale in Norvegia interamente in legno.

 

Norvegia - Tromso - Domkirke - Cattedrale protestante

 

Perspektivet Museum

Non so quanto duri ogni esposizione fotografica, ma il museo è gratuito quindi puoi “rischiare” la visita all’interno di questa tenuta neoclassica del 1838.
La soddisfazione o la delusione saranno comunque soggettive.
Io ho potuto vedere foto inedite e per me interessanti.
Al piano terra le foto facevano immaginare le città/villaggi e la vita nei Territori Palestinesi prima della guerra del 1948.

 

Norvegia - Tromso - Perspektivet Museum - Territori Palestinesi

 

Al piano superiore vengono invece mostrate le diverse fedi “dell’homo religiosus”.
Altre foto fanno invece vedere la storia di Tromsø, passando dalla costruzione del ponte a quella dell’aeroporto.

Tromso Museum

Museo multidisciplinare con prima parte dedicata agli animali che vivono nella zona di Tromsø e nell’Artico ed ai cambiamenti climatici che stanno affrontando.
Il piano superiore ci fa vedere prima i danni che sta creando l’uomo con i suoi rifiuti, poi spiega il fenomeno dell’aurora boreale.
Il museo si chiude con l’interessante storia e cultura del Popolo Sami.

 

Norvegia - Tromso - cultura Sami

 

Polaria

Non credo che bisogna considerare questo museo come un acquario solo perchè ci sono tre foche, stelle marine, spugne e altra fauna e flora artica.
Prima di entrare, rifletti sui pannelli posti all’esterno che spiegano la vita nell’Artico e la sua importanza. Questo museo è infatti la porta d’ingresso per capire le Svalbard e ciò che sta succedendo con i cambiamenti climatici.
Capire i danni che fa la plastica è essenziale per tutti noi.

 

Norvegia - Tromso - Polaria Museum

 

MS Polstjernan

Custodita all’interno di una costruzione in vetro, è la nave impiegata per uccidere (o, come si diceva al tempo, “portare a casa”) almeno 100.000 foche. Puoi passeggiare sui suoi ponti, pieni di oggetti dell’epoca, attrezzi per la caccia, numerose foto, video e oggetti relativi alle spedizioni polari.

Pensare a ciò che ha visto questa barca fa però quasi vedere il sangue delle foche sul ponte.
Non è stato molto piacevole per me.

Il biglietto di ingresso è incluso in quello dell’adiacente museo Polaria.

 

Norvegia - Tromso - Polstjerna

 

The Polar Museum

Sarebbe meglio che questo si chiamasse “Museo della caccia polare“.
Mi aspettavo un museo diverso invece è l’esaltazione dei cacciatori (soprattutto di foche e orsi) e la descrizione della caccia effettuata nei secoli nei territori polari.
Sono presenti tanti, troppi, animali imbalsamati. Guardandoli negli occhi mi chiedo il senso della loro presenza nel museo, anzichè nel loro habitat naturale.

 

Norvegia - Tromso - foca

Le guide multilingua consegnate gratuitamente all’ingresso spiega ogni oggetto presente nelle sale (trappole, armi, scritti, foto, disegni, ricostruzioni di scene e metodi di caccia).
Io non ho nulla contro la caccia quando è una necessità per sopravvivere, ma qui davvero si assiste quasi ad ostentazione ed esibizionismo della forza cieca dell’uomo sugli animali.

Animali

La stagione per l’avvistamento di balene e orche varia di anno in anno a seconda della presenza di aringhe nei fiordi.
Solitamente va da novembre alla fine di gennaio e ci sono varie compagnie al porto che effettuano escursioni apposite.
Alcune consentono anche di entrare in acqua con le balene, anche se questa esperienza, visto il clima, non è garantita.

Se sei interessato, ti consiglio di andare alle Isole Tonga, dove ho nuotato con le balene a Nuku’alofa.

 

Tonga - nuotare con le balene

 

Gli husky sono alcuni degli animali più popolari da incontrare a Tromsø, con cui fare slittino o passeggiare nei boschi.

Un altro animale che probabilmente vedrai è la renna. Spesso camminano liberamente lungo la strada oppure puoi conoscere la popolazione Sami, con cui alimentare le renne o farti trainare da loro a bordo di una slitta.

 

Norvegia - renne

 

COME MUOVERSI

Aereo

Ci sono 3 collegamenti tra il centro città e l’aeroporto:
– l’autobus espresso impiega circa 15 minuti, con diverse fermate vicino agli hotel e nei punti strategici della città.
– le linee degli autobus urbani 24, 40 e 42.
– i taxi

Nave

La Hurtigruten parte da Tromsø ogni giorno.

Il porto turistico si trova a circa 4 km dal centro della città.
Si può tranquillamente raggiungere a piedi oppure con gli autobus urbani 30 e 42.

 

Hurigruten - Nordkapp

 

Autobus distrettuali

Gli autobus di linea distrettuali permettono di fare alcune escursioni nei dintorni del comune di Tromsø e partono da Prostneset, la principale stazione degli autobus della città, che si trova accanto all’Ufficio Informazioni Turistiche.

Autobus 420 Tromsø – Hella – Brensholmen – Sommarøy:
Breve escursione da Tromsø intorno alla parte meridionale dell’isola di Kvaløya.

Autobus 425 Tromsø – Ersfjordbotn:
Vista fantastica sui fiordi e sulle montagne scoscese.

Autobus 450 Tromsø – Tønsvik – Oldervik:
Raggiungi sentieri escursionistici segnalati e vedi panorami fantastici sul mare e sulle Alpi di Lyngen.

 

Norvegia - Tromso

 

PROSEGUIRE IL VIAGGIO

Norvegia settentrionale

Si può viaggiare da Tromsø ad Alta in autobus e da qui, dopo almeno una notte di sosta, prendere un altro autobus per Kirkenes o Honningsvåg, da cui poi raggiungere Nordkapp-Capo Nord o Knivskjellodden.

La Hurtigruten, diretta a nord, parte ogni giorno da Tromsø con un viaggio di 17 ore per Honningsvåg.

Un’altra opzione è quella di volare da Tromsø a Honningsvåg via Hammerfest.

 

Norvegia - Nordkapp - da lontano

 

Isole Svalbard

L’unico modo per arrivare alle Svalbard è in aereo e ci sono voli giornalieri da Tromsø a Longyearbyen durante tutto l’anno.
In alta stagione, da marzo ad agosto, il numero di voli aumenta.

Ricorda che le Svalbard sono al di fuori dell’Area Schengen ed è quindi necessario il passaporto.

 

Isole Svalbard - Pyramida - orso polare

Verso il sud della Norvegia

Se vuoi emozionarti viaggiando verso sud devi sicuramente fare il tratto il nave.
Con la Hurtigruten si possono raggiungere le Isole Lofoten, Bodø, Trondheim e Bergen.

C’è un collegamento giornaliero in autobus da Tromsø a Fauske. Da qui si può proseguire verso sud in treno per Trondheim, Oslo, Bergen e altre destinazioni.

 

Norvegia - Trondheim - Kayak sul fiume Nidelva

 

Svezia

Ci sono vari voli diretti da Tromsø a Stoccolma.

L’autobus Länstrafiken Norrbotten va da Tromsø a Narvik, da dove poi proseguire per Björkliden, Abisko e Kiruna in Svezia.
Oppure da Narvik si può proseguire in treno a Boden, Luleå, Haparanda e Stoccolma.

 

Norvegia - Tromso

 

BODØ: UNA CITTÀ STRATEGICA

Bodø (si pronuncia Bùda) è una città piccola ma in una posizione strategica.
È infatti il primo porto a nord del Circolo Polare Artico, punto di partenza per raggiungere le Isole Lofoten, capolinea settentrionale della ferrovia norvegese e porta di accesso alle terre artiche.

 

Norvegia - Bodo - Hurtigruten

 

Il centro attuale è un mix di case di legno, case in mattoni, blocchi alti sino a 10 piani, hotel abbastanza lussuosi con grandi vetrate.
A Bodø c’è poco da vedere ma il paesaggio intorno è sicuramente affascinante: la città più grande del Nordland è circondata dalle aspre montagne Børvasstindan, dalla foresta di Bodømarka e da numerose piccole isole.

 

Norvegia - Bodo - montagne

 

A soli 75 minuti di aereo da Oslo, permette di assistere allo spettacolo dell’aurora boreale da settembre a marzo mentre dal 30 maggio al 12 luglio si vede il sole di mezzanotte.

La città fu fondata nel 1816 e intorno al 1860 divenne un importante centro per la redditizia pesca delle aringhe.
Durante la Seconda Guerra Mondiale venne praticamente rasa al suolo dai bombardamenti del 27 maggio 1940 ed in seguito ricostruita con uno stile architettonico sobrio ma funzionale, classico esempio del dopoguerra.

 

Norvegia - Bodo - Seconda Guerra Mondiale

 

Durante la Guerra Fredda, l’aeroporto militare di Bodø fu considerato strategico dalla NATO perchè da lì infatti sarebbero partiti gli eventuali attacchi contro l’Unione Sovietica.
Nel maggio 1960, in un periodo di tensione altissima, un aereo spia statunitense U-2 fu abbattuto in territorio sovietico mentre si stava dirigendo dal Pakistan verso l’aeroporto di Bodø.
La Norvegia allora non permetteva ufficialmente alle truppe straniere di stazionare o di usare installazioni militari in territorio norvegese e questo comportamento illegale, in violazione degli accordi, portò ad un inasprimento dei rapporti tra Norvegia ed Unione Sovietica.

 

Norvegia - Bodo - Guerra Fredda

 

COSA VEDERE

Domkirke

La particolarità di questa chiesa, fatta quasi totalmente in legno, è sicuramente la sua forma di nave rovesciata.
All’interno ci sono interessanti foto che raccontano la sua storia, dalla costruzione ai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale che hanno praticamente raso al suolo l’intera città.
Ricostruita nel 1956, è una delle poche chiese norvegesi in cui si può entrare gratis.

 

Norvegia - Bodo - Domkirke

 

Nordlandmusset

A poca distanza dalla Domkirke, sorge il Museo Nordland.
Nella piccola Bodø è impossibile non venire qui a scoprire la storia di questa città, passata dai bombardamenti della Seconda Guerra Mondiale alla posizione strategica nella Guerra Fredda.

Ci sono inoltre mostre sulle culture Sami e vichinga.

 

Norvegia - Bodo - centro

 

Bodo Tourist Information

Viste le poche cose da fare a Bodø, ho cercato qualche escursione al Centro Turistico ma purtroppo è stato un buco nell’acqua, data la sua inutilità e la svogliatezza del personale.
Non viene data nessuna informazione utile e quindi potrebbe essere tranquillamente una biblioteca in cui sfogliare cartine e opuscoli.

Vengono mostrate le escursioni presenti nel sito visitbodo.com e anche l’eventuale prenotazione deve essere fatta direttamente da questo sito, con pagamento anticipato con carta di credito/debito.

Saltstraumen

Ogni 6 ore circa, quasi 400 milioni di metri cubi d’acqua attraversano a una velocità massima di 20 nodi, il tratto di mare lungo 3 km e largo 150 metri che separa Saltenfjord e Skjerstadfjord.
Questo fenomeno crea la corrente marina più forte del mondo e si possono vedere mulinelli di 12 metri di diametro e 5 metri di profondità.

Ho prenotato l’escursione nel sito visitbodo.com ma i 495 NOK (poco più di € 50,00) mi sono sembrati eccessivi.
Il pullman prende i viaggiatori autonomi davanti alla biblioteca per poi dirigersi al porto per far salire i passeggeri della nave Hurtigruten (che hanno scelto di partecipare all’escursione, pagando circa il doppio).
Si fa quindi un rapido giro di Bodø, sino ad arrivare al ponte di Saltstraumen in circa 45 minuti.
Si hanno a disposizione circa 15 minuti per scendere verso la riva, fare le foto e vedere la corrente e i mulinelli che si formano.
Oppure si può scegliere un altro tipo di tour, sfidando la corrente a bordo di un gommone.
Il tempo è sufficiente ma comunque vergognosamente poco in relazione al prezzo dell’escursione.
L’arrivo al porto di Bodø è previsto per le 14.50 circa, in orario per la partenza della nave Hurtigruten verso le Isole Lofoten.

 

Norvegia - Bodo - Saltstraumen

 

COME ARRIVARE

Aereo

L’aeroporto di Bodø si trova a 1,5 chilometri a sud-ovest dal centro città.

SAS, Norwegian e Widerøe sono le principali compagnie aeree che collegano la città ad Oslo, Trondheim, Tromsø, Bergen, Narvik, Svolvær e altre.

Treno

La stazione di Bodø è il capolinea del Nordlandsbanen ed è stata aperta dal re Olav V il 7 giugno 1962.
Da Bodø, un treno diurno e notturno va a Trondheim.

 

Norvegia - Bodo - case Saltstraumen

 

Nave

Il postale Hurtigruten attracca qui due volte al giorno: alle 01.30 quando diretto a sud e alle 12.30 con direzione nord.
Io ho scelto di arrivare qui in aereo da Trondheim e poi proseguire il viaggio in nave sino ad Honningsvag (porto migliore per raggiungere Nordkapp – Capo Nord (e il vero Capo Nord, Knivskjellodden) con soste alle Isole Lofoten e Tromso.

 

Norvegia - Bodo - arrivo Hurtigruten

DOVE DORMIRE

Thon Hotel Nordlys

Prenotando con largo anticipo, ho trovato un ottimo prezzo per questo hotel praticamente dentro il porto turistico, a 20 minuti dagli imbarchi della nave Hurtigruten e raggiungibile a piedi anche dall’aeroporto.

Il personale della reception è gentile e professionale ma un commento d’onore lo merita la colazione straordinaria, meravigliosa e ricchissima grazie ai cuochi che cucinano a vista e ad almeno 4 cameriere sempre in sala a sistemare tutto e a disposizione degli ospiti.

È stata una delle migliori colazioni mai viste, con un assortimento vastissimo di dolce, salato, salmone, bevande e frutta.
Ed una spettacolare fontana di cioccolato che invita a tuffarsi dentro.

 

 

Continua il tuo viaggio verso sud (Trondheim oppure Oslo) o verso nord (Isole Lofoten, Tromso, Nordkapp – Capo Nord, Knivskjellodden o Isole Svalbard)

 

 

OSLO: PRIMA TAPPA DI UN VIAGGIO IN NORVEGIA

Nei miei ultimi viaggi ho cercato di dare priorità a quelli impegnativi a livello fisico, pensando che andando avanti con gli anni sarà più difficile fare certe esperienze.
Ecco perchè avevo immaginato di andare in Scandinavia tra molti anni.
Invece alcune coincidenze mi hanno fatto anticipare il viaggio in Norvegia e ho rivalutato la mia programmazione.
Non visito mai uno Stato senza passare dalla sua capitale. E Oslo è stata la prima meta del mio lungo viaggio.

Avevo sempre associato la Norvegia a neve, freddo e aurora boreale. Ma ovviamente c’è molto di più.
I Norvegesi hanno grandi tradizioni marinare, dai Vichinghi alle esplorazioni dell’Artico. E non solo…

È possibile viaggiare in Norvegia a basso costo? La risposta è ni.
Ovviamente gli standard personali sono diversi ma si può prendere qualche accorgimento.
Ad Oslo per esempio ritengo fondamentale Oslo Pass.
Il costo è alto (circa € 40,00 per 24 ore, € 60,00 per 48 ore, € 75,00 per 72 ore) però include l’accesso a tutti i musei, attrazioni e mezzi di trasporto cittadini, oltre a sconti in alcuni ristoranti.
I biglietti di ingresso nei vari musei sono abbastanza cari e, visitando le maggiori attrazioni, si spenderebbe più del costo dell’abbonamento Oslo Pass.

 

Norvegia - Oslo - municipio

 

Oslo Visitor Centre

Raramente un Centro Informazioni mi ha davvero aiutato, ma questo non vale ad Oslo.
Appena arrivati, si dovrebbe proprio iniziare dall’Oslo Visitor Centre, all’interno della stazione ferroviaria.
Alcuni giovani ti accolgono con la massima gentilezza e rispondono ad ogni rapida domanda.
Per informazioni più dettagliate o per acquistare biglietti ed abbonamenti bisogna invece prendere il numero e fare la fila. A volte capita di dover aspettare a lungo quindi nell’attesa si possono leggere i vari opuscoli turistici, ricchi di dettagli e disponibili in molte lingue.

Nobels Fredssenter – Palazzo del Premio Nobel per la Pace

Alfred Nobel divenne ricco grazie ai 355 brevetti depositati in seguito ai suoi esperimenti sugli esplosivi (tra le altre cose inventò la dinamite).
Quando il fratello maggiore morì dilaniato da un’esplosione durante un esperimento, alcuni giornali francesi credettero che fosse morto Alfred, “il mercante di morte che fece fortuna trovando il modo di uccidere più persone possibili”.
Scosso da queste parole, decise di destinare la sua immensa fortuna e gli interessi successivamente maturati dai suoi fondi di investimento all’istituzione del Premio Nobel, da attribuire a coloro che, durante l’anno precedente, abbiano maggiormente contribuito al benessere dell’umanità.

La cifra, attualmente vicina ai 9 milioni di corone (circa 870.000 euro), viene divisa in cinque parti uguali: alla persona che abbia fatto la scoperta o l’invenzione più importante nel campo della fisica, della chimica, della fisiologia/medicina, a chi abbia prodotto il lavoro letterario di tendenza idealistica più notevole e infine alla persona che più si sia prodigata per la fraternità tra le nazioni, per l’abolizione o la riduzione di eserciti permanenti e per la formazione e l’incremento di congressi per la pace.

Ovviamente per l’assegnazione dei premi non si deve tener conto della nazionalità dei candidati.
I premi Nobel in fisica, chimica, medicina e letteratura sono comunemente ritenuti i più prestigiosi assegnabili in tali campi.
Il premio Nobel per la pace invece, soprattutto ultimamente, viene spesso accompagnato dalle polemiche per le valutazioni politiche che lo motivano.

 

Norvegia - Oslo - Nobel Peace Center

 

La Oslo Card mi ha convinto ad entrare ma purtroppo lo scetticismo iniziale si è rafforzato minuto dopo minuto.
Al piano terra ci sono esposizioni temporanee. Io ho trovato una mostra fotografica sui cambiamenti dei valori generazionali ma non capisco cosa possano c’entrare il consumismo, il sesso e la chirurgia estetica con il Nobel per la Pace.

Al piano superiore è invece la politica a senso unico a farla da padrone, chiara dimostrazione di quanto purtroppo il Nobel per la Pace sia diventato quasi il nobel per gli esportatori di pace e democrazia.

Questa delusione non mi fa acquistare niente nell’ampio negozio di souvenir nè al bar interno.

Kon-Tiki Museum

Il mio professore di matematica e fisica alle superiori ci diceva spesso che “siamo tutti ignoranti“. C’è chi si offende e chi capisce che questa è solo la verità perchè non possiamo sapere tutto.
L’ignoranza, cioè l’ignorare qualcosa, deve appunto spingere la nostra curiosità verso la conoscenza.
Non avevo mai sentito parlare del Kon-Tiki e quando sono entrato nel museo che lo ospita sono rimasto senza parole.

 

Norvegia - Oslo - Kon Tiki - museum

 

Alzi la mano chi ha mai sentito il nome del norvegese Thor Heyerdahl. Eppure dovremmo tutti conoscerlo.

Certo dei suoi studi, volle dimostrare che alcune popolazioni antiche erano capaci di realizzare viaggi transoceanici.
Era sicuro che le isole polinesiane fossero state colonizzate in epoca precolombiana dalle popolazioni del Sud America e non da occidente.
Questo perchè i venti e le correnti nel Pacifico generalmente corrono da est verso ovest e inoltre in Polinesia ci sono animali e piante comuni anche in Sud America.

Come poteva dimostrarlo? Nell’unico modo possibile: facendolo!

 

Norvegia - Oslo - Kon Tiki - museum

 

Thor Heyerdahl, idrofobo con minima capacità di nuotare e senza nessuna esperienza come marinaio, costruì il Kon-Tiki con materiali, metodi e tecnologie preistoriche.
La zattera di legno di balsa salpò dal porto di Callao, in Peru, il 28 aprile 1947 e raggiunse l’atollo di Raroia, attuale Polinesia Francese, il 7 agosto.
Thor Heyerdahl, Erik Hesselberg, Bengt Danielsson, Knut Haugland, Torstein Raaby e Herman Watzinger riuscirono nell’incredibile impresa di percorrere circa 4.500 miglia nautiche (circa 8.000 km) in 101 giorni su questa zattera, il mitico Kon-Tiki.

 

Norvegia - Oslo - Kon Tiki - foto museo

 

Nel 1955 Heyerdahl organizzò una spedizione scientifica sull’Isola di Pasqua.
Quando arrivò sull’isola erano visibili solo le teste dei famosi moai ma grazie ai suoi scavi fu possibile portare alla luce le statue nella loro interezza.

 

Norvegia - Oslo - Thor Heyerdahl e i moai sepolti dell'Isola di Pasqua

 

Norvegia - Oslo - Thor Heyerdahl scava i moai dell'Isola di Pasqua

Vennero inoltre fatti vari esperimenti di intaglio, trasporto e posizionamento dei moai.
Con l’aiuto di solo 5 persone, con tecniche e strumenti rudimentali, riuscì in tre giorni a scolpire interamente una statua di dodici tonnellate in tufo vulcanico.
Bastarono 18 uomini muniti di funi, una slitta di legno e un apposito basamento di pietre per issare e “far camminare” un moai di trenta tonnellate, dimostrando quanto fosse stato non solo possibile ma anche facile.

 

Norvegia - Oslo - Thor Heyerdahl e i moai dell'Isola di Pasqua

 

Sull’isola scoprì inoltre raffigurazioni di imbarcazioni di giunco con albero maestro e vela e si convinse che le antiche civiltà del Mediterraneo navigarono nell’Oceano Atlantico e raggiunsero il Centro e Sud America.
Anche in questo caso poteva dimostrarlo solo facendo lo stesso tipo di viaggio.

Nel 1969, davanti alla Piramide di Cheope in Egitto, Heyerdahl costruì l’imbarcazione in papiro, ispirandosi alle antiche navi egizie, e la chiamò Ra in onore del Dio Sole.

 

Norvegia - Oslo - costruzione Ra davanti alla Piramide di Cheope

Salpò da Safi, in Marocco, ma dopo quasi 5.000 km percorsi in 8 settimane, e a soli 160 km dall’arrivo, fu costretto a chiedere aiuto e terminare la spedizione.
A causa di qualche errore di progettazione ed un timone rotto, i giunchi lasciavano entrare molta acqua e Heyerdahl temette che il Ra sarebbe affondato con tutto l’equipaggio a bordo.

Dieci mesi più tardi l’avventuriero norvegese varò la piccola ma più resistente Ra II con l’aiuto di quattro indigeni Aymara provenienti dalla zona boliviana del Lago Titicaca e abituati ad usare imbarcazioni simili (tutt’oggi è possibile visitare le isole galleggianti sul Lago Titicaca, sia in Bolivia che in Peru).

 

Norvegia - Oslo - Kon Tiki - museum

 

Il 17 maggio 1970 salpò dal Marocco, percorse circa 4.000 miglia di oceano in 57 giorni e finalmente raggiunse Barbados.

L’equipaggio era composto da Thor Heyerdahl, Carlo Mauri (italia), Jurij A. Senkevich (Russia), Santiago Genoves (Messico), Norman Baker (Usa), Kei Ohara (Giappone) e Madani Ait Ouhanni (Marocco).

Vikingskipshuset – Museo delle Navi Vichinghe

Il Museo delle navi vichinghe ospita quattro navi vichinghe sepolte nell’area del fiordo di Oslo, trovate tra il 1852 e il 1904 a Oseberg, Gokstad, Tune e Borre.
Tre delle navi contenevano tombe sopravvissute fino ad oggi: la nave Oseberg dovrebbe risalire all’anno 820 d.C., la nave Gokstad a poco prima del 900 d.C. e la nave Tune circa 910 d.C..
Della nave di Borre (del 900 d.C.) oggi rimangono solo chiodi di ferro.

Le tre navi erano state in mare per diversi anni prima di essere tirate a terra e utilizzate come navi funerarie. I morti furono collocati nelle camere costruite a bordo.
Furono seppelliti con generose scorte di cibo e bevande, vari animali e un gran numero di oggetti.

La Oseberg fu usata come nave funeraria per donne, mentre Gokstad e Tune vennero riservate agli uomini.

 

Norvegia - Oslo - Nave Vikinga

 

La nave Gokstad era stata in uso per alcuni anni prima che vi fosse seppellito un comandante locale con i suoi numerosi doni: letti, barche, una tenda, una slitta, cani, cavalli e pavoni.
Questa nave è costruita in quercia e misura 24 metri di lunghezza e 5 metri di larghezza. È la più grande delle tre, con spazio per 32 rematori.
I fori dei remi potevano essere chiusi con coperture di legno quando la nave era in navigazione.
La Gokstad raggiungeva una velocità di oltre dodici nodi e avrebbe potuto navigare sino all’Islanda.

La maggior parte degli oggetti erano ben conservati perché le navi erano state sepolte in un terreno umido e coperte di argilla ed erba però, dato che non furono trovati gioielli e armi, si suppone che siano state saccheggiate.

Vedere le navi vichinghe è emozionante e imperdibile durante un viaggio a Oslo.

 

Fram Museum

Anche questo museo, vicino ai precedentemente descritti, merita sicuramente una visita accurata.

La nave Fram fu la prima costruita in Norvegia appositamente per la ricerca polare. Fu utilizzata in tre importanti spedizioni: da Fridtjof Nansen alla deriva sull’Oceano Artico dal 1893 al 1896, da Otto Sverdrup nell’arcipelago artico a ovest della Groenlandia (1898-1902) e da Roald Amundsen in Antartide per la sua spedizione al Polo Sud (1910-1912).
Questo significa che la nave occupa una posizione unica nella storia dell’esplorazione, essendo stata capace di raggiungere sia il Polo Nord che il Polo Sud.

 


La Fram è davvero imponente ed è facile immaginarsi al suo interno quando ai lati vengono proiettate le immagini virtuali della navigazione con il mare grosso e tra i ghiacciai.

Qui si ha un primo approccio agli studi sulla conquista del Polo Nord. Da tanti anni infatti si analizzavano le correnti e i venti artici tra Groenlandia e Siberia ma tutti i tentativi di raggiungere il Polo Nord attraverso il ghiaccio artico fallirono.
Per questo bisognava progettare quella che sarebbe diventata la nave di legno più resistente mai costruita.

 

Norvegia - Oslo - Museo Fram

 

La sua struttura, 40 metri di lunghezza e 11 di larghezza, fu studiata in modo da non affrontare direttamente la pressione del pack artico, ma per sfruttare il movimento dei ghiacci, salire sopra il pack e venire così trasportati alla deriva sino al Polo Nord (o comunque molto vicino).
Era inoltre necessario che fosse confortevole per l’equipaggio, che avrebbe dovuto trascorrere diversi anni a bordo.

La costruzione della nave avvenne grazie al supporto economico della Norvegia e di tanti cittadini privati orgogliosi di contribuire al successo.

 

 

CONCLUSIONI

Oslo mi ha stupito e mi ha insegnato tante cose di cui non avevo mai sentito parlare.
Perchè viaggiare per me è anche scoprire, imparare, tornare a casa migliore di quando sono partito.
Il primo approccio con la Norvegia è stato sicuramente positivo. La sua capitale mi ha trasmesso l’avventura dei suoi avi e un grandissimo senso di pace.
Non tanto, come detto, per quel che riguarda l’attuale valore del Premio Nobel, ma per un generale rispetto per la natura (la pulizia della città è totale e non avevo mai visto un così alto numero di mezzi elettrici ed ibridi) e per le persone (a volte bici e autovetture si fermano talmente distanti dalle strisce pedonali che non ti rendi neanche conto che stiano pensando a te).
So che questi argomenti possono sembrare banali per chi vive in Norvegia o in altri Paesi simili, ma credo che sia invece incredibile e inaspettato per la maggiorparte di turisti e viaggiatori che arrivano qua.

Oslo è stata solo la prima tappa del mio viaggio in Norvegia, clicca qui per scoprire il continuo

 

Norvegia - Oslo - Teatro Opera - Operahuset

 

 

IMMERSIONI CON GLI SQUALI

Sono isolano e quindi ho un legame molto forte con il mare.
Avevo deciso di prendere il brevetto sub perchè non si può pensare di conoscere il mondo marino senza scendere in profondità.
Dopo le prime immersioni in Sardegna, ho iniziato a pensare agli squali.

Ho visto tanti video fatti in Sud Africa ma le gabbie non erano la mia massima aspirazione.
Sia perchè nella vita non mi piace stare in gabbia, sia perchè è una pratica molto crudele per gli squali.
Vengono infatti attirati con le esche e non è raro che lo squalo si faccia male o che resti incastrato nella gabbia sino magari a morire per le ferite riportate.
Nei miei viaggi ho imparato a rispettare gli animali e non era questa l’esperienza che cercavo.
Per vedere gli squali volevo andare nel loro habitat naturale, vederli liberi.
Ho quindi cercato il modo per realizzare questo sogno (ma sarebbe meglio chiamarla follia) e ho trovato 4 possibili mete: Sud Africa, Hawaii, Bahamas e Fiji.
Non so se ce ne siano anche altre ma le coincidenze cosmiche mi hanno portato alle Fiji, dove per molti si può fare la migliore immersione con gli squali al mondo.

Qui infatti si possono vedere sino ad otto specie diverse di squali: pinna nera, pinna bianca, grigi, argentati, nutrici fulvi, tigre, limone e leuca (o zambesi, spesso confuso con lo squalo toro perchè nei Paesi anglosassoni viene chiamato “bull shark”).
Ovviamente gli squali sono il fulcro dell’immersione ma l’oceano potrebbe essere affollato anche di pesci labro maori, arcobaleno, carango gigante indopacifico, murene, cernie, razze, tartarughe ed oltre 400 specie di pesci tropicali della barriera corallina.
Insomma, chi odia gli acquari e vuole vedere certi animali liberi nel loro habitat naturale, deve venire qua.

 

Isole Fiji - Beqa Lagoon - immersione con gli squali senza gabbia

 

BEQA LAGOON

A circa due ore e mezza di auto dall’Aeroporto Internazionale di Nadi e ad un’ora dalla capitale Suva, si trova Pacific Harbour, base principale per tutte le escursioni nella Beqa Lagoon.
Qui nel 2004 è stato istituito il parco marino protetto Shark Reef Marine Reserve, esempio di ecoturismo sostenibile ed efficiente.
Un team internazionale di scienziati è costantemente impegnato nelle ricerche sulle specie animali che vivono in questa area dell’Oceano Pacifico, capitale mondiale del corallo molle.
Non si può pensare di proteggere gli squali se non si lavora anche alla conservazione dell’habitat.
Le società che gestiscono la riserva marina, in accordo con il governo, portano avanti un progetto di economia sostenibile con i pescatori locali (che hanno assistito ad un enorme incremento della pesca al di fuori della riserva) e con la comunità (molti lavorano come guide subacquee o come guardiani).
Parte del denaro guadagnato viene inoltre destinato ad istruzione, infrastrutture, attrezzature e riciclo dei rifiuti.

 

Isole Fiji - Pacific Harbour

 

PREPARAZIONE

Una volta decisa la mia follia, penso subito a come realizzarla.
Ho guardato video su Youtube, letto i racconti dei sub nei siti specializzati e contattato ostelli e alberghi sino a trovare il centro che organizza le immersioni.
Avendo i posti limitati, è necessario prenotare in anticipo.
La cifra per 2 immersioni con noleggio dell’attrezzatura è di circa € 150,00.

Dopo aver prenotato, ho passato il tempo che mancava a ripassare la teoria, fare qualche immersione in Sardegna e guardare video per essere mentalmente pronto a ciò che avrei trovato nella Beqa Lagoon.

Poi è arrivato il giorno della partenza. Sono servite quasi 24 ore per raggiungere Nadi da Cagliari e uscendo dall’aeroporto ho subito trovato un pulmino con direzione Suva e passaggio a Pacific Harbour.
Quasi tutti gli ospiti delle strutture della zona sono infatti sub che parteciperanno a questo spettacolo.

Il fatidico giorno la tensione è palpabile e anche i sub più esperti non nascondono le emozioni.
Qualcuno ha attrezzature da migliaia di euro, io ho semplicemente costume, maschera, asciugamano e gopro.
Parlando con qualcuno noto lo stupore per il fatto che io sia lì con solo una ventina di immersioni alle spalle e senza aver mai fatto esperienze con squali più “facili”.
Ma io sono così, non mi piacciono le vie di mezzo e devo andare subito oltre il limite.

Un pulmino porta tutti al porto. Dopo le formalità burocratiche si indossano le mute e ci si divide in due barche.
Per raggiungere il luogo dell’immersione servono circa 20 minuti di navigazione nei quali si fa la riunione tecnica.
Con chiarezza e grande eccitazione, le guide spiegano cosa succederà lì sotto e come bisogna comportarsi, sia sott’acqua sia in caso di urgenze di pronto soccorso a bordo.
Poi all’improvviso la barca si ferma, ci si controlla velocemente e si entra in acqua.

LA PRIMA IMMERSIONE

Quasi tutto ciò che può andare male ad un sub, mi è capitato nella prima immersione.
Non ho tanta esperienza quindi tendo ad entrare in acqua tra gli ultimi, in modo da sprecare meno aria possibile.
Siamo circa 30 persone ma, cosa per me inattesa, non abbiamo formato le coppie per scendere in sicurezza.
Ci siamo trovati quindi tutti in fila vicino alla barca sino alle parole che hanno dato il via all’immersione: “scendiamo il più in fretta possibile a -30 metri“.
Non era questo il segnale che aspettavo.

Inizio a scendere con calma ma velocemente, trovandomi ben presto da solo intorno ai -20 metri.
Cerco un altro sub per continuare in sicurezza ma almeno 20 persone sono già arrivate al punto stabilito, gli altri sono sopra di me con difficoltà a proseguire la discesa.
Mentre mi chiedo se sia più sicuro terminare la discesa da solo o aspettare che mi raggiunga qualcuno, mi accorgo di avere uno squalo a una decina di metri da me.
Non chiedermi che squalo fosse, non chiedermi quanti metri fosse grande. È il primo squalo che ho visto e non avevo immaginato di vederlo in questo modo.
Scendo il più velocemente possibile pensando solo “muoviti, prima che ti veda e gli venga l’acquolina in bocca!“.

 

Isole Fiji - Beqa Lagoon - immersione con gli squali senza gabbia

 

Ma una volta arrivato nel punto stabilito, “la Cattedrale”, sono ancora più in difficoltà.
Perchè i video che si vedono su Youtube (e in realtà anche quello che ho fatto io successivamente) mostrano situazioni perfette, respiro calmo, immagini stabili, subacquei sereni appoggiati sulla barriera corallina.
La realtà è maledettamente diversa.

 

Isole Fiji - Beqa Lagoon - immersione con gli squali senza gabbia

 

Pensavo di trovare un appiglio stabile e invece sul fondale ci sono solo rocce appoggiate.
E a -30 metri la corrente è fortissima.
Sarà stata la situazione, sarà stata la poca esperienza ma nè io nè altri riusciamo a tenere l’assetto e a stare fermi.
Quando si muove uno, se ne porta via almeno 5.

 

Isole Fiji - Beqa Lagoon - immersione con gli squali senza gabbia

 

Tutto questo ovviamente mentre decine di squali affollano l’oceano, banchettando a pochi centimetri da noi.

 

Isole Fiji - Beqa Lagoon - immersione con gli squali senza gabbia

 

Quando la situazione si è fatta troppo pericolosa (o forse quando è finito il pasto degli squali, non lo so) le guide indicano la via per il luogo della seconda parte dell’immersione, da raggiungere nuotando contro corrente.
Saliamo intorno ai -15 metri per dar da mangiare ad altri squali.
Qui trovo una posizione migliore, centrale. Ma la calma dura poco.

Nel lato destro, la corrente è visibilmente più forte e se io ed altri siamo riparati, i sub in quella zona sono in difficoltà.
Non riescono a stare fermi e vengono spazzati da una parte all’altra, sino a coinvolgere praticamente tutto il gruppo.
A quel punto, come dentro una gigantesca lavatrice, è il caos: impossibile non dare e ricevere involontariamente gomitate, calci e colpi di bombole o perdere qualcosa (camera ma ancora peggio l’erogatore).
Impossibile non terminare l’immersione e far risalire tutti in superficie.

 

Isole Fiji - Beqa Lagoon - immersione con gli squali senza gabbia

 

Ma ogni sub, anche il più esperto, sa che il pericolo principale è sempre uno: l’aria.
In un’immersione simile, pur se durata solo 25 minuti, non può che capitare quello che immagini: qualcuno ha finito l’aria nella bombola.
Ho visto almeno un’altra persona con questo problema.
Si, un’altra, perchè anche io ho finito l’aria, a circa -8 metri.

Vicino a me c’è comunque una delle guide e al classico gesto di segnalazione, ricevo subito l’erogatore di emergenza (riguardando i video a casa noterò che ovviamente in acqua c’erano varie bombole di sicurezza).
La risalita prosegue così senza ulteriori problemi.
Una volta in superficie, salgo al volo in barca, rendendomi conto di aver perso la gopro.
Ormai rassegnato, avviso una delle guide che riscende senza esitazione, recuperando la cam (e concludendo anche il video con delle immagini degli squali vicino a lui).

 

Isole Fiji - Beqa Lagoon - immersione con gli squali senza gabbia -

 

Sulla barca mi serve qualche minuto per riprendere serenità. Non sono terrorizzato ma ripenso a tutto ciò che è successo là sotto.
Anche altri non se la sono vista benissimo. Qualcuno in realtà non ha proprio visto niente.
Come detto, alcuni sub all’inizio dell’immersione si sono trovati subito in difficoltà e, spaventati o isolati, hanno rinunciato alla discesa e sono risaliti in barca.

LA SECONDA IMMERSIONE

Tra una chiacchiera, una tazza di the caldo e qualcosa da mangiare, si avvicina il momento di una decisione importante: fare la seconda immersione o stare sulla barca?

Ammetto di aver scelto a lungo la seconda opzione.
Sono successe troppe cose lì sotto, non voglio rivivere un’esperienza simile, mi è andata bene una volta e la seconda non so se avrebbe lo stesso esito, ho comunque visto gli squali liberi nel loro habitat e magari mi farei dare un video da un altro sub…

Ma poi penso che il peggio mi è già successo e non può ricapitarmi dopo pochi minuti, ho visto gli squali ma non li ho davvero ammirati, nonostante tutto sono ancora qui a ragionare, aver perso e recuperato la gopro significa che devo riusarla.
Insomma, decido di fare la seconda immersione ma di cambiare strategia.

Mi preparo con largo anticipo e scendo in acqua tra i primi.

 

Isole Fiji - Beqa Lagoon - immersione con gli squali senza gabbia

 

Questo mi permette di fare la discesa rapida con le guide, arrivare velocemente a -30 metri e sistemarmi nel posto riparato da tutte le correnti.

Davanti ai miei occhi inizio a vedere i primi squali curiosi che ci osservano muovendosi molto lentamente.
Questa volta deve andare per forza tutto bene e penso solo a non agitarmi perchè tutto dipende da me.
Mentre il resto del gruppo termina la discesa e si sistema sul fondale, io sono già rilassato, con l’assetto perfetto, mi concentro sulla respirazione lenta e ho la gopro stabilizzata.

 

Isole Fiji - Beqa Lagoon - immersione con gli squali senza gabbia

 

Migliaia di pesci colorano l’acqua e il numero di squali aumenta velocemente.
Si avvicinano curiosi sino a pochi centimetri e poi cambiano direzione quando inizi a pensare che ti sbattano addosso. Sono meravigliosi ed è un’emozione fortissima vederli liberi, un sogno che si realizza.

 

Isole Fiji - Beqa Lagoon - immersione con gli squali senza gabbia

 

Poi è il momento della merenda: un bidone colmo di pesce si apre lentamente e gli squali mostrano tutta la loro potenza. Si muovono più freneticamente e l’acqua si introrbidisce.

 

Isole Fiji - Beqa Lagoon - immersione con gli squali senza gabbia

 

Isole Fiji - Beqa Lagoon - immersione con gli squali senza gabbia

 

Mi godo uno spettacolo incredibile. Sto vivendo uno dei tanti documentari visti in tv.
Circa 100 squali sono vicini a me, quasi mi accarezzano, possiamo guardarci negli occhi.

 

Isole Fiji - Beqa Lagoon - immersione con gli squali senza gabbia

 

Isole Fiji - Beqa Lagoon - immersione con gli squali senza gabbia

 

E nel frattempo migliaia di pesci sfrecciano in tutte le direzioni, forse per recuperare le briciole lasciate dai padroni degli oceani.
Siamo ospiti a casa loro. Ospiti privilegiati.
Ero preparato mentalmente a un’immersione di questo tipo e quindi la vivo con totale calma.

 

Isole Fiji - Beqa Lagoon - immersione con gli squali senza gabbia

 

Il bidone viene spostato in orizzontale in modo che tutti i sub possano vivere la stessa esperienza. Vivo quello che non sono riuscito a vedere nella prima immersione.

 

Isole Fiji - Beqa Lagoon - immersione con gli squali senza gabbia

 

Dopo circa 15 minuti le guide sbattono ripetutamente le bombole: è il segnale che l’immersione deve terminare e dobbiamo iniziare le procedure per la risalita in superficie.

 

Isole Fiji - Beqa Lagoon - immersione con gli squali senza gabbia

 

Non so se qualcosa sia andato storto ad altri sub ma credo sia probabile.

Sono comunque felice di aver vissuto questa esperienza e il video che sono riuscito a girare mi emozionerà ogni volta.

CONCLUSIONI

Immergersi con gli squali è un’esperienza difficile da spiegare se non la si vive.
Ho scritto al presente, cercando di coinvolgerti in ogni istante e in ogni mia emozione.

Probabilmente la mia poca esperienza mi ha fatto correre dei rischi altissimi ma è anche vero che sub molto più esperti di me hanno vissuto l’immersione dalla barca perchè non sono riusciti a scendere velocemente ed altri hanno comunque avuto difficoltà nel gestire la corrente.
Forse la sicurezza non è stata impeccabile ma le immersioni nella Beqa Lagoon vengono fatte da decenni e mai nessuno è rimasto ucciso o gravemente ferito.

Si ha comunque a che fare con squali di grandi dimensioni, predatori potenzialmente letali che devono essere rispettati.

 

Isole Fiji - Beqa Lagoon - immersIsole Fiji - Beqa Lagoon - immersione con gli squali senza gabbiaione con gli squali senza gabbia - 18

 

Credo che gli animali che frequentano quest’area del Pacifico siano ormai abituati ai sub che si immergono per vedere lo spettacolo e soprattutto a ricevere il pasto quotidiano, come se fosse un’abitudine certa, prevedibile e puntuale.
Si potrebbe anche discutere su quanto ciò sia etico ma io resto dell’idea che la cosa importante sia non danneggiare gli animali, e questo avviene, come dimostrato da tutte le ricerche scientifiche.
Queste attività garantiscono inoltre la tutela degli squali perchè consentono alle comunità locali di vivere grazie alle migliaia di sub (dilettanti, professionisti, scienziati, biologi, registi cinematografici ecc) che si recano quotidianamente nelle Isole Fiji per vivere questa incredibile esperienza.

Da provare almeno una volta nella vita.

 

Isole Fiji - Beqa Lagoon - immersione con gli squali senza gabbia

 

ISLA HOLBOX: L’ISOLA DEL RELAX

La mia prima grande delusione

A Isla Holbox ho avuto la prima grande delusione nei miei viaggi.

Ho sempre associato il Messico all’EZLN ed ai Maya ma quando ho iniziato ad organizzare questo viaggio mi sono informato su tutto ciò che poteva interessarmi.
Tra le varie possibilità, ho scoperto che le acque dell’isola Holbox sono frequentate, in certi periodi dell’anno, dagli squali balena.
Lungo sino a 20 metri e con un peso che arriva alle 34 tonnellate, è lo squalo più grande che esiste.
Non è pericoloso per l’uomo (a meno che non si venga colpiti nuotandoci troppo vicino) perchè si nutre principalmente di plancton.
Ho deciso quindi di trascorrere due notti sull’isola per poter vedere da vicino questo gigante dei mari, nel suo habitat naturale.

Ma il meteo non era d’accordo.

 

Messico-Isla-Holbox-strada

 

Isla Holbox mi ha accolto con un pesante diluvio e la pioggia è scesa quasi ininterrottamente per 4 giorni, impedendo l’uscita delle barche e qualsiasi possibilità di vedere da vicino gli squali balena.
Ho annullato il soggiorno a Cancun per trattenermi e aspettare che il tempo migliorasse ma è stato tutto inutile.
Pur con tanti rimpianti, ho dovuto lasciare l’isola per volare a Cuba.

Quando non si va in uno zoo, si rischia di non vedere gli animali che si cercavano.
Per la prima volta da quando ho iniziato a viaggiare, ho dovuto fare i conti con la natura.

Mi è ricapitato qualche anno dopo alle Fiji, quando il troppo vento ha tenuto lontane le mante giganti.
Però devo anche dire che sono stato fortunato a vedere i pinguini in Patagonia, gli orsi polari alle Isole Svalbard, gli elefanti in Laos, i panda in Cina, gli squali alle Fiji e le balene a Tonga.

 

Un addio è un nuovo inizio

Certi luoghi resteranno per sempre legati ad alcune decisioni fondamentali della nostra vita.

Valigia o zaino? Tutti prima o poi ci facciamo questa domanda.
La risposta spesso è determinata dal tipo di viaggi che si fanno e dalle esperienze che ne conseguono.

Ho iniziato a viaggiare con la valigia perchè, ad un primo sguardo, è facile scegliere la comodità delle ruote rispetto ad un peso da portare sulle spalle.
Ma questo è sempre valido?

Ti è mai capitato di dover portare la valigia con tutto il suo peso da un lato del corpo che ti sbilancia, su per una ripida ed infinita scalinata in legno, poi camminare sotto il diluvio per 2 km in un’isola dove non ci sono strade asfaltate ma solo sabbia, con le ruote che si bloccano e diventano un ulteriore rallentamento mentre sei completamente fradicio?
Ecco, tutto questo mi è successo a Isla Holbox!

Ed è proprio qui, per questo, che ho deciso di dire addio alla valigia ed iniziare la mia vita da backpacker, cioè viaggiatore zaino in spalla.

E non mi sono mai pentito.

 

Messico-Isla-Holbox-hostel

 

COSA FARE A ISLA HOLBOX

Sono scappato in anticipo dall’eterno folle divertimento di Cancun per arrivare in circa 3 ore nella lenta e calma Holbox.
Tutta l’isola è pedonale e si può quindi passeggiare tranquillamente alla ricerca del miglior souvenir o del ristorante messicano con tacos, aragosta o ceviche più buoni.
Escluse le esigenze di lavoro, gli unici mezzi di trasporto sono le bici e le golf car. Si, proprio le macchine elettriche che si vedono nei campi da golf.
Di sera, residenti e viaggiatori si ritrovano nei locali o nella piazza principale, che si anima con musica dal vivo.

Le spiagge sono lunghe distese di sabbia bianca e fine, con l’acqua bassa che degrada molto lentamente.

 

Messico-Isla-Holbox

 

Holbox fa parte della Riserva della biosfera di Yum Balam ed è un rifugio naturale per varie specie in via di estinzione o comunque minacciate.
La maggior parte degli abitanti è interessata a mantenere intatto questo ecosistema e partecipa a progetti di turismo sostenibile.
Da maggio a settembre è solitamente possibile nuotare con gli squali balena ma, come detto, purtroppo il meteo non mi è stato amico e non ho potuto vivere questa esperienza.

Se ci sono gli squali balena, significa che c’è anche il loro cibo preferito: il plancton.
Le lucciole sono il primo animale che associamo all’emissione di luce.
Questo fenomeno avviene grazie ad alcune reazioni chimiche che avvengono nel loro corpo e coinvolge molti organismi viventi. Tra questi c’è anche il plancton.

Questi organismi sono incapaci di nuotare attivamente e vengono quindi trasportati dalle onde e dalle correnti.
E quando il plancton brilla nel buio, si vede uno spettacolare mare di stelle.

 

Isla Holbox - Messico - bioluminescenza plancton

 

Secondo alcuni studi scientifici, la bioluminescenza è un’arma di difesa usata da questi microrganismi.
L’intensità del lampo luminoso nella notte infastidisce i vari predatori, spesso fotofobici, e inoltre li rende visibili ai cacciatori di un livello trofico superiore.

Di notte, soprattutto nella zona occidentale dell’isola, è quindi possibile vedere la bioluminescenza del plancton.

Oltre il totale riposo, altre attività possibili sono il kayak tra le mangrovie della laguna e l’osservazione di animali come fenicotteri e pellicani.

 

Messico-Isla-Holbox-barche

 

 

pellicano-messico-isla-holbox

VIAGGIO NELLA CIVILTÀ MAYA

STORIA E AGRICOLTURA

Sono Sardo, discendente dei guerrieri Shardana, popolo del mare che nessuno ha mai saputo combattere e nessuno è mai riuscito a sconfiggere.
Per questo motivo le civiltà antiche mi hanno sempre affascinato e il mio viaggio in Messico non poteva che prevedere alcuni giorni da dedicare ad esse.

Avevo visto tante foto di questi luoghi, ma esserci è stata una grande emozione, un punto di arrivo.
In precedenze avevo già visto la Muraglia Cinese ma sono opere troppo diverse, non paragonabili.
Posso però farne con siti simili: la città azteca di Teotihuacan, vicino a Città del Messico, è altrettanto bella.
I templi di Angkor, in Cambogia, sono invece ciò che più mi ha meravigliato in tutti i miei viaggi.
So di essere una delle pochissime persone al mondo a pensare una cosa del genere, ma rispetto alle attrazioni mondiali appena nominate, per me Machu Picchu è di gran lunga uno dei luoghi più deludenti e sopravvalutati.

Ma andiamo con ordine:

Gli archeologi ritengono che la comparsa della civiltà Maya risalga al 2.500 a.C. circa.
Nel corso dei secoli sono diventati fenomenali astronomi, studiando alla perfezione movimenti di stelle e pianeti.
Hanno usato queste scoperte in campo agricolo, seguendo i cicli delle piogge e delle culture.
E queste conoscenze sono ancora portate avanti in Chiapas dai popoli indigeni e dalle comunità Zapatiste.

IL CALENDARIO MAYA

I Maya sono stati tra i primi in Mesoamerica a scrivere con un alfabeto logosillabico e lasciano ancora meravigliati gli studiosi per i loro sofisticati e complessi calendari astronomici.
I calcoli erano talmente perfetti da essere tutt’ora più precisi di quelli che usiamo noi attualmente.
Infatti la Terra compie un giro completo intorno al Sole in 365,242189 giorni.
Per i Maya un anno durava 365,242036 giorni mentre nel nostro calendario gregoriano si considerano 365,2425 giorni.

 

calendario-Maya

 

I Maya usavano in realtà 3 calendari che si intersecavano tra di loro:
– il calendario religioso (tzolkin): combinava 13 numeri a 20 nomi, dando così vita ad un periodo di 260 giorni,
– il calendario civile (haab): composto come il nostro da 365 giorni ma diviso in 18 mesi da 20 giorni ciasuno, più 5 giorni “aggiuntivi”,
– il lungo ciclo: indica il numero di giorni dall’inizio dell’era Maya ed è il sistema più complesso, usando una rappresentazione matematica mista base-20 / base-18 di un numero.

Provo a spiegarlo.
È composto da kin (1 giorno), uinal (1 = 20 kin), tun (1 = 18 uinal = 360 giorni), katun (1 = 20 tun = 7.200 giorni, circa 20 anni), baktun (1 = 20 katun = 144.000 giorni, circa 394 anni)

Kin, tun e katun sono numerati da 0 a 19, uinali da 0 a 17.
Sulla numerazione del baktun, ci sono opinioni diverse.
C’è chi lo limita a 13 e da questo nacque la teoria che i Maya considerassero il 21 dicembre 2012 come data della fine del mondo.
Quella data infatti, secondo il calendario Maya, sarebbe stata il 12.19.19.17.19 cioè 12 baktun, 19 katun, 19 tun, 17 uinal, 19 kin.
Il giorno successivo è diventato quindi il 0.0.0.0.0 oppure il 13.0.0.0.0
Altri studiosi invece considerano il limite dei baktun a 19 e in questo caso il giorno 19.19.19.17.19 del lungo ciclo sarebbe nell’anno 4772.

Secondo questi calcoli il giorno 0 dei Maya, o meglio il giorno 0.0.0.0.0, sarebbe il 13 agosto 3114 a.C..

 

ASTRONOMIA

Tutto il mondo Maya ruotava intorno ad una mappa celeste.
Le città erano costruite in modo che gli edifici permettessero l’osservazione del sole, della luna, dei pianeti e delle costellazioni.
Capita quindi che un determinato corpo celeste sia visibile esattamente al centro di una finestra durante un’eclissi.
Oppure che il giorno dell’equinozio di primavera e autunno si crei un gioco di luci ed ombre che disegna l’immagine del Dio Serpente che si muove lungo le scale del tempio.

 

Messico-albero-ceiba

 

La ceiba era l’albero sacro che univa i 13 cieli, la Terra e i 9 livelli del regno dei morti.
Questa grande struttura funzionava in base alle leggi dell’astrologia e al culto degli antenati.
Altro aspetto fondamentale per i Maya erano i punti cardinali: est (il più importante perchè indica il sorgere del sole e veniva rappresentato con il colore rosso), ovest (al contrario indica il sole che sparisce ed è quindi rappresentato con il nero), nord (da lì arrivano le piogge, colore bianco) e sud (giallo come il sole del meridione).

 

GIOCHI E SACRIFICI

In tutti i siti mesoamericani è chiaramente identificabile un’area dedicata al “gioco della palla“.
Non si può chiamare calcio, ma forse gli assomigliava molto.

 

Messico-città-Maya-gioco-pelota

 

Spesso ricopriva un vero e proprio significato religioso: il risultato decideva alcune scelte da intraprendere.
È inoltre quasi certo che al termine della partita uno o più giocatori venissero offerti in sacrificio agli dei.
In tutte le città erano presenti uno o più campi da gioco.

 

Messico-città-Maya-Yaxchilan

 

ALLA SCOPERTA DELLE CITTÀ MAYA

Le città Maya mi hanno lasciato senza parole.
L’abbondante pietra calcarea a disposizione permise la costruzione di imponenti città.
I sovrani costruivano templi sempre più maestosi, gigantesche strutture piramidali sovrastate da un edificio con il tetto in paglia.

 

Messico-Palenque

 

Alcuni edifici sono monumenti funebri, al cui interno si trovavano le tombe dei grandi sovrani Maya.
Non mi aspettavo città così estese e perfettamente organizzate.
Questo non solo per la bellezza delle costruzioni, ma per l’ambiente che le circonda e che ancora le nasconde e protegge.

 

Messico-Palenque

 

PALENQUE

A qualche ora di macchina da San Cristóbal de Las Casas, il sito archeologico di Palenque, in Chiapas, è stato il primo che ho visto e forse è anche per questo che ci sono molto legato.

 

Messico-Palenque

 

La città Maya è immersa nella giungla e molti degli edifici sono ancora nascosti sotto la vegetazione tropicale.
Questo non toglie niente allo splendore che possiamo vedere, ma da un tono ancora più misterioso e affascinante.
Servono almeno 2 ore per visitarla bene.

Messico-Palenque

 

Messico-Palenque

Palenque fu insieme a Tikal e Calakmul una delle città-stato più potenti dei Maya, collegata ad altre attraverso reti commerciali di scambio o alleanze tra gruppi di sovrani.

Il vecchio nome di Palenque era Lakamba, “luogo delle grandi acque“.
Nella zona ci sono infatti 56 sorgenti e 9 corsi d’acqua indipendenti, con cascate sulle pendici dell’altopiano urbano.

 

Messico-città-Maya-Palenque

 

I Maya sapevano gestire perfettamente le risorse idriche: avevano acquedotti sotterranei per aree residenziali e attività agricole ed impedivano crolli ed erosioni grazie alla costruzioni di canali e ponti.

Erano ovviamente molto diffusi i sacrifici alle loro divinità.
Sono state trovate oltre un centinaio di urne in ceramica contenenti resina, conchiglie, cibo, ma anche sangue e resti umani e animali.

 

Messico-città-Maya-Palenque

 

Messico-città-Maya-Palenque

 

YAXCHILAN

Al confine con il Guatemala sorge invece il sito archeologico di Yaxchilan.
Qui si può arrivare solo navigando lo storico Rio Usumacinta, il fiume più lungo e con la maggior portata dell’America centrale.

 

Chiapas - Messico - Rio Usumacinta

 

Chiapas - Messico - Yaxchilan

 

Messico-Yaxchilan-rovine

 

Frutto di oltre 400 anni di attività, in un ambiente caratterizzato da una grande biodiversità e dalla presenza del fiume Usumacinta, Yaxchilan divenne una città potente con circa 120 edifici nella sua zona centrale, distribuiti tra la parte inferiore e parallela al fiume e le colline calcaree che si innalzano a sud.

Yaxchilan e altri siti Maya della cosiddetta Provincia di Usumacinta edificarono i loro templi con ampi soffitti sostenuti da pareti e decorati con pitture murali.
Sulla base dei materiali ceramici, dell’architettura e delle iscrizioni geroglifiche, è stato definito che la città fu abitata dal 250 d.C. al 900 d.C., periodo nel quale collassò tutta la civiltà Maya.

Gli edifici, che visto il luogo collinare sfruttavano scale, rampe e terrazze di distribuzione, erano quasi tutti di colore rosso, purtroppo oggi ormai invisibile.

 

Messico-Yaxchilan-rovine

 

Messico-Yaxchilan-rovine

 

Queste zone sono ovviamente habitat naturale di numerosi animali.

 

Chiapas - Messico - Scimmia urlatrice a Yaxchilan

 

 

scimmia-messico-yaxchilan

 

Tucano-Messico-Mexico-Yaxchilan-Maya

 

coccodrillo-messico-yaxchilan

 

TULUM

La sua posizione strategica, ha reso Tulum il fulcro dei commerci via mare, fiume e terra.
Furono costruite anche delle mura per controllare le attività locali e per dividere le classi più alte dalle gente comune che viveva all’esterno.
Le facciate degli edifici avevano colori vivi e la città, affacciata sul Mar dei Caraibi, era sicuramente meravigliosa.

 

Messico-Tulum-castello

 

Questa zona del Messico, la Penisola dello Yucatàn, emerse solo 2 milioni di anni fa.
La sua superficie è calcarea e l’azione dell’acqua da origine a cenotes e caverne.

Davanti alla città di Tulum, nei fondali del Mar dei Caraibi, si estende la barriera corallina, attualmente la seconda al mondo per dimensione.

I Maya di Tulum usavano il mare come principale fonte di sostentamento, sia come alimentazione che per ricavare attrezzi da lavoro, utensili, oggetti ornamentali e sacrificali.
Anch’essi comunque, come i Maya di Palenque e Yaxchilan, sfruttavano l’agricoltura coltivando mais, fagioli, zucche, peperoncini, pomodori e frutta e cacciavano nella foresta.

 

Messico-città-Maya-Tulum

 

Quando arrivarono gli Spagnoli iniziò una fusione culturale che portò al rapido tramonto della città Maya di Tulum.
Il sito è quello che mi è piaciuto meno perchè non ci si può avvicinare troppo agli edifici a causa del troppo elevato numero di turisti provenienti soprattutto dai resort di Cancun e della Riviera Maya.

 

Messico-Tulum-rovine

 

Anche la piccola spiaggia sottostante era talmente affollata da rendere impossibile qualsiasi tipo di attività o riposo.

 

Messico-città-Maya-Tulum

 

Dopo la visita al sito archeologico e un tuffo in acqua ho preferito spostarmi in spiagge più tranquille ed isolate.

 

Messico-Tulum-mare

 

 

MAGDALENFJORDEN: SENTIRSI UN ESPLORATORE

Prima della partenza, oltrepassare il limite geografico dell’80° parallelo Nord era uno degli obiettivi del mio viaggio.
Sapere che a Magdalenfjorden avrei potuto fare il bagno nelle gelide acque del Mar Glaciale Artico, rendeva grande l’attesa per questo giorno nella spedizione sulla Hurtigruten. Continua a leggere

ISOLE SVALBARD: VIAGGIO AL POLO NORD

Mi è sempre piaciuta la geografia e spesso capita di scavare nei ricordi cercando mete insolite e poco conosciute per i prossimi viaggi.
È in una di queste ricerche che le Isole Svalbard sono diventate la destinazione illuminante.

Le isole sotto la bandiera norvegese, spesso addirittura nascoste dal braccio dell’asse terrestre nel mappamondo, sono le terre abitate più a nord del pianeta.

Continua a leggere

ESSERE LA PERSONA PIÙ A NORD D’EUROPA

Pensare di raggiungere Capo Nord – o Nordkapp – ci fa subito immaginare di essere nel luogo più a nord, oltre il quale non si può andare.
Questo potrebbe essere vero se non considerassimo alcune isole e terre coperte principalmente da ghiacciai.
Ma anche in questo caso il nome ci spinge all’errore.

Se dovessi trovarti nella balaustra a strapiombo sul mare qualche metro dopo il famoso mappamondo, e pensassi di trovare davanti a te solo l’infinito mare, resterai molto sorpreso.

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COME ARRIVARE A CAPO NORD (TURISTICO)

Il solo nome Capo Nord fa subito immaginare che raggiungerlo rappresenti una tappa fondamentale della nostra vita, o almeno dell’esperienza da viaggiatori.

Immaginarsi in capo al mondo può essere vero, anche se solo in parte.

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CROCIERA NEI FIORDI NORVEGESI E ALLE SVALBARD

Da isolano ho sempre visto la nave come un mezzo di trasporto per raggiungere quello che in Sardegna chiamiamo “il continente”.
Il mio modo di viaggiare è molto lontano dal vedere la nave come comodo hotel/ristorante su cui passare la maggiorparte del tempo, come se le città portuali fossero solo un intermezzo secondario tra una mangiata, un ballo, una canzone al karaoke, un tuffo in piscina e il meritato riposo a fine giornata.

L’esperienza sulla Hurtigruten può essere vissuta in entrambi i modi e per questo l’ho scelta.

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NATURA E LEGGENDE DEL SELCIATO DEL GIGANTE

NATURA E SCIENZA

Il Selciato del Gigante, patrimonio Unesco dal 1986, è una distesa di circa 40.000 colonne basaltiche per lo più esagonali, alte sino a 28 metri.
La scienza ci insegna che oltre 60 milioni di anni fa, un’eruzione vulcanica sottomarina portò in superficie una grande massa lavica che, a contatto con vento e mare, si raffreddò velocemente, solidificandosi, contraendosi e generando le spaccature che diedero vita a queste particolari colonne.

Questo è il Selciato del Gigante, in continuo cambiamento a causa dei movimenti delle colonne.

 

colonne basaltiche The Giant's Causeway - Irlanda

 

The Giant's Causeway - Irlanda

 

 

 

piede The Giant's Causeway - Irlanda

 

 

LA LEGGENDA DEL GIGANTE

Un luogo così particolare non può che ispirare leggende.
Una delle più conosciute riguarda Fionn mac Cumhaill (nome spesso anglicanizzato in Finn McCool).
Il gentile gigante Irlandese costruì la strada per raggiungere la Scozia e affrontare l’omologo rivale Benandonner.
Dopo aver costruito il selciato, stanco per la grande fatica, Fionn si addormentò.
La mattina dopo, la moglie di Fionn, Oonagh, trovò il marito che russava e sentì il fragoroso rumore dei passi di Benandonner che attraversava il selciato. Era davvero enorme e Fionn non avrebbe avuto nessuna speranza di sconfiggerlo.
Oonagh decise allora di mettere una camicia da notte sull’addormentato Fionn, per farlo sembrare un bambino.
Quando Benandonner arrivò a casa, chiese di incontrare il codardo rivale ma Oonagh gli chiese di non urlare altrimenti avrebbe svegliato il figlio.
Benandonner, vedendo le dimensione del “bambino”, si preoccupò di quanto potesse essere grande Fionn e così, spaventato, scappò verso la Scozia distruggendo il selciato dietro di sè.

 

if the chimneys are smoking The Giant's Causeway - Irlanda

 

Humphrey the camel - The Giant's Causeway - Irlanda

 

Humphrey the camel - The Giant's Causeway - Irlanda

VISITARE IL SELCIATO DEL GIGANTE

Il biglietto d’ingresso costa 10 £, comprensivi di audioguida multilingue indispensabile per capire l’origine di questo particolare sito e le leggende che lo avvolgono.
Si possono raggiungere le colonne sia con una passeggiata panoramica, sia con un autobus (a pagamento).
Al Centro Visitatori, sostenibile e con una originale struttura che riporta alle colonne basaltiche, si trova avviamente un bar e un negozio di souvenir.

 

spiaggia - The Giant's Causeway - Irlanda

 

COME ARRIVARE

Auto

All’esterno del centro visitatori è disponibile un ampio parcheggio

 

Mezzi pubblici

Se non si ha una macchina a disposizione, i mezzi pubblici sono un ottimo modo per spostarsi.
Spendere 17£ per la iLink Zona4 permette di usare sia treni che autobus per 24 ore.

La città di Coleraine è il fulcro dei collegamenti con Belfast (autobus 218) e Derry (autobus 234).
Da qui si sale sull’autobus 172, direzione Ballycastle, e si scende alla fermata The Giant’s Causeway, a 150 metri dall’ingresso del Centro Visitatori.

 

vento sulle scogliere - The Giant's Causeway - Irlanda

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